Nelle giornate che precedono le feste natalizie le iniziative e gli eventi in cui si parla di panettone sono decine. Ogni giorno si alternano incontri, tavole rotonde, concorsi a premi, gare gastronomiche dove i pasticceri presentano panettoni di varia forma e genere, che verranno premiati per l’estro e la fantasia. Il più delle volte si tratta di interpretazioni elaborate dal maestro pasticcere che si inventa qualche cosa per migliorare, per abbellire, per rendere più ricco e attraente il dolce. La cosa difficile da capire è perché ci sia questa corsa per “migliorare” un prodotto dolciario che per le modalità di lavorazione, la quantità e qualità degli ingredienti non ha bisogno di aiuti per meritarsi il primo posto fra i dolci natalizi.
La sensazione è che le varianti alla ricetta tradizionale siano sempre più numerose e che in qualche modo riescono a inficiare il prodotto originale. Tutto è iniziato anni fa quando le grandi aziende pasticcere hanno esposto sugli scaffali dei supermercati panettoni senza canditi, senza uvette per poi aggiungere in superficie glasse improbabili e farcire l’impasto con strane creme. Adesso le varianti sono decine, c’è quello allo champagne, quello glassato con frutti esotici, quello arricchito con crema di pistacchi o altre mousse… Quest’anno è stato molto pubblicizzato il panettone con i marron glacé proposto da una grande catena di supermercati del nord-Italia. Presi dal forte desiderio di innovare, qualcuno ha addirittura pensato di confezionare panettoni per le persone celiache sostituendo l’ingrediente principale (la farina ). In questo caso, per fortuna, dopo il primo anno l’azienda ha dato un altro nome al dolce di Natale.
Visto che il disciplinare di produzione lascia forse troppo spazio alla fantasia dei maestro pasticceri, c’è il rischio che l’immagine del vecchio panettone preparato con farina, uova, burro, canditi e uvetta venga un po’ offuscata.L’altro aspetto che non può passare inosservata quando si parla di panettone è il prezzo. Le grandi marche (Maina, Motta, Bauli, Paluani ….) si possono acquistare nella catene di supermercati a un prezzo variabile da 5 a 6 €/kg, anche se quelli più grandi tendono a proporre spesso una marca in offerta a 3-4 €/kg. Ci sono poi i panettoni preparati da alcune grandi aziende come Maina, Paluani, Motta, ma confezionati con il marchio delle catene di supermercati che costano qualcosa in meno. Chi preferisce i panettoni delle stesse marche senza il classico contenitore di cartone, ma confezionati con carta argentata e nastrini deve spendere da 7 a 8 €/kg. Se l’acquisto viene fatto in pasticceria allora i listini raggiungono tranquillamente i 20 € per non parlare di quelli elaborati da qualche maestro pasticcere dove il costo raddoppia ulteriormente.
A questo punto è lecito farsi una domanda. Se i test di assaggio condotti negli ultimi anni da varie riviste assegnano sempre giudizi molto positivi a qualche prodotto firmato dalle grandi aziende dolciarie venduto a prezzi modici , come spiegare divari così evidenti di listino tra un’amaca e l’altra? Uno dei motivi è che i panettoni acquistati a 3-4 e/kg sono un evidente sottocosto, quasi un regalo che la catena di supermercati fa ai clienti per attirarli nel proprio punto vendita a fare la spesa di Natale. Il prezzo corretto dovrebbe essere il doppio e magari qualche cosa di più per i panettoni preparati con più cura e confezionati in modo più elegante. È difficile giustificare cifre superiori ai 20 euro richiesti dai panettoni classici artigianali, anche se preparati da grandi firme.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Mi permetto di far notare che i costi industriali sono ben diversi da quelli artigianali, e pure i numeri di pezzi prodotti. Inoltre i costi delle m.p. sono diversi se consideriamo la qualità dei prodotti artigianali ‘veri’ pertanto si possono comprendere e spigare prezzi di 25/30 € per un panettone da 1kg.
Ma per favore ! Non siamo mica tutti come pensa lei ❗
Al nord a 5/6 euro al kg si fa fatica a comprare il pane. E loro vogliono comprare allo stesso prezzo il panettone, per di più convinti di star comprando un prodotto di qualità.
PS: sono assaggiatore di vino e da quando ho visto alcune recensioni di vini di Altroconsumo mi sono decisamente ricreduto anche su tutto il resto.
Questo ragionamento è scorretto.Il Panettone è venduto sottocosto il prezzo corretto sarebbe più del doppio.
Nell’articolo non viene citato l’uso ormai diffuso di sciroppo di glucosio o di glucosio e fruttosio che leggo in tutti i prodotti dolciari industriali e che, da biologa, invito tutti gli acquirenti ad escludere dalla propria alimentazione. Personalmente preferisco mangiare solo un panettone, pagarlo €26/kg, ma difendere il mio intestino da prodotti certo economici, ma scadenti se non dannosi.
