“Vi siete fatti l’etichetta!” Così la giornalista della Rai Lucina Paternesi apostrofa Paolo Mascarino, presidente di Federalimentare e vice presidente del Gruppo Ferrero, nel corso di un’intervista sull’etichetta a semaforo Nutri-Score che l’Europa vorrebbe adottare per tutti i prodotti alimentari. La sequenza è visibile nella puntata di Report andata in onda il 15 maggio 2023 su Rai 3. Il servizio descrive bene la situazione sull’etichetta a semaforo e la scelta tutta italiana caratterizzata da un unico filo conduttore: “La Francia, l’Europa e i tecnocrati europei sono contro le eccellenze del made in Italy e contro la dieta mediterranea patrimonio immateriale dell’umanità”.
La frase di Paternesi allude al fatto che Federalimentare (associazione dell’industria e delle bevande italiana con 172 miliardi di fatturato annuale) ha commissionato (sotto la precedente presidenza di Ivano Vacondio) i primi due studi italiani che sono serviti a lanciare l’etichetta a batteria italiana denominata Nutrinform Battery, da contrapporre al modello a semaforo Nutri-Score. L’etichetta italiana nelle intenzioni dei promotori dovrebbe essere ‘informativa’, ma basta vederla per rendersi conto che 17 numeri e tante caselline di un solo colore non possono certo definirsi informative.
Per poter usare l’etichetta a batteria il consumatore deve scaricare un’app sul suo smartphone e scannerizzare o inserire manualmente ogni prodotto che finisce nel piatto durante la giornata, per valutare alla sera se c’è qualcosa che non va nella sua alimentazione. Si tratta di una procedura molto complicata, come testimoniato le recensioni impietose sull’app!
Il modello Nutrinform Battery, proposto da Federalimentare e supportato anche da Coldiretti, è realizzato in modo da non turbare il business, senza informare in modo semplice il consumatore su cosa sta comprando. Alla fine il compito informativo viene affidato alla pubblicità che riesce a indirizzare bambini e adulti verso cibi industrializzati altamente processati come: merendine, snack, bevande zuccherate…
Abbiamo visto negli ultimi anni a vari programmi come Porta a Porta e Cartabianca senza un contraddittorio, dove la propaganda ha prevalso sull’informazione. Abbiamo dovuto ascoltare sempre le stesse frasi copia e incolla da parte di ministri dell’Agricoltura, della Salute e degli Esteri, pronti a raccontare come l’Europa “ce l’avesse contro l’Italia”. Tutti i ministri hanno sottoscritto le tesi dell’industria alimentare, senza considerare le decine di ricerche e valutazioni scientifiche a supporto del modello a semaforo. L’informazione mainstream ha ripetuto più volte che la Coca-Cola light viene classificata meglio dell’olio di oliva, che le multinazionali erano a favore del Nutri-Score francese contro il made in Italy, quando invece sono le aziende come Ferrero che sono nemiche del Nutri-Score (nel servizio di Report compare un’immagine che mostra come i prodotti dell’azienda di Cuneo verrebbero penalizzati con un colore rosso dall’etichetta a semaforo).
Ma l’impresentabile modello batteria adottato dall’Italia pur carente di un background scientifico ha permesso di dire ai rappresentanti italiani: “noi abbiamo la nostra etichetta e non abbiamo bisogno del semaforo europeo”.
Anche società scientifiche come la SINU si sono prestate ad appoggiare il modello a batteria italiano ignorando i lavori scientifici a supporto del Nutri-Score. Vorremmo un’Italia dove ci sia qualche studioso che si interessi in maniera seria di politiche nutrizionali come Marion Nestle (USA), WPT James (UK), Carlos Monteiro (Brasile), Simòn Barquera (Mexico) e Serge Hercberg (Francia). Vorremmo dei nutrizionisti italiani che dichiarino pubblicamente di non aver ricevuto sponsorizzazioni da parte dell’industria alimentare negli ultimi 10 anni per tener testa agli studiosi che per ingenuità o convenienza politica si sono prestati a far da cassa di risonanza alla propaganda del Nutrinform Battery.
