Negli ultimi giorni sono stati pubblicati diversi studi che aiutano a fare chiarezza su un aspetto fondamentale della lotta al Covid-19: quello della protezione dal coronavirus e della disinfezione tanto delle persone quanto degli oggetti e degli ambienti. Ecco, in sintesi, i principali risultati.
Asciugare le mani. Le mani vanno lavate spesso, questo ormai è entrato a far parte delle abitudini di tutti. Ma per chi si trova fuori casa, la domanda è: in che modo è meglio asciugarle? Una prima risposta arriva da un piccolo studio dell’Università di Leeds, nel Regno Unito, che sarà presentato al meeting virtuale European Congress on Clinical Microbiology and Infectious Diseases, nel quale è emerso che gli asciugamani in carta sono nettamente preferibili rispetto al getto di aria calda, anche perché evitano la dispersione del virus nell’ambiente. I ricercatori inglesi hanno scelto un luogo ideale per le misurazioni: i bagni di un ospedale. I ricercatori hanno chiesto a quattro volontari di indossare un camice e dei guanti di lattice, per controllare la presenza di goccioline. Quindi hanno hanno sparso sui guanti una soluzione di un batteriofago, un virus innocuo che di solito infetta i batteri ma che può essere utile come modello per verificare che cosa succede.
I volontari è stato chiesto di non lavare le mani ma di asciugarle con una salvietta in carta o con l’aria calda in modo da riprodurre una condizione di scarsa igiene. A questo punto sono iniziati i controlli sui guanti, sul camice e sulle superfici entrate in contatto come le maniglie, le porte, i corrimani, i pulsanti degli ascensori, i telefoni, le sedie, gli stetoscopi, nonché le pareti del bagno. Il risultato è stato che entrambi i metodi riducono la carica virale, ma il primo è mediamente dieci volte più efficiente del secondo (abbassa di mille particelle virali ogni microlitro analizzato, contro le 100 del getto d’aria). Oltre a promuovere la carta, e a confermare che l’aria disperde i virus rimasti, lo studio dimostra anche quanta dispersione di virus ci possa essere attraverso gli indumenti.
Dotazioni per il personale sanitario. 24 ricerche recenti sull’efficacia delle protezioni per il personale sanitario sono state analizzate dalla Cochrane Collaboration (circuito internazionale di esperti che valuta gli interventi sanitari selezionando gli studi qualitativamente migliori al fine di arrivare a conclusioni valide basate su numeri inattaccabili). Le ricerche hanno coinvolto oltre 2.200 tra medici e infermieri, per lo più simulando l’esposizione ad agenti patogeni con virus innocui o marcatori e non registrando quanto accadeva in un vero reparto. Il lavoro rappresenta un aggiornamento di altre revisioni simili condotte nel 2016 e nel 2018. In sintesi, è emerso che le protezioni devono essere quanto più possibile integrali, cioè prevedere camici, calzari, cuffie, occhiali e mascherine, ma anche relativamente facili da indossare, se si vuole ottenere un risultato ottimale. In caso contrario a volte si ottiene un effetto paradossale, e cioè si aumenta il rischio di contaminazioni. Gli esperti Cochrane invitano a seguire le indicazioni dei CDC di Atlanta e dell’OMS per le modalità di vestizione e svestizione, che hanno trovato conferma proprio in questo aggiornamento, e invitano le direzioni degli ospedali a formare debitamente il personale medico e sanitario.
Oggetti e superfici. La luce ultravioletta, e in particolare i raggi UV di tipo C, finora poco utilizzati perché pericolosi per l’uomo e difficili da generare a costi e condizioni accettabili, potrebbero in futuro rappresentare una buona soluzione per sterilizzare gli ambienti senza personale. Come riferito su ACS Photonics, i ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara sono riusciti a mettere a punto dei LED UV-C specifici, versatili e poco costosi. Un altro gruppo di ricerca con l’irraggiamento con LED UV è riuscito a eliminare in 30 secondi il 99,9% del coronavirus Sars-CoV-2 presente sulle superfici. La tecnologia è già usata in settori industriali come la sanificazione interna delle automobili. I test continuano.
Gel disinfettanti. Uno studio pubblicato su Emerging Infectious Diseases dai ricercatori dell’Università di Bochum, in Germania, conferma che i gel disinfettanti proposti dall’OMS sono efficaci. Ne esistono due versioni: il primo prevede l’80% in volume di etanolo, l’1,45% di glicerina e 0,125% di acqua ossigenata, il secondo il 75% di isopropanolo, l’1,45% di glicerina e lo 0,125% di acqua ossigenata. I test condotti hanno confermato che entrambi, se utilizzati correttamente per 30 secondi, uccidono il coronavirus.
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[sostieni]
Giornalista scientifica
Lo studio era già stato fatto anni fa. Non sul coronavirus ma sui batteri, ma non credo ci sia una gran differenza.
Me ne ricordo bene perchè fu oggetto di discussione nel mio luogo di lavoro.
Fra l’altro era una cosa ovvia, perchè sulle mani lavate residuano comunque dei germi, che con il soffio d’aria si spargono in giro.
Sento sempre e solo parlare di alcol e candeggina per disinfettare, perchè non citano lisoformio, ammoniaca e acqua ossigenata
In effetti mi pare che argomento ed argomentazioni siano già consolidati da studi precedenti, strano vederlo riproporre come importante nuovo (seppure in termini di PICCOLO STUDIO) lavoro scientifico dal gruppo di ricercatori della University of Leeds,: già dal 2010 e poi ancora ribadito nel 2014…
Anche i virus sono a tutti gli effetti microbi!
J Hosp Infect . 2014 Dec;88(4):199-206. doi: 10.1016/j.jhin.2014.08.002. Epub 2014 Aug 27
J Appl Microbiol. 2013 Aug;115(2):572-82. doi: 10.1111/jam.12248. Epub 2013 May 29.
Mayo Clin Proc. 2012 Aug;87(8):791-8. doi: 10.1016/j.mayocp.2012.02.019. Epub 2012 May 31.
PMID: 22656243 Free PMC article. Review.
Qual è l’ordine di grandezza della capacità filtrante delle mascherine FFP2 e FFP3?
Mi confermate >= 0,2 micron?
Grazie