In alcuni panettoni di marca industriali non vengono usati questi additivi
Anche io preferisco di gran lunga i panettoni artigianali di una buona pasticceria ma quest’anno hanno proprio esagerato con i prezzi. A Milano a meno di 35€ al Kg è impossibile trovarne di buoni.
Non si preoccupi; a Parma siamo a prezzi non inferiori a 32 euro al kg.
La questione per me è semplice: sovrapprezzato o no, un buon panettone artigianale, fatto da uno di quegli artigiani che cura al massimo la scelta di ogni singolo ingrediente, viene venduto nel 99% dei casi dai 30 euro/kg a salire. Quindi c’è poco da discutere, se lo si vuole è così.
Tutti gli altri o sono industriali, o sono pseudo artigianali tutto marketing, o sono artigianali di serie B con qualche compromesso sugli ingredienti utilizzati.
Quindi la scelta è tra questi, prendere o lasciare.
Se si vuole comprare un prodotto artigianale di qualità medio-alta a un costo ragionevole basta recarsi in un’enoteca dopo il 6 Gennaio: si potranno portare a casa questi prodotti da 25 euro al kg alla metà del prezzo.
È impossibile non riconoscere la differenza tra un panettone artigianale e uno industriale. Non improbabile: impossibile. La differenza è abissale.
Faccio regolarmente un acquisto all’anno di panettoni Filippi, un artigiano che ne produce circa mezzo milione l’anno (dunque non la pasticceria sotto casa, per intenderci). A me piace quello e quello compro, ovviamente ne esistono tanti altri di qualità comparabile di altre marche
L’ho fatto assaggiare a decine di persone, e TUTTI hanno riconosciuto che si tratta di qualcosa di nemmeno paragonabile a un prodotto industriale, tanto che molti di loro ormai hanno completamente abbandonato per sempre il prodotto industriale. Che per carità, ha una sua dignità ma non scherziamo. Vogliamo mettere la qualità di un candito Agrimontana (quelli usati da Filippi) con i canditi mediocri dei prodotti industriali? Che danno al prodotto un profumo nemmeno lontanamente comparabile con quello pungente e finto dei prodotti industriali§? Suvvia.
Chiedetevi perché a molti non piacciono i canditi… Non ne hanno mai assaggiati di decenti. Ecco il perché.
La verità è che il prezzo vincerà sempre sulla qualità ed è per questo che il sottocosto ammazza la qualità: perché ci sarà sempre quello che grida allo scandalo perché il miglior prodotto della pasticceria italiana non viene venduto al prezzo del pane. DEL PANE, ci rendiamo conto? Del pane.
Abbiamo già risposto, si tratta di un forte sottocosto
Un consiglio per l’acquisto. Se tra gli ingredienti in etichetta si trova scritto l’emulsionante mono e digliceridi di acidi grassi (la cui sigla non sempre riportata è E 471), o sostituti dello zucchero, come lo sciroppo di glucosio o di glucosio e fruttosio, di sicuro non si tratta di un panettone artigianale. In effetti l’autentico panettone della tradizione natalizia dovrebbe contenere soltanto gli ingredienti obbligatori elencati nel comma 2 del disciplinare per la produzione del panettone pubblicato nel 2005 e aggiornato al 19 giugno 2017 con le modifiche previste dal DM 16 maggio 2017. Tali ingredienti sono i magnifici 8 che da sempre sono stati utilizzati per la produzione casalinga e artigianale di buona parte dei dolci tradizionali: farina di frumento, zucchero; uova di gallina o tuorlo d’uovo, burro, uvetta e scorza di agrumi canditi, lievito naturale costituito da pasta acida e sale. La presenza in etichetta di qualcuno degli ingredienti facoltativi elencati nel comma 3 dell’articolo 1 dello stesso disciplinare (latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, zuccheri diversi dal saccarosio, aromi naturali e naturali identici, emulsionanti, i conservanti acido sorbico e sorbato di potassio) è un indizio che si tratti di un panettone industriale. A mio avviso si offende la tradizione pasticcera “truccando” il panettone non solo con questi ingredienti “facoltativi” ma anche ben altro che lo stesso disciplinare permette, vale a dire farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni e frutta. Felice anno nuovo!
Dipende cosa si intende per panettone artigianale: se è solo quello prodotto dai pasticceri in piccolissima quantità ok, si possono non utilizzare i mono e digliceridi, ma se il prodotto artigianale va conservato per più di un paio di settimane, perché deve andare sugli scaffali dei negozi, allora i mono e digliceridi sono imprescindibili per mantenere morbido il prodotto.