Il Fatto Alimentare in questi anni ha dedicato decine di articoli a questa vergogna tutta italiana segnalando le stranezze e le contraddizioni di un Paese che nell’ambito della salute pubblica a sembra ignorare le linee direttrici internazionali e si muove in senso contrario per proteggere i ‘suoi’ prodotti. Ci rimane l’amaro in bocca perché le istituzioni e la politica italiane hanno abdicato al ruolo di tutela della salute pubblica. Abbiamo i bambini che sono tra i più obesi del continente Europa. La prevenzione viene prima della cura, le politiche nutrizionali vengono prima delle terapie medico chirurgiche. Pensare di affrontare la pandemia dell’obesità potenziando i centri di dietetica o i centri regionali per il trattamento dell’obesità è come cercare di svuotare un lago con un cucchiaino. La prevenzione e le politiche pubbliche vengono prima delle terapie medico-chirurgiche, “prevenire è meglio che curare”.
Antonio Pratesi e Abril Gonzalez Campos
Gli autori dichiarano di non avere conflitti di interesse
© Riproduzione riservata Foto: Report Rai 3
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giornalista redazione Il Fatto Alimentare
Sono perfettamente d’accordo con l’articolista. non ho mai visto alcun impegno da parte del ministero della salute a favore della prevenzione delle malattie, men che meno per una sana alimentazione. Sempre prona alle industrie alimentari e corporazioni relative. Si salva solo chi si informa e approfondisce la materia.
Io non so dire se l’etichetta semaforo sia fatta bene o se sia da migliorare, ma sicuramente è meglio un’etichetta semplice come questa che la battery, sicuramente incomprensibile per chiunque non abbia un titolo di studio adeguato. Intendo dire: chi, per scelta o necessità, ha un titolo di studio di base, potrebbe non avere le conoscenze e la cultura adeguate a comprendere così tanti numeri.
Va anche aggiunto che, ci piaccia o meno è così, buona parte dei prodotti di eccellenza italiani non sono proprio sani…
Per fare degli esempi: affettati e insaccati sono pieni di sale e, a seconda del tipo, di grassi, buona parte dei formaggi DOP e IGP sono molto grassi, buona parte dei dolci tipici sono ipercalorici e a volte eccessivamente dolci.
I prodotti dell’industria dolciaria italiana, sono buoni e fatti con prodotti di qualità, ma sono troppo dolci e grassi.
Per non parlare degli alcolici: l’alcool è tossico, sempre e comunque, e il fatto che un bicchiere di vino al giorno sia tollerato dal corpo non cambia questa sua caratteristica.
Tutti questi zuccheri e questi grassi portano a sviluppare malattie metaboliche e cardiovascolari e questo è innegabile.
E’ ovvio che se mangiati con moderazione sono ben tollerati dall’organismo, ma sappiamo perfettamente che nessuno riesce a moderarsi sul serio e men che meno i bambini.
A mio avviso bisogna dare ai consumatori un’informazione chiara sul fatto che il prodotto X va mangiato con moderazione: le attuali tabelle non funzionano, una E su sfondo rosso potrebbe essere più incisiva.
Con un grosso “forse”, perché i fumatori non hanno smesso di fumare perché sui pacchetti ci sono immagini di persone malate o morte.
Ma lo stato italiano preferisce avere un popolo che lavora (perché le aziende che producono cibo danno lavoro) e che un giorno sarà costituito da malati da curare a sue spese, rispetto a rischiare di trovarsi dei disoccupati e avere meno costi sanitari nel futuro.
Mi sembra di capire, comunque, che l’etichetta a semaforo, boicottata dal nostro Paese, sia in grado di far emergere queste caratteristiche nutrizionali “estreme” …
Queste caratteristiche dei nostri prodotti di eccellenza, sono certamente insalubri se si eccede, ma caratterizzano la bontà e la varietà gastronomica italiana. Sarà poi, se mi è permesso affermare, anche una scelta individuale coscienziosa, cioè fatta sulla base del proprio profilo metabolico personale, a determinarne quantità e modalità di assunzione.
Sicuramente in dosi ragionevoli questi alimenti non causano danni.
Il problema si viene a creare se si eccede e questo comporamento potrebbe essere ridotto da un’etichetta di questo tipo.
Io credo che il consumatore dovrebbe essere aiutato a scegliere prodotti più salutari con vantaggi sia per lui che per la collettività: meno malati di diabete o malattie metaboliche è un vantaggio per tutti. Ovvio che non si può imporre una scelta, ma consigliarla sì.
