L’olio extravergine deve essere sempre presente sui volantini delle catene di supermercati che arrivano a casa e, soprattutto, deve avere un prezzo stracciato. Questa regola accomuna buona parte delle catene e costringe gli imbottigliatori a creare miscele di olio extravergine che dopo pochi mesi facilmente acquista aromi e sapori sgradevoli per cui dovrebbe essere derubricato a olio vergine. Non si tratta di una teoria ma della conclusione a cui giungono buona parte dei test sull’olio condotti negli ultimi 10 anni in Italia (*) e all’estero. Per capire meglio la situazione basta dire che nel gennaio 2023 c’erano ancora offerte sugli scaffali di olio extravergine a 4,99 €/l quando sul mercato all’ingrosso il prezzo dell’olio extravergine grezzo spagnolo era superiore.
Il test sull’olio extravergine
La situazione è abbastanza chiara anche se non viene certo contrattualizzata. La grande distribuzione cerca oleifici disposti a confezionare olio extravergine con il proprio marchio da mettere in promozione a prezzi stracciati. Ovviamente questo olio di bassa qualità quando arriva in laboratorio non supera la prova di assaggio, vien giudicato difettoso e declassato a vergine. Scrive Alberto Grimelli su Teatro Naturale a supporto di questa tesi: “il 100% degli oli extravergini private label della grande distribuzione esaminati dalla rivista Il Salvagente il mese scorso sono stati bocciati. In rigoroso ordine alfabetico: Conad, Coop, Esselunga, Eurospin, Lidl e MD. Un giusto mix di supermercati, discount e hard discount. Nessuna differenza tra loro: stessa politica e stessi risultati”.
La maggior parte delle aziende e delle insegne ha contestato i dati affermando che il campione del lotto incriminato sottoposto a panel test, risulta regolare. La cosa può essere del tutto plausibile tecnicamente parlando. Anche se l’olio esaminato è parte dello stesso lotto, le modalità di conservazione tra quello venduto sugli scaffali e il campione conservato dall’azienda sono diverse. Quello in vendita è più soggetto a deteriorarsi velocemente per l’ossidazione luminosa dovuta ai neon e a eventuali shock termici, legati alla logistica.
Qualità che si degrada
Questo aspetto però non assolve il produttore che deve garantire la qualità del prodotto sino alla data riportata come termine minimo di conservazione (spesso di 1,5 – 2 anni). “La verità – prosegue Grimelli – è che si creano miscele ad hoc in laboratorio, con vere e proprie ricette codificate, perché l’olio possa superare di un soffio lo scoglio dell’extraverginità. In queste condizioni è evidente che al primo inciampo, verrà declassato. Basta un po’ di ossidazione, un abbassamento del fruttato ed ecco emergere il difetto organolettico“.
Un altro elemento da sottolineare è che la data di imbottigliamento riportata a volte sulla bottiglia è un riferimento utile ma solo se coincide con la data di raccolta. Imbottigliare oggi un olio ottenuto da miscele “fragili” ricavato da olive spremute 10 mesi prima e riportare in etichetta un temine minimo di conservazione di 2 anni è davvero un’impresa poco lungimirante. Grimelli conclude puntando il dito contro i consumatori che se vogliono comprare olio extravergine a prezzi stracciati non possono meravigliarsi se ogni tanto il condimento ha qualche difetto e puzza un po’.
(*) Nel 2015 la rivista Il salvagente su 20 oli in prova ne ha declassati 9 da extravergini a vergini. Nel 2021 furono 7 su 15 e nel 2023 ci sono stati 11 bocciati su 20. Altroconsumo nel 2021 ha esaminato 30 extravergini e ne ha declassati 11, altre prove sono state fatte in Francia da QueChoisir e in Germania da Stiftung Warentest con esiti simili.
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
La luce artificiale dei centri commerciali contiene una componente ultravioletta energicamente assai ridotta e comunque filtrata in parte dal vetro oscurato delle bottiglie. Ciò non esclude certamente un effetto proossidativo della stessa.
Certo, se il prodotto partisse dagli oleifici con valori di antiossidanti naturali alti, ciò consentirebbe di per sé una protezione/rallentamento contro l’invecchiamento inevitabile dell’olio. Il proverbio infatti dice:”olio nuovo e vino vecchio”.
L’esperienza tuttavia insegna che il problema organolettico più comune che si riscontra non è l’ossidazione bensì i sentori sgradevoli di fermentazione. Questi sentori non nascono in bottiglia, ma nelle olive, nei frantoi o talvolta nei silos degli oleifici.
