Da quando nel 2004 in Italia è stata consentita la vendita diretta di latte crudo sono iniziate discussioni e polemiche a volte molto accese. Da una parte si sottolineano i rischi, limitati ma pur sempre presenti; dall’altra si è convinti della validità dell’equazione “crudo uguale a naturale” e “naturale uguale a buono”. Proviamo a fare il punto della situazione, tra rischi (piccoli, ma reali) e benefici (spesso solo presunti).
I consumi
C’è chi lo acquista perché lo ritiene più in linea con il proprio stile di vita naturale ed ecologico, chi ne apprezza il gusto, chi pensa sia più ricco di principi nutritivi e faccia bene alla salute e chi vuole semplicemente risparmiare. Fatto sta che, da qualche anno a questa parte, c’è stato anche in Italia un vero e proprio boom del consumo del latte crudo, il latte fresco non trattato che si può comprare alla spina in appositi distributori, direttamente presso gli allevatori che lo producono oppure in supermercati o in luoghi pubblici.
Oggi, a dire il vero, il fenomeno conosce un piccolo calo: una leggera flessione si è registrata a partire dal dicembre 2008, dopo l’emanazione di un’ordinanza del Ministero della salute che impone l’obbligo di riportare sui distributori l’indicazione che il latte crudo deve essere consumato previa bollitura. Per il resto, il calo dipende più da una diminuzione dell’offerta che da quella della domanda: «Nel corso dell’ultimo anno è aumentato significativamente il prezzo del Parmigiano Reggiano, per cui anche il latte necessario alla sua produzione viene pagato di più», spiega Giovanni Zecchini, esperto di sicurezza alimentare del servizio veterinario dell’Ausl di Modena. «Gli allevatori che fino a poco tempo fa trovavano più conveniente la vendita diretta di latte crudo, ora preferiscono destinare il prodotto alla caseificazione, riducendo le spese per i controlli, più severi nel caso di vendita diretta, e per la gestione dei distributori». Sono comunque ancora molte le macchine erogatrici sul territorio nazionale (1442 secondo i dati di milkmaps) e la passione per questo alimento non è affatto passata.
I benefici
A leggere quanto riportato da alcuni siti di informazione sul latte crudo, italiani o esteri, pare di avere a che fare più con una panacea che con un alimento: aiuterebbe a prevenire l’asma e le allergie nei bambini, ma anche il morbo di Crohn, l’autismo, addirittura il cancro. Per non parlare dei benefici nutrizionali, trattandosi di un alimento ricco di vitamine, enzimi, grassi, proteine, calcio eccetera. Tra tutte queste meraviglie, però, solo ben poche sono sostenute da solide base scientifiche: in effetti, l’unica associazione che sembra verificata è quella tra consumo di latte crudo e diminuzione del rischio di alcune patologie allergiche.
L’ultimo studio in proposito lo ha pubblicato un gruppo di ricercatori di diversi paesi europei sul Journal of Allergy and Clinical Immunology. Gli studiosi riferiscono che nel campione analizzato – diverse migliaia di bambini di regioni rurali di Germania, Austria e Svizzera – il consumo di latte crudo sembra avere un effetto protettivo nei confronti di malattie come asma, febbre da fieno e dermatite atopica. «Il meccanismo biologico alla base di questo effetto non è ancora stato chiarito», spiega Norma Arrigoni, dell’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna. «Si ipotizza che a conferire la protezione potrebbero essere alcune proteine presenti nel latte crudo, in particolare lattoalbumine e lattoglobuline, che probabilmente vengono modificate e rese meno efficaci durante i processi di omogeneizzazione e pastorizzazione. Ma è tutto ancora da verificare». In ogni caso, gli stessi autori dello studio sconsigliano l’uso del latte non pastorizzato e non bollito a scopo preventivo, anche a fronte di rischi concreti di infezioni alimentari gravi.
I rischi
Quali sono, dunque, questi rischi? I principali batteri incriminati sono quattro: Campylobacter, Listeria, Salmonella ed Escherichia coli O-157, ceppo che può causare la sindrome emolitica-uremica, una grave malattia che può portare alla morte o a invalidità permanenti. Le mucche negli allevamenti – e le loro feci – possono essere contaminate senza dare alcun segno di malattia: per questo sono necessari controlli igienici rigidissimi per chi propone la vendita di latte crudo. «Purtroppo, però, la contaminazione degli animali e quella accidentale del latte appena munto possono verificarsi anche quando tutte le norme igieniche richieste vengono applicate regolarmente», afferma Arrigoni. «In effetti, il monitoraggio compiuto in questi anni dai servizi veterinari delle Ausl, in collaborazione con gli istituti zooprofilattici, ha messo in evidenza la presenza, seppur sporadica, di questi patogeni in una significativa proporzione di allevamenti».