Infine, penso che l’etichetta semaforo non sia perfetta, perché si basa sulla quantità di 100 gr, quantità irrisoria se si parla di coca cola (mezzo bicchiere) e impensabile se si parla di olio (sfido chiunque ad assumerne così tanto senza stare male), ma sempre meglio di una serie di batterie con un sacco di numeri o una tabella nutrizionale scritta in minuscolo.
È stato più volte ribadito che il nutri score non da un giudizio sulla salubrità o meno di un alimento, ma solo una valutazione sul profilo nutrizionale dell’alimento stesso, che non è la stessa cosa. Il fatto che si sia voluto fare leva sui prodotti di eccellenza italiana è solo una forma di disinformazione. Salutare o meglio è uno stile di vita di cui fa parte l’alimentazione ma anche il movimento, lo stress il sonno ecc. Così come noi non siamo degli apparecchi che quando hanno raggiunto il 100% di carica siamo pronti. Il nutri score aiuta semplicemente i consumatori a scegliere tra prodotti di una stessa categoria quello migliore da un punto di vista nutrizionale. Il problema è che in Italia non ci sono politiche di educazione alimentare.
Il punto è che la confusione tra salubrità di un alimento e valutazione del suo profilo nutrizionale è molto facile, ed il Nutri Score aiuta certamente a confondere.
Evidenziare le caratteristiche nutrizionali estreme è il preciso scopo del “semaforino”, che CASUALMENTE le multinazionali spingono con ogni mezzo, un bel: VERDE, magna ch’è bbbono! per i loro prodotti, ROSSO, te fa mmorì! per quelli tradizionali…
E più nessuno andrà a leggersi la paginata di ingredienti, scritti in piccolo sul retro e in gran parte sconosciuti a un non chimico, che servono a comporre l’elaboratissimo cibo industriale che ha già buttato nel carrello vedendo in etichetta un bellissimo bollino VERDE=SANOCOMPRALOCHETIFABENE.
E ovviamente ne consumerà quantità “AD LIBITUM”, spiaggiato sul divano davanti alla telenovela sponsorizzata dal produttore, in quanto riterrà che col bollino VERDE Mamma Europa abbia già controllato al posto suo che anche questo va bene.
Le uniche grandi multinazionali che hanno adottato il Nutri-Score sono Nestlé e Danone e lo hanno fatto dopo averlo osteggiato per anni, su forte pressione dei consumatori. Ancora oggi il Nutri-Score non è accettato da: Coca-Cola, PepsiCo, Mondelēz, Mars, Lactalis, Unilever e Ferrero solo per citarne alcune
Condivido in toto questa valutazione. Purtroppo è così, l’educazione di una sana alimentazione non è materia scolastica, dovremmo invece iniziare dalla scuola materna ad insegnare le piccole regole che aiuteranno poi nella crescita e nella consapevolezza.
“Il Fatto Alimentare in questi anni ha dedicato decine di articoli a questa vergogna tutta italiana segnalando le stranezze e le contraddizioni di un Paese che nell’ambito della salute pubblica …”: continuate così, grazie.
Non condivido l’etichetta a batteria e che SINU ha appoggiato tutto questo. La sfida lanciata dalla comunità europea era quella di fare una “front of pack label” di facile approccio per il consumatore per una scelta consapevole di alimenti della stessa categoria. L’Italia tira fuori il sistema a batterie per il quale ci vuole un corso di formazione per comprenderlo, per niente intuitivo. Pensate alla persona comune che va a fare la spesa di fretta e deve controllare di quanto si riempie la batteria x ogni categoria di nutriente. Fa prima a leggere la dichiarazione nutrizionale. Funziona dal punto di vista logico non dal punto di vista pratico e in più l’app l’ho scaricata e non funziona
Grazie per tutto quello che fate!!! ottimo articolo. Ve lo dico da Dietista citando il grande Paolo Villaggio: il Nutriform Battery è una c…… a pazzesca!!
Grazie Claudia!
Anche lei può dare il suo contributo firmando la petizione Europea e coinvolgendo altri colleghi (https://nutriscore-europe.com/to-register-as-a-member-of-the-group-of-european-scientists-and-health-profesionnals-supporting-nutri-score/). Da collega dietista sono molto rammaricata che le società scientifiche italiane (tra cui l’ANSAD) sono latitanti e non prendono una posizione che sia in grado di tutelare e mettere in sicurezza la salute delle persone.
