Anche fare la spesa od ordinare al ristorante si adegua al modello “subscription business”, cioè l’abbonamento. Complice il moltiplicarsi dei servizi e-commerce, del delivery e delle strategie di marketing online, in Italia come nel resto del mondo è ormai consolidata l’abitudine di abbonarsi a servizi a pagamento, in tutti i settori: dall’intrattenimento, alla formazione, dalla fornitura di prodotti per l’ufficio o per la cura della persona. E il cibo non fa eccezione.
Si tratta di quello che gli esperti definiscono “subscription business model”, un nuovo modello di consumo in cui, a differenza di quanto avviene nel caso dello shopping occasionale, l’utente del web sottoscrive un contratto con un fornitore online per la fruizione periodica ma continuativa di un bene o di un servizio, a fronte del pagamento di una quota per una durata variabile di tempo.
Alla base di questa nuova tendenza c’è un meccanismo di fidelizzazione, che funziona solo se le aspettative che spingono il cliente ad abbonarsi sono continuamente soddisfatte: risparmio di tempo, convenienza economica e comodità nel ricevere l’ordine direttamente a casa, secondo scadenze prestabilite.
Per le aziende (non più solo grandi multinazionali come Amazon o eBay, ma sempre più spesso anche piccole-medie imprese) questo modello di business rappresenta una nuova frontiera che implica un impegno continuo per conquistare la fiducia di nuovi clienti e per rinnovarne la soddisfazione di quelli già acquisiti, con nuove strategie di marketing che prevedono per esempio raccolte punti, sconti, regali. Ma d’altra parte, negli ultimi 10 anni, ha ampliato enormemente il bacino di utenza raggiungibile attraverso il web (social media marketing).
Il Covid ha avuto un effetto propulsivo nel consolidare l’abitudine all’acquisto virtuale e al modello di “consumo in abbonamento”, segnando una svolta anche nel mondo del food&beverage. Non solo l’acquisto online di cibo e vino è divenuto la norma (nei supermercati virtuali o sulle piattaforme che distribuiscono i prodotti di più aziende diverse), ma si sono affermati anche nuovi canali che permettono di creare un rapporto continuativo con il singolo produttore (ne avevamo parlato qui). Infatti oltre alle singole aziende che si sono aperte a Internet per adeguare la loro offerta alle nuove esigenze della clientela, sono nati anche nuovi metodi per assecondare la possibilità di fare acquisti rapidamente, ovunque e in qualsiasi momento (il cosiddetto q-commerce, ovvero quick commerce o commercio veloce).
A interpretare perfettamente quest’ultima tendenza del commercio elettronico sono state le app per smartphone dedicate al food&beverage delivery, che sempre più stesso cercano di andare oltre il soddisfacimento di ordini estemporanei e last-minute, per trasformarsi in canali di acquisto continuativo, fidelizzando gli utenti con offerte speciali riservate ai sottoscrittori di un abbonamenti mensile o, come avviene nel caso delle cantine digitali e delle box enogastronomiche, puntando a organizzare un servizio di consegna regolare, personalizzato sulla base dei gusti, dalle abitudini e alle esigenze dei consumatori.
Possono contenere frutta e verdura bio, specialità di un territorio, ma anche pasti pronti o ingredienti già porzionati per specifiche ricette, con le istruzioni per realizzarle a casa, secondo la modalità dell’ordine singolo o dell’abbonamento settimanale o bisettimanale.
Diverso è il caso dei ristoranti online, completamente virtuali e “dematerializzati”, in grado di gestire ordinazioni, produzione e consegna per un numero di coperti potenzialmente infinito, senza ricorrere a intermediari. Questo consente, anche in assenza di uno vero e proprio spazio fisico per far consumare il pasto agli avventori, di controllare il servizio in tutte le fasi, garantendosi una rapida fidelizzazione dei clienti solo a fronte della creazione di un’esperienza soddisfacente a 360 gradi (gusto, packaging, tempi di consegna, ecc).
Insomma, indipendentemente dal livello di integrazione verticale di servizi offerti (ordini e/o produzione e/o consegna), per le aziende che operano nel food&beverage l’evoluzione verso il “subscription business model” rappresenta un modo per riuscire a pianificare meglio la gestione del magazzino (in ottica antispreco) ma soprattutto per garantirsi un flusso di entrate costante, fondamentale per poter sostenere gli investimenti in materie prime di qualità, innovazione tecnologica e logistica, personale e mezzi per le consegna ma anche di strategie di marketing per comunicare al consumatore il valore aggiunto della propria proposta.
