Dopo l’orata e il branzino, nella piana di Orbetello è iniziato l’allevamento dell’ombrina. Si tratta di un pesce Mediterraneo poco conosciuto dal grande pubblico, ma già commercializzato dalle catene di supermercati come Esselunga e Pam. Secondo uno studio condotto dall’Inran, insieme all’Università Tor Vergata e al C.I.R.S.Pe (Centro Italiano Ricerche e Studi per la Pesca), la specie Bocca d’oro scelta per la crescita in vasca (nome scientifico Argyrosomusregius) presenta carni banche, un sapore delicato e può raggiungere velocemente i 5 kg. Gli altri aspetti da considerare sono la possibilità di ottenere filetti, da vendere in alternativa al pangasio, a un prezzo molto interessante.
«Da un punto di vista nutritivo – spiega Elena Orban responsabile scientifico per l’Inran del progetto – l’ombrina Bocca d’oro ha un buon tenore di omega 3, e un contenuto di grasso che varia dal 2 sino al 4% per le taglie più grandi, da confrontare con il 6% circa del pesce allevato». Questo aspetto è importante perché buona parte delle orate e dei branzini di allevamento venduti a prezzi stracciati, provengono dalla Grecia e dalla Tunisia e hanno una quantità di grasso esagerata, dovuta ai mangimi troppo ricchi che dimezzano i tempi di crescita, ma penalizzano il sapore della carne.
I branzini e le orate di filiera italiana hanno un aspetto identico ai pesci greci, ma vengono allevati rispettando i tempi di crescita, per cui le carni sono meno grasse, hanno un sapore decisamente migliore ma ahimè costano il doppio.
L’altra notizia interessante è che in Toscana ad Orbetello sono in corso prove per l’allevamento della sogliola.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24