Grazie per la segnalazione collega! Ho appena inviato la mail di adesione.
L’etichetta a batteria italiana andrebbe anche bene e forse è pure meglio perché fa vedere le percentuali e ma c’è un grave problema.
Le percentuali sono tarate su valori soglia che si rifanno a leggi di decenni fa non più supportati scientificamente.
Un esempio. In foto ci sono 8granmi di zucchero su 100grami e letichetta batteria fa vedere che equivale al 9% della sogli giornaliera consigliata.
L’oms da anni dichiara che dovremmo restare su 25 grammi massimo di zucchero al giorno quindi 8 grammi diventano 33%!!
Tutto cambia ora.
Oltre ad essere basata su valori soglia non supportati scientificamente (anche quello del sale non è in linea con le indicazioni dell’Oms), l’etichetta a batteria è basata su un modello, GDA/RI, che è stato introdotto dall’industria alimentare e che numerosi studi scientifici nel corso degli anni hanno mostrato non essere per nulla efficace nell’aiutare i consumatori e le consumatrici a migliorare la propria alimentazione.
E allora Giulia è su questo punto che dovete battervi.
Non è possiible che nessuno affronti il vero problema. Le etichette si rifanno a leggi di soglie non aggiornate da decenni se non agguorniano le leggi non se ne esce da questa questione.
Dovremmo batterici affinche i valori max di sale e zucchero fossero in linea con le indicazioni odierne e allora si aprirebbe un vaso di pandora inquietante dove, ad esempio, un solo succo di frutta classico 15 grammi ogni 100gr è gia da solo al 120% della soglia massima ( dato che un succo è da 200g) o una sola piadina vuota industriale ancora da riempire ha gia superato da sola la soglia di 5grammi di sale considerata limite ….
Insomma qui non è una questione di etichette semaforo o batterie ma di valori soglia zucchero e sale da aggiornare.. e allora crollerà tutto…
Sarò la solita voce fuori dal coro, ma tutto questo entusiasmo per un bollino che indirizzi il consumatore in modo estremamente evidente ma non capito praticamente da nessuno verso alcuni prodotti e non altri non lo provo.
E per favore non venitemi fuori con la solita favoletta che “la comparazione va fatta tra prodotti della stessa categoria”: il consumatore vedendo ROSSO capirà NON COMPRARLO, vedendo VERDE capirà MAGNACHEBBBONO!
Sarà perché non do retta ad alcun claim in etichetta, e consulto solo le tabelle nutrizionali e l’elenco ingredienti, ma vedere premiati col semaforo VERDE cibi industriali fortemente elaborati e composti da varie dozzine di ingredienti (tra i quali, non dimentichiamolo, NON sono tenuti ad elencare gli “ausili tecnologici” utilizzati nel processo di fabbricazione) NON mi pare una buona cosa.
E NON mi pare neppure una buona cosa che prodotti di eccellenza (italiani o meno) ottengano il semaforo ROSSO perché da secoli contengono grassi o zuccheri.
Efsa raccomanda di limitare gli zuccheri aggiunti e liberi – ANSA febbraio 2022
Si sta facendo confusione tra zuccheri aggiunti-liberi da limitare e zuccheri totali che in una dieta corretta sono forniti sopratutto dalla frutta,
I 25 grammi sbandierati a cosa si riferiscono?
I 25 grammi si riferiscono agli zuccheri aggiunti e liberi.
Per arricchire la discussione visto che questo è lo scopo dei miei commenti.
Non mi sfugge l’idea di avere torto ma sono duro di comprendonio e qualcuno mi deve convincere con argomenti non con il silenziamento.
Questa me la sono stampata perchè è buona…………fonte un vostro lettore , che stimo comunque.
Riguardo al centinaio di studi che validano il sistema come efficace.
——Gli strumenti per predire, SCIENTIFICAMENTE, gli effetti di una determinata azione informativa (o formativa) esistono, e funzionano.—
certo come è vero che esiste il “targeted advertising”, che si utilizza quando si vuole dimostrare qualcosa con dei numeri, valida o meno.
Poi c’è la problematica contradditoria denominata ” differenza tra il dire e il fare”, valida in una società di non-robot quale siamo.