Dal punto di vista degli utenti “abbonati”, il ricorso a questo meccanismo di acquisto può incoraggiare una certa forma di “pigrizia” nella gestione dell’alimentazione quotidiana, disincentivare la creatività e ridurre la varietà dei menù. Colpa anche degli algoritmi utilizzati dal web che, una volta individuate le preferenze dell’utente, continuano a proporgli soluzioni in linea con le sue abitudini, disincentivando qualsiasi rinnovamento o sperimentazione.
Per questo, soprattutto in questo settore, l’ideale sarebbe affiancare alla comodità degli abbonamenti in sottoscrizione il piacere dell’ispirazione estemporanea, dell’acquisto d’impulso e della scelta non programmata, determinata dal desiderio inaspettato di provare qualcosa di nuovo.
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Un azienda seria nn ha motivo di fidelizzare un potenziale o futuro cliente tramite la sottoscrizione online di un abbonamento.Che succede se il cliente decide dopo un po’ di voler recedere dall’ abbonamento perché ritiene che il servizio nn sia soddisfacente?? Apriti cielo.!!!!!!!!!!!!. Il cliente sarà libero o dovrà pagare una cospicua penale x aver recesso dall’ abbonamento contrattuale ?? Il mio suggerimento è quindi quello di stare molto attenti.. Dove si sottoscrivono abbonamenti esistono anche penali.
Oltretutto questo tipo di acquisti nn tiene conto di una categoria specifica di clienti a cui piace sentirsi liberi di poter decidere in piena autonomia. Un’azienda seria nn avrà bisogno di far sottoscrivere abbonamenti per fidelizzare un cliente, tutt’altro..! l’importante e che l azienda proponga tramite sito prodotti di qualità ,che abbia una velocità straordinaria di consegna e di reso (questo dovrebbe valere x qualsiasi prodotto si acquisti) , che dia la possibilità e libertà di poter pagare online con carta o direttamente alla consegna in contanti , che abbia un numero telefonico sempre attivo con un servizio di assistenza dove il cliente possa comunicare un ritardo o un possibile disguido. L’azienda dovrà nel più breve tempo possibile risolvere l’eventuale problema del cliente andando sempre incontro alle sue richieste mettendosi a sua disposizione, perché neanche al cliente piace aspettare e nn è carino, ne rispettoso metterlo in attesa per più di qualche giorno. …I Poi, tutti gli incentivi da parte dell’azienda come sconti viaggi o premi costituiranno solo un valore aggiunto x il cliente che non potrà che esserne felice.
Non capisco proprio quale sia l’utilità di “abbonarsi” ad un’azienda per ricevere forniture di cibo. Non uscire più di casa neanche per reperire i beni alimentari?
Non dover neanche più scegliere, e dunque pensare, i componenti della propria dieta?
A me pare solo l’ennesimo tassello dell’operazione “cervelli all’ammasso”.
Come sempre il tempo dirà se è una soluzione valida che durerà, o una moda in qualche modo passeggera.
A margine sulla questione delle offerte osservo questo. Quando vedo che un ristorante (intendo quindi il consumo di persona, non la consegna a casa) offre pasti col 50% di sconto (come pubblicizzano le app), qualcosa non mi torna… Quindi un pranzo che lo pagherei 40 euro mi viene offerto a 20? Non mi convince
Io mi sono già abbonato al mio fruttivendolo: ci vado 2 volte a settimana il martedì e il sabato.
La mia esperienza è la seguente. In occasione del virus19 io e mia moglie, molto anziani, avremmo avuto problemi per la normale spesa di tutti giorni e invece tutti i negozianti di cui eravamo clienti si sono offerti di portarci a casa la spesa naturalmente accumulando in una volta il necessario di una settimana. E abbiamo anche usato la carta di credito. E anche con le grosse aziende è stato possibile seguire questo servizio, però con qualche piccola differenza. Per esempio alcune offrivano il trasporto gratis se la spesa superava i 100 euro. Ma spesso non veniva portato qualche cosa appunto ordinata, in quanto “terminata”, per far rientrare la spesa al disotto dei 100 euro. Nessun problema invece col piccolo negozio. Infatti la carne e il pesce erano garantiti da “50 anni di conoscenza”.
Passata l’emergenza , ma non il pericolo di contagio, abbiamo continuato con questo servizio a domicilio veramente moderno. Solo una volta a settimana andiamo al mercatino del giovedì per la frutta e verdura che necessitano sempre di un’opportuna scelta e forse anche per una piacevole passeggiata.
Il negozio sotto casa vince sempre in serietà e disponibilità,ultimamente trovo più convenienza nel fare la spesa nel negozio sotto casa piuttosto che in uno dei tanti supermercati che ci sono.
Sembrerà strano ma i prezzi sono cresciuti meno nel piccolo negozio.