Che tuttavia può rimanere di qualità altissima, se gli ingredienti utilizzati sono ottimi. È il caso dei tanti produttori italiani di panettoni di qualità come Loison, Filippi, Fiasconaro, ecc.
Più volte la notte ho scoperto, davanti a ristoranti e pasticcerie quotati, latte di olio di palma, di sansa, di colza e di cocco. Il prezzo di per sé non è garanzia di qualità e neppure le chiacchiere.
Giustificare l’alto prezzo finale del prodotto artigianale con il costo delle materie prime di qualità mi sembra un po’ forzato: il 90% e più delle materie prime è costituito da farina, zucchero, latte e uova, che si trovano di ottima qualità ovunque a prezzi ragionevoli. L’artigiano ha il costo della manodopera a suo sfavore perché non ha l’economia di scala dell’industria, poi ci sono bravi artigiani e altri meno bravi, a chi compra a prezzo alto la scelta.
Ti sei scordato il Burro ( 25% ) l’uvetta e i candito che costano un botto ( e sono un altro 20%).
@federico
“Ti sei scordato il Burro ( 25% ) l’uvetta e i candito che costano un botto ( e sono un altro 20%).”
Non so da dove vengono i tuoi numeri, ma secondo il Disciplinare del Panettone Tipico della Tradizione Artigiana Milanese (reperibile on line) “La quantità degli ingredienti […] dipendono dalla scelta del produttore”, e pone solo due limiti:
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• non meno del 20% in peso sul prodotto di uvetta sultanina, scorze di
arancia candite e cedro candito
• non meno del 10% in peso di materia grassa butirrica
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Ossia 200 grammi/chilo di uvetta ecc., e 100 grammi/chilo di burro… in nessun caso la differenza tra gli ingredienti migliori sul mercato e quelli correnti è quindi sufficiente a giustificare di per sé un delta di prezzo di dieci volte tra un panettone di pasticceria e uno industriale, mentre incidono pesantemente gli elementi indicati da Duilio Orsini e ovviamente il “costo dell’immagine” del negozio.
“i test di assaggio condotti negli ultimi anni da varie riviste assegnano sempre giudizi molto positivi a qualche prodotto firmato dalle grandi aziende dolciarie venduto a prezzi modici”
Le valutazioni fatte dalle riviste possono essere utili finché si analizzano gli ingredienti, il valore nutrizionale, la corretta panificazione, l’assenza di muffe o inquinanti, insomma dati oggettivi, e ci aiutano a districarci tra prodotti dalla composizione simile ma dal valore nutrizionale diverso e con prezzi che differiscono (spesso senza relazione col contenuto) da tre a dieci volte.
Ma quando si va sull’assaggio si entra in un campo estremamente aleatorio, non solo per i gusti personali ma per la scelta degli assaggiatori, la loro comprenza, il fatto che i test siano in doppio cieco oppure no (tutti ricordiamo i sommelier stellati che hanno dato voti di eccellenza al Tavenrello etichettato con nomi altisonanti…), e inoltre a volte basta un poco di aroma in più o in meno per declassare nella nostra valutazione il panettone, che non mangiamo certo per necessità ma per poter tornare un poco bambini.
Ed è probabile che una giuria milanese troverà eccellente il panettone che più gli ricorda il Motta che mangiava da piccolo, mentre i genovesi neppure lo vorrebbero in tavola perché allevati con il compatto “Pandùse” che è abissalmente diverso, e sicuramente i torinesi cresciuti col Galùp non sanno che farsene dei panettoni alti e senza la copertura di glassa di mandorle, e ovviamente a chi ha sempre comprato il panettone nella pasticceria artigianale quelli industriali non piaceranno in blocco anche solo per partito preso.
“come spiegare divari così evidenti di listino tra una marca e l’altra?”
Marketing e ancora marketing, in un prodotto da forno fortemente aromatizzato utilizzare materie prime d’eccellenza o materie prime sane ma correnti è di fatto ininfluente, contano molto di più il condizionamento dei gusti che abbiamo imparato a conoscere da bambini, il divario dei prezzi di vendita dipende essenzialmente dalle politiche della GDO, che propone da sempre “prodotti civetta” che saranno di volta in volta olio d’oliva, panettone, detersivi, salumi, quaderni scolastici…
E una volta che il consumatore si è presentato per l’EVO a 2 euro o il panettone a 3 riempirà il carrello con tutti gli altri prodotti a prezzo pieno o magari superiore, mentre le pasticcerie che hanno un nome da difendere non sviliranno mai il loro panettone vendendolo a 10 euro, perché la loro clientela storce il nasino se non può raccontare agli amici radicalchich che lo ha pagato almeno 30.