Nel pieno del terzo mese di campagna vaccinale contro il Covid-19, il ministero della Salute ha presentato un nuovo piano di vaccinazioni, che definisce criteri validi per tutto il territorio nazionale e cinque categorie prioritarie da immunizzare in base all’età e alla presenza di patologie. L’aggiornamento della strategia vaccinale si è reso necessario vista la maggiore della disponibilità di vaccini – al momento sono quattro quelli autorizzati, dopo l’approvazione del vaccino Janssen di Johnson&Johnson – e l’avvicinarsi del completamento della fase 1, quella riservata a personale sanitario e over 80.
Secondo il nuovo piano, le vaccinazioni saranno quindi effettuate per età e condizioni di vulnerabilità dovute alla presenza di patologie e disabilità. Su queste basi, la popolazione è stata suddivisa in cinque gruppi:
- Categoria 1: Persone con elevata fragilità (persone estremamente vulnerabili; disabilità grave);
- Categoria 2: Persone di età compresa tra 70 e 79 anni;
- Categoria 3: Persone di età compresa tra i 60 e i 69 anni;
- Categoria 4: Persone con comorbidità di età <60 anni, senza quella connotazione di gravità riportata per le persone estremamente vulnerabili;
- Categoria 5: Resto della popolazione di età <60 anni.
Nel gruppo delle persone con elevata fragilità sono compresi soggetti che soffrono di patologie neurologiche degenerative con Sla e sclerosi multipla, diabetici, pazienti oncologici e soggetti con altre gravi patologie e disabilità. Nella categoria 4, invece, rientrano persone con malattie o immunodeficienze che non hanno la stessa connotazione di gravità delle persone fragili, ma che comunque possono aumentare il rischio di sviluppare forme severe di Covid-19.
Le vaccinazioni, quindi, proseguiranno con il completamento dell’immunizzazione dei sanitari e dei cittadini con più di 80 anni, a cui saranno riservati i vaccini a mRna Pfizer/BioNTech e Moderna, e in parallelo potranno iniziare le somministrazioni alle cinque categorie prioritarie, andando dalla 1 alla 5. Accanto a questi gruppi, proseguiranno anche le inoculazioni di “Personale docente e non docente, scolastico e universitario, Forze armate, di Polizia e del soccorso pubblico, servizi penitenziari e altre comunità residenziali”, considerate a rischio perché più esposte.
Un’altra novità del piano aggiornato è la possibilità di somministrare i vaccini anche all’interno dei luoghi di lavoro, a prescindere dal criterio dell’età, con l’obiettivo di accelerare l’immunizzazione della popolazione. Le somministrazioni in azienda dovranno comunque essere realizzate da personale sanitario e si faranno solo qualora ci sia un numero sufficiente di dosi disponibili.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
Piano vaccinale partito male, con scelte iniziali sconsiderate (le Primule!), proseguito peggio, rappezzato in qualche modo dal nuovo governo, ma si sa che riparare è più complesso e costoso che costruire bene subito: e trovo scandaloso che ogni regione ancora si muova in modo incontrollato e indipendente invece di seguire un unico protocollo nazionale, come se il covid si potesse affrontare in modo differente tra Puglia e Liguria o tra Piemonte e Molise, come se le regioni fossero circondate ognuna dal suo bel “muro di Trump” invece che oggetto di continui scambi di merci e persone.
Oh, certo, ci sono le Zone Rosse con i divieti! …che non si possono applicare alle migliaia di persone che per lavoro devono continuare a spostarsi, non solo gli addetti al trasporto merci o persone ma pendolari, rappresentanti, personale di ditte di manutenzione e assistenza, da un anno ad esempio un mio conoscente specialista in apparecchiature elettroniche attraversa ogni giorno tre regioni per seguire installazioni di cantiere.
Va rivisto l’intero sistema della Salute Pubblica in modo che i problemi che coinvolgono l’intera nazione non siano più spezzettati tra venti diverse centrali decisionali ognuna con una diversa idea di quali siano le priorità e di come affrontarle, lasciando invece piena discrezionalità limitatamente a quelli strettamente locali ma sempre su linee guida uniformi.
E magari assumendo il personale necessario, formandolo correttamente e retribuendolo adeguatamente, e mantenendo e riattando e riattrezzando strutture decentrate invece dei fantasmagorici mega “centri della salute” di cui si favoleggia e che intrupperebbero migliaia di persone in “cittadelle! limitate moltiplicando i rischi di contagio e di disastroso blocco totale a ogni epidemia: perché il covid non sarà certo l’ultima.
La sua considerazione è troppo intelligente e razionale, non troverebbe mai applicazione nella nostra realtà disorganizzata e ” creativa” per usare un eufemismo.Pragmatismo e senso civico in Italia non si sa nemmeno dove stanno di casa, purtroppo