Via via che la vendita di prodotti sfusi prende piede, sospinta anche dallo sforzo di sprecare meno cibo e utilizzare meno packaging, cresce l’esigenza di fornire regole più precise, e di spiegare che cosa occorre fare nelle diverse situazioni. Da diversi anni hanno iniziato a moltiplicarsi i negozi o comunque le rivendite di alimenti sfusi per il pubblico, da acquistare preferibilmente portando da casa i contenitori in cui riporli. Ma le normative non si sono ancora adeguate.
Per questo l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza alimentare, ambientale e del lavoro (Anses) ha iniziato a occuparsene, su incarico della Direzione generale per la concorrenza, il consumo e la repressione frodi, e ha pubblicato un primo documento che contiene alcuni chiarimenti e consigli e che rappresenta anche una risposta e un’integrazione alla legge contro lo spreco alimentare varata nello scorso mese di agosto con lo scopo di promuovere questo tipo di commercio. Nel testo della legge la vendita di prodotti sfusi si definisce come vendita ai consumatori di prodotti privi di imballaggio, da acquistare in quantità non predefinite, ma scelte dal cliente, e da riporre in confezioni riutilizzabili, con modalità assistita oppure libera.
A questa prima definizione, l’Anses unisce una serie di delucidazioni relative a diversi aspetti. Così, dal punto di vista dei rivenditori, per quanto riguarda le informazioni, sarebbe molto utile adottare qualcosa di simile a ciò che è obbligatorio per i prodotti confezionati e che, invece, non lo è per quelli sfusi. Sarebbe cioè opportuno indicare la scadenza dell’alimento, la modalità ottimale di impiego (ossia di conservazione dopo l’acquisto, di preparazione, di cottura o comunque di lavorazione domestica), e i dati sul lotto (per aiutare a ricostruire velocemente le filiere in caso di incidenti o contaminazioni), per evitare rischi inutili.
Anche se non c’è alcun obbligo, l’agenzia raccomanda che queste informazioni siano messe a disposizione dei consumatori in modo chiaro e accessibile, e che i distributori siano responsabili della sicurezza alimentare di ciò che vendono. Questi ultimi, inoltre, dovrebbero applicare tutte le norme igieniche necessarie, compresa la pulizia regolare di ciò che viene toccato dai clienti, il controllo delle condizioni di conservazione, e l’impiego di espositori adatti. Per esempio, se si vendono potenziali allergeni, sarebbe auspicabile che gli utensili e i contenitori entrati in contatto con essi fossero tenuti separati, per evitare che qualche cliente allergico vada incontro a una crisi per esposizione inconsapevole. In generale, poi, le associazioni professionali dovrebbero compilare e distribuire una guida con le buone pratiche del commercio di alimenti sfusi, in modo che tutti i rivenditori possano adattarvisi e seguire i consigli giusti.
Anche i consumatori, però, dovrebbero osservare sempre alcune buone pratiche per ridurre o azzerare il rischio di intossicazioni. In qualche modo, con questa modalità di acquisto sono più direttamente responsabili della propria sicurezza e di quella di chi usufruisce dei loro acquisti, e dovrebbero quindi essere istruiti su alcuni aspetti. Così, dovrebbero sapere che tipo di contenitore portare per quale tipo di alimento, per evitare contaminazioni e dispersioni, e in ogni caso dovrebbero utilizzare materiali adatti ai cibi e contenitori scrupolosamente puliti. Dovrebbero poi anche sapere che, per quanto si possa pulire un certo contenitore, questo non lo mette del tutto al sicuro da contaminazioni, e avere quindi grande cautela e attenzione nell’osservazione di fenomeni sospetti come la formazione di muffe. In generale, proprio con lo scopo di migliorare le conoscenze di un pubblico in rapida crescita, l’agenza consiglia campagne informative sui media e nelle scuole, affinché siano chiare a tutti le pratiche adeguate e, nel tempo, esse diventino routinarie.
Infine, anche per quanto riguarda i prodotti, occorrerebbero alcuni provvedimenti ad hoc. Finora si può vendere tutto, tranne ciò che può comportare un rischio. Per chiarire di che cosa rientri in tale definizione, esiste una lista ufficiale di prodotti esclusi, ai quali però l’agenzia propone di aggiungerne altri, come quelli che potrebbero contenere sostanze chimiche pericolose, come certi detergenti. In altri casi, chiede l’obbligo di vendita assistita, cioè effettuata comunque da un operatore, oppure accompagnata, nella quale, cioè, sia sempre presente un operatore debitamente formato che possa aiutare il cliente, oppure sostituirsi a lui in caso di necessità per il porzionamento o l’utilizzo di certi dispositivi (per esempio per il dosaggio o l’etichettatura). Il riferimento è, soprattutto, ad alimenti deperibili come quelli refrigerati (carne, pesce, latticini, salumi e così via), o di molti alimenti per animali, potenziali fonti di tossine e contaminazioni batteriche.
Tale lista dovrebbe essere regolarmente aggiornata, per tenere conto tanto dei nuovi prodotti immessi sul mercato quanto delle nuove tecnologie e modalità di lavorazione e di distribuzione. In definitiva, ben venga l’acquisto senza confezioni e in quantità scelte di volta in volta. A patto che sia sempre fatto con attenzione e scrupolo da parte di tutti, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza.
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Giornalista scientifica
In Francia, appunto, mentre in Italia ancora tutto tace e tracciabilita’, scadenza e igiene sono ancora parole del secolo scorso, interpretate pero’ solo come un freno ad un certo tipo di “liberi tutti” .
Vedremo come andra’ a finire.
L’idea potrebbe essere che ogni prodotto sia identificato con un numero, che digitato alla bilancia di pesa, da essa sia stampata un etichetta con lotto, scadenza, ecc. ecc. da mettere sulla confezione del prodotto.