Il benessere animale è sempre più importante per un gran numero di consumatori. Così importante che dai primi anni Duemila è entrato a far parte della Politica di sviluppo rurale dell’Unione europea, mettendo l’uno accanto all’altro miglioramento delle condizioni degli animali da allevamento e sostegno al settore agricolo. Ma come spiega un report della Rete rurale nazionale, gli Stati membri avrebbero potuto fare molto di più per incentivare i produttori ad adottare standard più elevati.
Con la misura 14 della politica di sviluppo rurale , la cui applicazione in Europa è stata analizzata in maniera approfondita dal report della Rete rurale nazionale, i Paesi e le regioni europee possono creare programmi di finanziamento per gli allevatori che si impegnano ad adottare interventi volontari sul benessere degli animali, oltre i requisiti minimi stabiliti dalle normative europee. Eppure al dicembre 2019 esistevano solo 15 programmi regionali e 14 nazionali. Piccola menzione d’onore per l’Italia, che è il Paese europeo con più piani regionali per il benessere animale. Sono ben nove le regioni che hanno attivato la misura 14: Calabria, Campania, Friuli, Lazio, Liguria, Marche, Sardegna, Umbria e Valle d’Aosta.
Scendendo nei dettagli dei tipi di intervento sostenuti in giro per l’Europa, secondo dati elaborati dal Crea, nove programmi su dieci (89,3%) supportano miglioramenti delle condizioni di stabulazione, soprattutto per quanto riguarda l’ampliamento degli spazi a disposizione degli animali (generalmente intorno 10%), ma ci sono stati anche interventi significativi per sostenere il passaggio dei bovini dalla stabulazione fissa a libera. Tuttavia, si legge nel report, la misura viene poco sfruttata per introdurre sistemi meno costrittivi veramente innovativi, ad esempio nel settore suinicolo, dove sono ancora ampiamente utilizzate le gabbie per il parto.
Il 67,9% dei programmi, poi, contiene misure sull’alimentazione e le cure dei capi, come controlli su acqua e mangimi, la pulizia di capi, ambienti e attrezzature o la disinfestazione da insetti e animali infestanti. Sono pochi, in questo ambito, gli interventi incentrati sul rispetto delle naturali esigenze degli animali, come l’allungamento del periodo di allattamento dei piccoli, adottato solo da Grecia e Finlandia, e solo per alcuni animali.
Circa sei programmi su dieci, inoltre, finanziano interventi che favoriscono l’accesso all’aperto, mentre meno del 30% comprende incentivi per evitare la castrazione e/o le mutilazioni, come il debeccaggio dei pulcini o il taglio della coda dei suini, o in alternativa l’uso di anestetici, analgesici e antiinfiammatori quando questi interventi siano assolutamente necessari. Sono pochissime anche le misure previste per il benessere di conigli e equini, questi ultimi considerati solo nei programmi di Friuli, Umbria e Valle d’Aosta.
Il report conclude la sua analisi affermando che l’implementazione delle misure per il benessere animale è stata “piuttosto dispersiva per le numerose tipologie di intervento”. Inoltre “colpisce che Paesi con un peso zootecnico rilevante – come la Francia – non abbiano attivato la misura 14, così come le scarse risorse impegnate in molti PSR, come si trattasse di un’introduzione sperimentale e esplorativa”. In alcuni paesi, poi, sono stati attivati programmi di sostegno solo per una specie e non per altre, come se il fine non fosse quello di migliorare le condizioni di tutti gli animali ma dare incentivi a settori economici o territori in difficoltà, tradendo quindi lo spirito della misura 14. Insomma, c’è ancora tanta strada da fare per migliorare davvero il benessere degli animali.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.