Prima dell’inizio della stagione invernale, si moltiplicano gli sforzi per contrastare l’epidemia di influenza aviaria che in realtà non è mai finita e che continua a imperversare in tutto il mondo, provocando enormi danni economici e la soppressione di milioni di volatili e di altri animali. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, l’Efsa, ha appena pubblicato la prima parte di un documento in cui, dopo aver fatto il punto della situazione, espone le caratteristiche dei vaccini disponibili e invita gli allevatori a immunizzare il pollame a scopo preventivo, con particolare attenzione ai luoghi dove si verificano focolai dei ceppi più pericolosi, quelli ad alta patogenicità (Hpai, da high pathogenic avian influenza). La seconda parte, relativa alle misure di mitigazione, sarà pubblicata nei prossimi mesi.
Le raccomandazioni Efsa sui vaccini
Per quanto riguarda il vaccino, l’Efsa ricorda che ne esiste solo uno approvato per i polli e non sperimentato su altri animali (compresi quelli più vicini ai polli, come i tacchini). Nel report sono indicate le specifiche del vaccino, ma viene riportata anche la situazione generale dell’Europa, con un focus particolare su Paesi Bassi, Francia e Italia, cioè sui Paesi nei quali il numero di focolai di ceppi ad alta patogenicità è stato elevato, ma dove campagne vaccinali iniziate nei primi anni Duemila sono state efficaci e hanno confermato che implementarle può essere la scelta giusta.
Il documento mette comunque in risalto tutte le inadeguatezze della rete europea. Innanzitutto, sono stati effettuati pochi studi sulle vaccinazioni negli allevamenti di animali diversi dai polli e su più tipi di vaccini, ed è urgente disporre di più dati, per programmare campagne vaccinali che massimizzino i risultati. Inoltre, le strategie adottate negli anni passati sono state eterogenee da stato a stato e questo ha avuto ripercussioni negative, perché i virus ovviamente non rispettano i confini umani e si diffondono ovunque le condizioni lo permettano. In attesa che la situazione migliori e che l’Europa adotti una politica comune, non resta che vaccinare preventivamente, laddove si può, per contenere la diffusione di virus che hanno colpito e spesso ucciso animali come le foche e i leoni marini dell’Antartide o i visoni del Nord Europa, nonché alcuni lavoratori degli allevamenti, e che si teme potrebbero essere all’origine di nuove pandemie. Quando poi la situazione è di crisi, la vaccinazione diventa una priorità e, secondo l’Efsa, va fatta a tutti gli animali che vivono in un raggio di tre chilometri dai focolai, meglio se con più richiami durante i mesi invernali.
Polli modificati con l’editing genetico contro l’influenza aviaria
Nel frattempo, Nature Communications ha pubblicato uno studio che sta facendo molto discutere, perché espone i risultati ottenuti dall’Istituto Roslin di Edimburgo, in Scozia (quello della pecora Dolly), su polli il cui Dna è stato sottoposto a editing con la tecnica Crispr, inserendo una piccola modifica in un gene. Lo scopo era rendere i polli più resistenti all’infezione da influenza aviaria e l’obiettivo è stato raggiunto. Grazie alla modifica dell’espressione di un solo gene chiamato ANP32, cruciale per assicurare al virus la possibilità di replicarsi dentro la cellula dell’ospite, gli animali esposti a una dose media di virus influenzali (mille unità) hanno resistito all’infezione in nove casi su dieci. Quando la dose è stata aumentata fino a diventare estremamente elevata, pari a un milione di unità, un pollo su due ha comunque evitato di ammalarsi. L’editing non annulla quindi il rischio di infezione, ma lo contiene fortemente. Oltre a ciò, nei due anni di sperimentazioni non sono emersi eventi avversi o criticità di alcun tipo in questi animali, perché si tratta di una modifica limitata del tutto analoga a quelle che normalmente si ottengono in anni di ibridazione e selezione delle specie più resistenti a un certo agente che potrebbe essere pericoloso, solo in maniera più rapida.
Per il momento i test hanno riguardato soltanto il gene ANP32, ma esperimenti preliminari mostrano che se i geni sottoposti a editing fossero anche altri due, chiamati ANP32B and ANP32E, la replicazione del virus sarebbe del tutto annullata e, con essa, si fermerebbe la diffusione dei virus. Ci vorranno mesi prima che siano disponibili i dati completi, ma se fossero positivi il Regno Unito, non più vincolato alle rigide norme europee, potrebbe introdurre questi animali sul mercato prima di altri Paesi.
© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock
Siamo un sito di giornalisti indipendenti senza un editore e senza conflitti di interesse. Da 13 anni ci occupiamo di alimenti, etichette, nutrizione, prezzi, allerte e sicurezza. L'accesso al sito è gratuito. Non accettiamo pubblicità di junk food, acqua minerale, bibite zuccherate, integratori, diete. Sostienici anche tu, basta un minuto.
Dona ora
Giornalista scientifica
“Ci vorranno mesi prima che siano disponibili i dati completi, ma se fossero positivi il Regno Unito, non più vincolato alle rigide norme europee, potrebbe introdurre questi animali sul mercato prima di altri Paesi.”
Che dire? Per fortuna che esistono le rigide norme europee. Arrivare alle conclusioni dell’articolo e mi riferisco alla parte sull’editing genetico, partendo da una velina uscita da un istituto fortemente di parte mi appare a dir poco superficiale.
Quindi, chi mangia pollame, d’ora in avanti ingurgiterà anche il vaccino immunizzante? La soluzione all’epidemia di influenza aviaria è molto più semplice del previsto e prevede l’eliminazione degli allevamenti intensivi …
Ma quand’è che la finiremo di demonizzare gli allevamenti intensivi? Non è vero che l’influenza aviare non colpisca anche gli allevamenti familiari. Che poi mangiare i polli vaccinati sia un pericolo non è assolutamente dimostrato ( o dimostrabile).