Quanto sono sensibili i consumatori rispetto all’impatto ambientale di ciò che mangiano? Vogliono vederlo esplicitamente indicato? E quando ciò accade, cioè quando è presente una ecolabel (eco-etichetta), modificano le proprie scelte per cercare di essere più sostenibili? Mentre cresce la diffusione delle segnalazioni sulle confezioni e nei menu relative alle modalità di produzione di un certo alimento, per esempio con diciture esplicite sulla relativa filiera rispettosa dei lavoratori o con riferimenti alla sostenibilità ambientale, indicati nei modi più vari, dalle semplici scritte ai bollini, ci si domanda quanto queste misure siano giustificate e se siano efficaci o meno.
Per saggiarne l’utilità, l’Università di Bristol, nel Regno Unito, che da quest’anno ha deciso di indicare l’impronta ambientale degli alimenti forniti da tutte le sue strutture, ha condotto uno studio su un ipotetico menu in una app per il food delivery, chiedendo a un campione rappresentativo di circa 1.400 adulti di scegliere tra un burrito vegetariano, di pollo oppure di manzo. Per verificare l’influenza delle diverse indicazioni, i menu erano di tre tipi (vedi foto sotto): uno normale, senza particolari diciture; uno che utilizzava il metodo della ‘spinta sociale’ con la scritta ‘il più popolare’, e uno con un’ecolabel simile al Nutri-Score, con un punteggio da 1 a 5 e colori dal rosso al verde, relativi all’impatto ambientale del burrito. Tutti i menu, inoltre, riportavano la fotografia del prodotto, la scritta ‘fair trade’ e quella Medium Spicy. Come riferito su Behavioural Public Policy, un primo dato è balzato agli occhi dei ricercatori, membri del Dipartimento di psicologia: più del 90% del partecipanti ha affermato di voler vedere l’ecolabel su ciò che sceglie. Anche se il campione, in questo caso, è di sicuro sensibile a questi temi, che l’ateneo ha deciso di sostenere in vari modi da alcuni anni, si tratta di certo di numero che fa riflettere sulla maturità dei consumatori e che rafforza la posizione di chi vorrebbe questo tipo di indicazione obbligatoria per legge.
Per quanto riguarda le scelte, tra chi aveva ricevuto il menu di controllo, un terzo ha scelto il burrito di manzo, valore che è sceso di un solo punto tra chi aveva ricevuto il menu con la ‘spinta sociale’, ma che si è quasi dimezzato tra i partecipanti che avevano ricevuto quello con l’ecolabel, arrivando al 16%. Specularmente, tra i controlli solo il 9% aveva scelto il burrito vegetariano, contro il 13% del gruppo con la ‘spinta sociale’ e il 14% di quello ecolabel, che si è confermato lo strumento più efficace per orientare le scelte verso un minor consumo di carne. Attualmente è in corso uno studio simile sui sandwich.
Anche se sono necessari ulteriori studi su campioni più ampi e in situazioni reali – hanno concluso gli autori – tutte le iniziative che si stanno prendendo per cercare di diminuire le emissioni legate agli allevamenti e convincere le persone a mangiare meno carne dovrebbero valutare l’obbligatorietà di questo tipo di indicazioni, da integrare con quelle nutrizionali in un sistema omogeneo, facilmente comprensibile e posto nel giusto rilievo.
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos, AdobeStock, Università di Bristol – Behavioural Public Policy
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Giornalista scientifica