Il percorso per arginare pratiche commerciali scorrette che danneggiano produttori agricoli e consumatori ha fatto un altro passo avanti, con l’accordo sottoscritto giorni fa tra le imprese della grande distribuzione (rappresentate in ANCC-Coop, ANCD-Conad, Federdistribuzione e DM-Associazione Distribuzione Moderna) e le organizzazioni del comparto agricolo, sui principi comuni utili alla definizione di una legge che recepisca la direttiva europea sulle pratiche commerciali scorrette. L’iniziativa segue un primo accordo analogo, raggiunto a novembre tra rappresentanti della distribuzione e industria alimentare. In vista di scadenze imminenti, considerato che gli stati membri dovrebbero recepire entro maggio la direttiva europea in materia, approvata nel 2019. «Iniziative come queste sono frutto delle sollecitazioni arrivate nel corso degli anni dalle associazioni che si battono per tutelare i lavoratori del comparto agricolo», spiega Fulvio Ciconte, direttore di Terra!, una delle associazioni che più si è battuta per combattere queste pratiche. Il provvedimento, che fa riferimento alla tutela della vendita dei prodotti agricoli in modo più ampio rispetto alla direttiva europea, è stato approvato alla Camera e pochi giorni fa in Commissione Agricoltura del Senato, «ma dovrà poi tornare alla Camera perché ha subito modifiche», spiega Ciconte.
Le nuove norme puntano in particolare a vietare le aste a doppio ribasso e a limitare drasticamente le venite sottocosto di alimentari nella Grande Distribuzione, limitandole a casi specifici, oltre a individuare l’ICQRF (Ispettorato Centrale tutela Qualità e Repressione Frodi) come l’ente che dovrebbe essere preposto al controllo su queste procedure. La vendita sottocosto, di cui abbiamo parlato più volte su Il Fatto Alimentare, è un fenomeno ben noto ai consumatori. Se i rappresentanti della GDO ne parlano come di una pratica utilizzata anche in accordo con le aziende per promuovere i prodotti, in realtà alcune sigle decidono autonomamente di ridurre i prezzi imponendo ai produttori di rinunciare a parte del guadagno: «A volte gli sconti sono applicati dalle aziende della GDO, senza consultare i produttori, – spiega Ciconte, – in questo modo i prezzi ribassati finiscono col diventare i prezzi di riferimento del mercato, quelli che i consumatori si aspettano di pagare, alterando il funzionamento della filiera alimentare». Secondo i nuovi accordi, il ricorso alle vendite sottocosto può essere ammesso solo per prodotti freschi a rischio deperibilità, o per un numero limitato d’iniziative, connesse a situazioni particolari.
Quanto alle aste al ribasso, di cui abbiamo parlato più volte su Il Fatto Alimentare, influiscono sul costo della materia prima danneggiando i produttori agricoli e giocano un ruolo importante nella diffusione del caporalato. Questo tipo di aste è utilizzato, soprattutto dai discount, per l’acquisto di prodotti agricoli confezionati ma anche freschi come le insalate in busta e in generale la quarta gamma. In pratica, dopo una prima asta in cui l’azienda raccoglie le migliori offerte di vendita, ne viene indetta una seconda il cui prezzo di partenza è il più basso spuntato nel corso della prima asta. “Si tratta di aste fatte on line su piattaforme digitali, in cui i partecipanti non vedono chi concorre ma solo i prezzi offerti – senza escludere che possano esserci false offerte al ribasso che servono a contenere ulteriormente i prezzi – e tutto si chiude in tempi brevissimi”, spiega Ciconte. Un meccanismo che spinge i produttori ad abbassare i prezzi per non perdere la vendita, danneggiando soprattutto l’anello più debole della catena produttiva, lavoratori e braccianti, ma anche la qualità delle materie prime.
Gli accordi siglati non possono essere considerati risolutivi, perché si tratta comunque di un accordo tra parti che non ha valore normativo ed è stato sottoscritto da molte ma non tutte le sigle: manca per esempio Eurospin che in passato è stata più volte al centro di polemiche per il ricorso alle aste al doppio ribasso (leggi articolo). Senza contare che l’accordo contempla “il principio di riservatezza nella denuncia delle pratiche commerciali scorrette”, una mossa che potrebbe servire a non dare troppa visibilità ai comportamenti scorretti. Si tratta comunque di un passo avanti importante, anche se una soluzione del problema, oltre che da un adeguamento della normativa, potrà venire solo dalla capacità dei piccoli imprenditori agricoli di riunirsi in consorzi o associazioni per acquisire maggior forza contrattuale.
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giornalista scientifica
Ottimi spunti. Mi hai aiutato molto. Grazie!!