L’algoritmo del Nutriscore è a tutti gli effetti un algoritmo euristico, non essendo noti tutti gli effetti delle sostanze che prende in considerazione soprattutto in combinazione e di tutti gli organismi umani di cui si vorrebbe impicciare.
E poi non venitemi a dire che gli scienziati non sono anche “scientisti”………anche senza essere in conflitto di interessi materiale.
Non vi risulta?
Gli algoritmi riproducono i pregiudizi di chi li crea, in questo caso i pregiudizi sono il riduzionismo, la mancanza sostanziale di dati su tutte le sostanze dentro al singolo alimento e gli effetti rilevanti anche infinitesimali sui cocktail soprattutto nel medio lungo periodo.
Inoltre questi scienziati non possono accettare che non rappresentano che una parte della “scienza” perchè quelli che sono al servizio dell’industria sono anch’essi scienziati, e lo sono pure quei pochi o pochissimi che contestano il mainstream.
La cosa più preoccupante dal mio punto di vista è che si da per acquisito “vero” un insieme di norme e limiti che non lo è assolutamente, con capacità di reazione alle “nuove” evidenze colpevolmente lentissima.
Si potrebbe dire meglio tardi che mai ma così i ricercatori hanno tempo di inventare ogni giorno altre cose che rimangono regolarmente fuori dal giudizio.
Anche se il nutriscore diventasse l’undicesimo comandamento credo che la via della salute alimentare sarebbe ancora un miraggio.
Se normalmente assumiamo decine di alimenti diversi in quantità e combinazioni infinite è il totale che fa il risultato, insieme ad altri fattori esterni e interni, stiamo dando eccessiva importanza al FOP.
Non posso che concordare, specialmente per quanto riguarda gli algoritmi, che chiunque abbia anche solo minime nozioni di informatica sa benissimo essere del tutto oscuri eccetto che per i programmatori che li hanno creati, infatti normalmente NESSUN PROGRAMMATORE si sogna di mettere le mani in un programma che non ha creato lui, o almeno seguito in tutte le fasi di sviluppo, per risolvere un bug o aggiungere una feature, piuttosto preferisce riscriverlo da zero.
Quel che è peggio è che le soluzioni come semaforo o batteria certamente ricorrono già, e lo faranno sempre di più, alla cosiddetta Intelligenza Artificiale (che gli informatici che ci hanno normalmente a che fare chiamano Idiozia Artificiale) che attinge a data base decisi unilateralmente, e che sempre rispondono allla “regola d’oro” dell’informatica: GIGO, ossia Garbage In Garbage Out, “se i dati che immetti in un programma sono spazzatura quel programma ti restituirà solo altra spazzatura”.
E le basi di dati utilizzati da semaforo e batteria, come evidenziato anche da altri nei commenti sopra, non sempre sono aggiornati, tra loro sono contradditori, spesso sono creati dalle stesse industrie i cui prodotti dovrebbero valutare, e nulla può escludere che la IA non estenda le proprie fonti di informazione a data base creati da enti interessati a promuovere un aspetto di un prodotto a scapito di un altro, senza ovviamente che il consumatore sappia cosa crea il segnale Rosso e il Verde che decideranno per lui cosa mettere nel carrello.
Non si tratta quindi di scegliere tra semaforo o batteria, ma se veramente vogliamo che il consumatore non venga instradato come un gregge tra le staccionate di pochi colori o simboli senza che si renda conto che sono MERE INDICAZIONI, e che anche di un prodotto col verde non può stripparsene ogni giorno nella quantità che gli pare, così come se porta a casa un prodotto col rosso questo non lo accoltellerà nella notte se lo consuma in quantità moderata e all’interno di una dieta ricca e varia ed equilibrata (cosa in cui semafori e batterie non aiutano minimamente, come le varie app che sparano valutazioni dogmatiche basate su scelte ignote o modaiole).
Una sola precisazione l’algoritmo dell’etichetta a semaforo Nutri-Score è rata creata da un panel numeroso di nutrizionisti e di scienziati indipendenti che hanno di recente modificato alcuni elementi che risultavano critici. È quindi una valutazione in itinere non schematica. Resta l’etichetta più interessante e utile riconosciuta al mondo scientifico a cui si contrappone una sparuto gruppo di nutrizionisti spalleggiati dalla lobby dell’industria e dal Governo Italiano