Dobbiamo prendere precauzioni particolari per proteggerci dalle varianti del coronavirus sempre più diffuse in Italia? E i vaccinati devono continuare a indossare la mascherina e rispettare il distanziamento? Sono alcune delle domande che trovano risposta in un rapporto recentemente pubblicato dal Gruppo di lavoro Prevenzione e controllo delle infezioni dell’Istituto superiore di sanità, contenente le indicazioni sulle misure di prevenzione delle infezioni da Sars-Cov-2 in tema di varianti e vaccinazione anti Covid-19.
La circolazione delle varianti richiede una modifica delle misure di prevenzione e protezione (distanziamento fisico, mascherine, igiene delle mani)?
Sono tre le varianti del coronavirus che destano particolare preoccupazione e che circolano già in Italia: la cosiddetta variante inglese B.1.1.7, che secondo l’ultimo monitoraggio disponibile ha raggiunto una prevalenza del 54%, la brasiliana P1 (4,3%) e la sudafricana B.1.351 (0,4%). Sulla base delle evidenze scientifiche raccolte, spiega il rapporto, non è stato registrato un cambiamento delle modalità di trasmissione delle infezioni, mentre è stata dimostrata una loro maggiore diffusione.
Pertanto, secondo l’Iss, è indispensabile rafforzare il rispetto di tutte le misure di prevenzione, come l’uso di mascherine e l’igiene delle mani, evitare gli spazi chiusi. Non ci sono evidenze scientifiche che suggeriscano di aumentare la distanza di sicurezza interpersonale di un metro, tuttavia l’Iss ritiene che per precauzione sarebbe opportuno aumentare il distanziamento a due metri laddove possibile e soprattutto nelle situazioni in cui è necessario rimuovere la mascherina, per esempio al ristorante.
Le persone vaccinate devono mantenere l’uso delle mascherine, l’igiene delle mani, il distanziamento fisico e le altre precauzioni?
Tutti devono continuare a utilizzare rigorosamente le mascherine, mantenere l’igiene delle mani, il distanziamento fisico e le altre precauzioni, indipendentemente dallo stato di vaccinazione. Questo perché i vaccini anti Covid-19 riducono significativamente la probabilità di sviluppare la malattia sintomatica, ma al momento non è noto se i vaccini impediscano completamente la trasmissione del coronavirus, andare incontro a un’infezione asintomatica e contagiare persone non ancora vaccinate. Inoltre, non bisogna dimenticare che nessun vaccino anti-Covid-19 garantisce un livello di protezione del 100%, la durata non è ancora stata stabilita, e la risposta al vaccino può variare da individuo a individuo.
Se una persona vaccinata con una o due dosi viene identificata come contatto stretto di un caso positivo, bisogna adottare le misure previste per i contatti stretti?
Se una persona vaccinata viene in contatto stretto con un caso positivo per SARS-CoV-2, devono essere adottate tutte le disposizioni prescritte dalle autorità sanitarie, e cioè deve osservare, purché sempre asintomatica, un periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultima esposizione con un test antigenico o molecolare negativo, o di 14 giorni senza tampone. In caso di contatto accertato o sospetto con una delle varianti la quarantena non può essere interrotta al decimo giorno e deve essere effettuato un test molecolare dopo 14 giorni.
Un “contatto stretto”, secondo la definizione delle autorità sanitarie, è una persona che vive nella stessa casa di un caso Covid-19, o che ha avuto un contatto fisico diretto con un positivo (per esempio, la stretta di mano), che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) a distanza minore di 2 metri e di almeno 15 minuti, oppure una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (es. aula scolastica, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) con un caso Covid-19 in assenza di mascherine.
Le ragioni per cui una persona vaccinata entrata in contatto con un positivo a Sars-CoV-2 deve comunque osservare la quarantena sono le stesse per cui deve continuare a indossare la mascherina, mantenere l’igiene delle mani e rispettare il distanziamento. La protezione garantita dai vaccini non è del 100% e non è ancora noto se i vaccini siano in grado di bloccare anche la trasmissione del virus o soltanto la manifestazione della malattia sintomatica. È inoltre possibile che alcune varianti del virus possano eludere la risposta immunitaria data dalla vaccinazione, e, quindi, infettare anche i soggetti vaccinati.
I contatti stretti di un caso di Covid-19 quando possono essere vaccinati?
I contatti stretti di un persona con Covid-19 dovrebbero terminare la quarantena di 10-14 giorni prima di potere essere sottoposti a vaccinazione. Attualmente non ci sono soggetti che supportano l’uso dei vaccini disponibili con finalità di profilassi post-esposizione , come invece accade per altre malattie infettive (ad esempio il morbillo).
Chi ha avuto il Covid-19 deve comunque vaccinarsi? È a rischio di avere delle reazioni avverse più frequenti o gravi al vaccino?
La vaccinazione si è dimostrata sicura anche nelle persone che hanno già contratto il Covid-19,e può essere effettuata indipendentemente da una passata infezione o meno. È possibile considerare la somministrazione di un’unica dose di vaccino alle persone che hanno già contratto il Covid-19 (in maniera sintomatica o asintomatica), purché la vaccinazione venga eseguita ad almeno tre mesi di distanza dall’infezione e preferibilmente entro i sei mesi dalla stessa. Fanno eccezione le persone in condizioni di immunodeficienza, che, anche in caso di pregressa infezione da Sars-CoV-2, devono essere vaccinate quanto prima e con due dosi.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
implicitamente è un’ammissione che il vaccino, almeno per le varianti, serve a niente?