A un primo sguardo, quelle bottiglie trasparenti e del tutto prive di etichetta fanno una certa impressione a un occidentale, abituato alle più diverse colorazioni e scritte studiate apposta per attirare l’attenzione. Ma le bottiglie in PET, entro due anni, in Corea del Sud, saranno tutte così, per legge. Sarà visibile solo un codice QR, che conterrà tutte le informazioni necessarie, scritte secondo modalità anch’esse rinnovate, nel segno della sostenibilità. La Corea del Sud prosegue quindi nella sua guerra alla plastica non riciclabile, che prevede la diminuzione del 50% dei rifiuti in plastica e il raddoppio del riciclo, che dovrebbe passare dall’attuale 34 al 70% entro il 2030. Ma vediamo meglio la proposta di legge, che è ancora aperta alle correzioni, ma che dovrebbe comunque essere approvata a breve.
I precedenti
Già dal 2018 il Ministero per l’ambiente ha iniziato a varare una serie di norme e leggi innovative, tutte incentrate sulla diminuzione dell’utilizzo di materiali misti e delle etichette che rendono il riciclo più complesso, e talvolta impossibile. Una delle prime, per esempio, è stata quella approvata dopo che la Cina a sua volta aveva bandito l’importazione di ben 24 tipi di bottiglie in plastiche miste. Una legge del 2020 ha infatti vietato l’impiego di plastiche colorate in PVC e PET misti, impossibili da riciclare.
Il PVC è ancora permesso solo qualora non vi siano alternative (per esempio per alcuni farmaci e alimenti), ma il PET misto, colorato, no. I materiali permessi sono solo quelli presenti in un apposito elenco suddiviso in nove categorie, e l’adeguamento è a carico dei produttori. Inoltre, già in quella legge, chiamata Act on the Promotion of Saving and Recycling Resources, si parlava delle etichette, sottolineando come molte delle colle usate rendessero difficoltoso il riciclo e come, pertanto, quelle peggiori fossero vietate: erano permesse solo colle monomateriale. E le multe erano salate, attorno agli 850 dollari per ogni violazione rilevata.
Il passaggio al QR code
Quella annunciata ora è la tappa successiva, che prevede l’abbandono di qualunque tipo di etichetta, a favore del QR code. Nella bozza sono previsti due anni di adeguamento, durante i quali le aziende, mentre smaltiscono le scorte di bevande realizzate con le vecchie norme (anche per quanto riguarda i tappi non ancora attaccati), dovranno modificare le informazioni leggibili, e scriverle rispettando caratteristiche definite nei minimi particolari, compreso il font e le dimensioni dei caratteri, l’origine dell’acqua, il suo contenuto e così via. Alla fine, saranno legali solo bottiglie trasparenti con un piccolo QR code.
Sono previste poi novità anche per quanto riguarda il termine minimo di conservazione (TMC): non sarà più indicato con riferimento al consumo, ma solo alla vendita. Sulle bottiglie, così come su tutti i prodotti considerati sicuri a lungo termine, sarà scritto: “da consumare entro il” e non più “da vendere entro il”, per ridurre lo spreco.
Secondo il governo, sono già il 94% di tutti i prodotti delle principali 100 aziende coreane che hanno adottato questo tipo di dicitura, che sta diventando sempre più familiare per la popolazione. In Corea del Sud, la conosce ormai più dell’88% delle persone, contro il 34% di pochi anni fa, e ciò significa che molti hanno ormai capito che alcuni alimenti e bevande durano più a lungo di quanto ritenuto finora.
Di certo l’acqua e le altre bibite, se conservate al riparo dal sole e dalle fonti di calore, rientrano in questa casistica, e adesso sarà scritto anche nel QR code.
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Giornalista scientifica
Credo che una imposizione di questo tipo possa portare ad una forte riduzione dei consumi di taluni prodotti. Immagino che il packaging faccia molto nella vendita di bevande e anche per l’acqua rendere poco riconoscibile una determinata marca credo ridurrebbe gli investimenti pubblicitari e di conseguenza le vendite. Forse può essere una strategia che da maggiori risultati rispetto all’aumento di qualche centesimo con le varie sugar tax.
Qualche volta guardiamo a quei Paesi con un misto di diffidenza e superiorità occidentale che non rende merito alle scelte che fanno, come questa descritta nell’articolo della dottoressa Codignola. E non si tratta solo dell’etichetta cartacea -che molti di noi strappano prima di differenziare la plastica – ma pure di quelle plastiche miste (P.E.T. e P.V.C.) non riciclabili.
C’è solo da chiedersi come la prenderanno le persone anziane non avvezze alla lettura del QR …
Molto bello e utile,inoltre abbiamo esteso questo lavoro a tutta la classe, grazie grazie