Purtroppo il gioco al rimpallo delle responsabilità è sempre facile con questo prodotto straordinario ma assai complesso e fortemente soggetto a normazione.
Oltre alla luce sullo scaffale c’è un problema di temperatura. Sia perché elevata, ma pure per gli sbalzi. Sia sullo scaffale che nella logistica.
“Grimelli conclude puntando il dito contro i consumatori che se vogliono comprare olio extravergine a prezzi stracciati non possono meravigliarsi se ogni tanto il condimento ha qualche difetto e puzza un po’.”
Come si fa per fare una standing ovation e un triplo urrà al saggio signor Grimelli?
Quindi dietro sconti e promozioni c’è insita la fregatura. Questo vale non solo per l’ extra vergine ma per l’ innata propensione al lucro ai danni del consumatore che deve identificare i prezzi alti con la qualità sennò è colpa sua. Non fa una piega, bravo
Per correttezza nei confronti del lettore, sarebbe bene ( Grimelli incluso) citare non solo la fonte, ma anche il metodo. Premetto che sostengo e spesso concordo con Teatro Naturale e il Salvagente, ma ho seguito con attenzione il test di cui si scrive e deve necessariamente essere specificato. Il test infatti si basa su olio sì extravergine ma economico, ovvero il minimo indispensabile. Riporto testualmente: ” le analisi chimiche e al panel test abbiamo sottoposto venti lotti dei seguenti marchi: Bertolli Gentile, Carapelli Il Frantolio, Carrefour Extra Cucina delicata, Cirio Cucina delicata, Colavita Mediterraneo, Coop Classico, Conad Classico, Pietro Coricelli Qualità tracciata, Costa d’oro L’extra, Dante Terre antiche, De Cecco Classico, Esselunga Classico, Frantoio La rocca delicato Eurospin, Farchioni, Primadonna Lidl, Fra’ Ulivo MD, Monini Classico, Sagra Grandulivo, San Giorgio, Santa Sabina. Tutti e 20 i campioni analizzati (tutte miscele comunitarie, in un solo caso miscela di oli Ue e non Ue) riportavano parametri chimici conformi ai limiti di legge. Ad essere risultati vergine a seguito di due panel test sono stati invece 11 lotti: nello specifico 7 private label (a marchio della Gdo o di discount) e 4 di marca.” Sono quindi tutti prodotti di “primo prezzo”. Gli stessi marchi pongono in vendita olio extravergine a prezzi ben superiori e di alta qualità. Non prendiamoci in giro, prezzi bassi sono (quasi) sempre sinonimo di bassa qualità. Di che stiamo parlando?
sono già iscritto alla vs. newsletter, perché continuate a presentarmi il logo dell’iscrizione ???
Gentilissimo, quello a cui fa riferimento è un modulo pop up di iscrizione alla newsletter: non tutti i lettori del nostro giornale online sono iscritti come lei, quindi devono avere la possibilità di farlo.
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Condivisione massima , interessante sarebbe avere i nomi dell’olio declassato!!!
non tanto per il portafogli ma per la salute.
Grazie
Ma la salute, non ci rimette assolutamente, tranquillo. Si tratta semplicemente di olio decaduto di qualità e diventato vergine, senza l’extra.
In Italia è facile comprare da produttori indipendenti ;il prezzo sarà adeguato e la qualità pure..ormai compro pochissimo nei supermercati e non mi indebito certo per acquistare in modo diverso.
Per economia e pochezza di consumi, compro spesso al super.
Se compro “extravergine” da cucina e lo pago 6 euro anche se diventato vergine, che male c’è visto che l’etichetta “olio di oliva vergine” per scelta dei produttori non viene immessa sul mercato? C’è a 5 euro
l’ “olio di Oliva”, ma allora meglio il mio extravergine decaduto a 6 euro per uso quotidiano da cucina.
e allora? dove lo compriamo? Come lo selezioniamo?
Primo; ne compri il minimo possibile, perchè una volta aperto l’olio perde proprietà rapidamente specie se conservato sopra i 20° di temperatura.
Secondo; per uso a tavola compra un DOP (o prodotto frantoiano analogo) con in etichetta riportato campagna olearia 22/23 o 2023 ovvero dell’autunno precedente.
Terzo; controlla come conserva l’olio chi te lo vende. Preferisci oli non provenienti da spremitura con fistole (sono quei dischi intrecciati che usavano una volta).
Quarto; evita gli oli velati, non filtrati (si conservano meno)