Nel 2017 in Francia, tra agosto e dicembre, 38 neonati di pochi mesi sono stati contagiati da un unico ceppo di Salmonella, del sierotipo Agona. La fonte della contaminazione – si è scoperto – erano alcuni marchi di latte in polvere Lactalis (Pepti Junior de Picot, Picot SL, Picot anti-colique, Picot riz e Milumel Bio 1). Non c’è stato alcun decesso, ma per una ventina di bambini è stato necessario il ricovero, e si stima che i neonati ammalati, in realtà, siano stati più di 200. Stando a quanto è stato ricostruito da Santé Publique France, l’infezione è partita da uno stabilimento di produzione situato nella cittadina di Craon, nella regione della Loira.
L’Agenzia nazionale per la sicurezza alimentare francese (Anses) ha pubblicato un documento dove illustra quanto emerso in seguito alla rivalutazione della filiera richiesta dal governo, e indica alcuni punti di intervento. La preparazione del latte in polvere – vi si legge – è un processo che comporta diverse tappe, ciascuna delle quali è una potenziale fonte di infezione, anche dopo la pastorizzazione: gli ingredienti vengono infatti mescolati in forma liquida, poi sottoposti appunto a pastorizzazione (trattamento termico), quindi disidratati e infine confezionati. Ogni passaggio può costituire un punto di accesso per i batteri. Quelli dei generi Salmonella e Cronobacter (i due principali contaminanti) possono arrivare dallo stabilimento di produzione, e per questo l’Anses raccomanda il rispetto scrupoloso delle norme igieniche all’interno dell’impianto, unita all’analisi degli ingredienti e a regole severe sull’igiene di chi lavora in produzione.
In altri termini, per garantire la sicurezza non basta, come si fa molto spesso, controllare il prodotto finito a campione, ma è necessario istituire controlli intermedi. Si tratta di una procedura che la stessa agenzia si augura possa presto essere definita e imposta a livello nazionale.
Per quanto riguarda la preparazione dei biberon, altro momento nel quale è possibile che qualche patogeno contamini la miscela, l’agenzia ricorda un suo precedente documento, nel quale affermava innanzitutto che il latte in polvere non è sterile, e contiene una certa quantità di batteri. Talvolta si trovano patogeni da considerare innocui fino a quando il prodotto resta in polvere, ma potenzialmente pericolosi quando è ricostituito.
Anses consiglia di preparare il latte su un piano di lavoro pulito e dopo aver lavato con cura le mani con il sapone e asciugate con un panno pulito o carta usa e getta. Il dosaggio va effettuato con l’apposito misurino, che dovrebbe essere pulito e asciutto e andrebbe buttato via insieme alla confezione quando finisce il contenuto. Il latte andrebbe preparato subito prima dell’uso. Se viene lasciato a temperatura ambiente, andrebbe buttato via al massimo a distanza di un’ora dalla preparazione. Se si deve uscire, è bene lasciare acqua e polvere separati fino all’ultimo momento, mettendo l’acqua nel biberon. In casi eccezionali il latte può essere preparato anzitempo, ma poi bisogna tenerlo in frigo a 4°C.
Per quanto riguarda l’acqua, va bene quella del rubinetto, avendo cura di lasciarla scorrere qualche secondo prima di prelevarla e usare quella fredda (sopra i 25°C può contenere batteri e sali minerali indesiderati). Occorre poi assicurarsi che il rubinetto sia privo di calcare. È meglio evitare l’acqua passata attraverso membrane filtranti come quelle delle caraffe per uso domestico, perché anch’essa, paradossalmente, può favorire la proliferazione dei batteri. Infine, se la casa è molto vecchia, sarebbe bene informarsi sulle sue tubazioni, che potrebbero contenere piombo e, in quel caso, fornire un’acqua non sicura. Se si sceglie l’acqua minerale o di sorgente, è opportuno controllare che sia adatta ai neonati, perché non tutte lo sono, e comunque utilizzarla velocemente una volta che la bottiglia è stata aperta.
Bisogna poi adottare qualche precauzione per il biberon. Il microonde è sconsigliato per il rischio di ustioni, il metodo migliore è quello a bagnomaria, ricordandosi di agitare molto bene il contenitore prima di darlo al bambino, e di verificare la temperatura.
Infine la pulizia: va fatta con scovolino, acqua calda e sapone, lasciando asciugare il biberon a testa in giù e all’aria aperta. In lavastoviglie la temperatura deve essere di almeno 65°C e va asciugato. Le tettarelle in caucciù vanno lavate a mano. Non è necessario sterilizzare i biberon, al contrario di ciò che si è detto per molti anni.
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Giornalista scientifica
Giusti i consigli di Anses sulla preparazione casalinga del latte per la prima infanzia da latte in polvere, ma va posto l’accento sul fatto che i patogeni, come la salmonella, negli impianti di essiccazione di latte in polvere NON CI DEVONO ESSERE (zero UFC di patogeni su 25 g di polvere).
E’ l’igiene degli impianti e della loro gestione che va garantita attraverso severo addestramento, e procedure di autocontrollo adeguate.
Sono del parere , per lunga esperienza personale, che il problema riguardante un singolo impianto,( di polvere confezionata con vari marchi) significa che in quello stabilimento , per ragioni da indagare anche dai controllori ufficiali sulle procedure di autocontrollo e di valutazione del rischio igienico sanitario, è mancata la gestione igienica dei processi e, quasi sicuramente un adeguato addestramento nelle operazioni di lavaggio e riavvio di produzione, oltre a controlli sul prodotto finito.
Dato che il rischio di contaminazione intrinseca (da Cronobatteri, Salmonelle, Bacillus Cereus, etc) delle formule in polvere per neonati, pur molto basso (ma le rare volte in cui succede le conseguenze possono essere gravi, fino alla morte del neonato), sembra non essere eliminabile (come dimostrato dal fatto che vi sono ogni anno qualche decina di notificazioni in vari paesi del mondo), è necessario che i genitori adottino i metodi di ricostituzione della polvere più sicuri. Purtroppo quelli raccomandati da ANSES non lo sono, perchè sono diversi da quelli raccomandati nel 2006 da OMS e FAO (https://www.who.int/foodsafety/publications/micro/pif_guidelines.pdf) e disponibili in forma schematica anche in italiano (https://www.acp.it/wp-content/uploads/Quaderni-acp-2008_151_40.pdf). La differenza più importante riguarda la temperatura dell’acqua da aggiungere alla polvere per la ricostituzione. Le raccomandazioni dell’ANSES non indicano una temperatura; lasciano quasi intuire che si possa usare acqua a temperatura ambiente. OMS e FAO raccomandano invece di usare acqua a 70 gradi centigradi, raccomandazione confermata anche dal nostro Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2779_allegato.pdf). Riteniamo opportuno che Il Fatto Alimentare pubblichi una critica delle raccomandazioni ANSES, sostituendole con quelle più sicure di OMS e FAO.