Un’eclatante azione dimostrativa durante la seconda settimana di maggio ha visto gli attivisti di Greenpeace provenienti da tutta Europa bloccare nel porto di Amsterdam una nave cargo con 60 milioni di chili di soia. Con quest’iniziativa, l’organizzazione ambientalista vuole portare ancora una volta alla pubblica attenzione il contributo dell’Europa alla deforestazione globale. Le importazioni di prodotti a base di soia nel nostro continente (circa 33 milioni di tonnellate all’anno), provenienti per il 65% dal Brasile e dall’Argentina, sono infatti così massicce da rappresentare il principale contributo dell’Unione europea alla distruzione globale delle foreste a cui, secondo un recente rapporto del WWF, l’Europa contribuisce complessivamente per il 16%.
In questo mercato, i Paesi Bassi sono la principale destinazione delle importazioni, mentre l’Italia, con il 10% della soia importata, è il quarto importatore europeo. In particolare nel 2021, nonostante i gravi attacchi all’ambiente e ai diritti umani perpetrati dal governo brasiliano di Jair Bolsonaro, il nostro import di soia dal Brasile è aumentato ulteriormente. Eppure, secondo un articolo pubblicato nel 2020 da Science, circa il 20% delle esportazioni di soia dall’Amazzonia e dal Cerrado brasiliano potrebbe derivare da deforestazione illegale persino secondo le normative ambientali brasiliane che, in particolare nel Cerrado, sono decisamente di ‘manica larga’. Inoltre, in Brasile e in Argentina la soia è per il 95% geneticamente modificata e la sua coltivazione implica un uso massiccio di erbicidi, pesticidi e agenti chimici potenzialmente pericolosi.
Ma perché l’Europa importa tanta soia? Sarebbe un errore attribuire questo commercio al consumo di tofu, burger vegetali e sostituti del latte. Lo scopo di queste importazioni non è infatti quello di alimentare il crescente mercato vegano, ma è piuttosto quello di sfamare i nostri animali, in particolare polli e maiali, ma anche bovini, soprattutto quelli rinchiusi negli allevamenti intensivi. Infatti, nonostante due terzi dei terreni agricoli europei siano già destinati alla produzione di mangimistica, almeno l’85% della la soia importata viene utilizzata come mangime ed è proprio per sostenere questo tipo di impiego che, negli ultimi 25 anni, la produzione mondiale di soia è più che raddoppiata.
Non è quindi il caso di lasciarsi abbagliare dall’aumento delle tendenze veg in atto nei contesti sociali di maggior benessere, i grandi numeri a livello globale vanno infatti ancora in tutt’altra direzione e, mentre negli Stati Uniti il consumo pro capite di carne è di 115 kg all’anno, in Italia siamo passati dai 20/21 kg degli anni Sessanta e una media di 79 chili. Non esiste, secondo le analisi di Greenpeace, un modo sostenibile per continuare a nutrire gli animali allevati oggi in Europa. È piuttosto considerata necessaria una riduzione del 70% del consumo di carne e latticini in Ue entro il 2030, accompagnata da una normativa comunitaria rigorosa, per smettere di importare beni prodotti attraverso la deforestazione. Intanto, in occasione della guerra in Ucraina, ci troviamo di fronte a un deficit mondiale di cereali. Per compensarlo, ricordano le associazioni ambientaliste, basterebbe una riduzione dell’8% dei cereali usati nell’Ue per l’alimentazione animale.
© Riproduzione riservata; Foto: Greenpeace, Depositphotos
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se non si acquisisce una coscienza diffusa di questi temi, gli allarmi lanciati lasceranno il tempo che trovano adesso.
Serve un piano di sviluppo alternativo all’industria zootecnica, riconvertire attività, finanziare nuove progettualità, puntare ad un futuro veramente sostenibile che non preveda sfruttamento e dominio.
Lungimiranza e responsabilità.
Non sarei così d’accordo.
Questo perchè è vero che l’allevamento ne consuma parecchia, ma è anche vero che è aumentato a dismisura il consumo umano quale alternativa alla carne.
Fino a qualche anno fa non si consumava Tofu, “latte” di soia, pasta di soia e nemmeno tanti piatti gastromomici veg in cui la parte proteica è rappresentata dalla soia.
Quanto incide il consumo umano moderno sul consumo di soia e sul territorio ?
Eppure a fronte di una diminuzione del consumo di carne ed un aunmento del consumo umano la colpa è sempre degli allevamenti ?
Deduzione semplicistica per induividuare un colpevole ( poco simpatico) per alleviarsi la coscienza.
Anche i nostri consumi incidono poarecchio sulla deforestazione o suelle abitudini di altri popoli vedi la chia.
Il problema degli animali d’allevamento dal punto di vista ambientale è che consumano molte più calorie, ricavate dai vegetali, di quante ne producano sotto forma di carne, latte e uova: come “macchine” che convertono proteine vegetali in proteine animali, sono del tutto inefficienti. Il rapporto di conversione da mangimi animali a cibo per gli umani varia da una specie all’altra, ma è in media molto alto, 1:15. Di conseguenza, per produrre cibi animali vengono consumate molte più risorse rispetto a quelle necessarie per la produzione di cibo vegetale. È innegabile che questo spreco di risorse provochi un enorme impatto ambientale sul pianeta.