Un trattamento come la pastorizzazione permette di eliminare eventuali contaminanti, che possono invece rimanere nel latte crudo. Da qui l’indicazione di bollirlo, sempre e comunque, ma soprattutto se destinato all’alimentazione di bambini e anziani, che hanno un sistema immunitario meno efficace nel contrastare organismi estranei. «Attenzione, però, non si tratta di fare dell’allarmismo», precisa Alfredo Caprioli, direttore del laboratorio europeo di referenza per E. coli O157, all’Istituto superiore di sanità. «Ovvio che il latte crudo non è il male assoluto e che, visti i numerosi controlli e le sollecitazioni alla bollitura, i rischi sono limitati. Però ci sono: i dati preliminari di uno studio che abbiamo condotto su una sessantina di bambini colpiti da sindrome emolitica-uremica dicono chiaramente che il principale fattore di rischio per questa malattia è rappresentato proprio dal consumo di latte crudo. È una cosa da sapere, ecco». In effetti, è stato proprio a seguito del manifestarsi di alcuni casi della sindrome probabilmente a seguito di ingestione di latte crudo che il ministero della Salute ha emesso l’ordinanza alla bollitura (in realtà basta arrivare a 80°C per pochi secondi per eliminare i batteri patogeni, nelle aziende il latte si pastorizza a 72°C per 15 secondi).
Un’indicazione che a molti sostenitori del crudo proprio non va giù: dicono che così il latte perde sia il suo sapore caratteristico, più ricco e definito di quello pastorizzato, sia le proprietà nutrizionali. Rispetto al sapore c’è poco da dire: può darsi, ma il gusto è anche una questione molto personale. Rispetto alle proprietà nutrizionali, invece, occorre una precisazione: proteine, zuccheri, minerali come il calcio rimangono sostanzialmente inalterati. Quello che può andare perso sono le vitamine e gli enzimi, ma è pur vero che in una dieta equilibrata non c’è alcun bisogno di assumere queste sostanze con il latte.
Una questione di percezione
Quello che appare indubbio è che sul latte crudo si scatenano vere e proprie battaglie ideologiche. «Tutti sanno che mangiare ostriche crude può essere un rischio per la salute e nessuno, neppure il consumatore più accanito, si scandalizza quando lo si dice. Dovrebbe essere la stessa cosa per il latte: dopo essersi informato su rischi e benefici, ciascuno dovrebbe valutare per sé e per la propria famiglia come comportarsi», afferma Caprioli. Invece, ogni volta che si sollecita attenzione sul latte crudo, scatta la rivolta. Del resto, valutare correttamente rischi e benefici sembra cosa facile, ma non è detto che lo sia. È un po’ come la faccenda degli aeroplani, o quella del fumo: molti hanno paura di volare, anche se il rischio di venire coinvolti in un incidente aereo è molto più basso di quello di esserlo in un incidente d’auto. Viceversa, moltissime persone decidono di mettersi a fumare o di continuare a farlo, pur essendo ormai nota a tutti la correlazione tra fumo di sigaretta e cancro al polmone.
«Anche nel caso del latte crudo, spesso il rischio percepito è differente dal rischio reale, e la situazione varia a seconda del tipo di consumatore», afferma Giovanni Zecchini, che insieme a Norma Arrigoni presenterà alla convention sulla sicurezza alimentare Sicura 2011, in programma il 28-29 settembre a Modena, un intervento proprio sulla valutazione del rischio e del beneficio reale e percepito nel latte crudo. «C’è per esempio un consumatore che ha scelto il latte alla spina perché lo ritiene più in linea con uno stile di vita che punta a riavvicinare l’uomo alla natura», spiega l’esperto. «Spesso questo consumatore conosce il rischio microbiologico ma lo accetta: gli basta sapere da dove viene ciò che mangia». La maggioranza dei consumatori di latte crudo, invece, non si sarebbe mai preoccupata di eventuali rischi microbiologici e si è trovata di fronte alla questione solo in seguito all’ordinanza sulla bollitura. «Dopo la comunicazione del Ministero, alcuni si sono allontanati dal latte crudo, ma altri non l’hanno abbandonato, proprio perché tranquillizzati dall’opzione bollitura».
Zecchini cita poi un terzo gruppo di consumatori in rapido aumento: persone che provengono da altri paesi (India, Pakistan, paesi del Maghreb) in cui il latte viene tradizionalmente bevuto crudo e che sicuramente non sono informate dei rischi. Proprio per questo, l’esperto propone di riportare sui distributori l’indicazione alla bollitura anche in altre lingue.
Valentina Murelli
Foto: Fabio Gava /Flickr; elisharene/Flickr; Photos.com
Buongiorno,
nell’articolo non leggo riflessioni sui rischi di perdere quote di mercato che corrono i grandi marchi del latte fresco, come il vostro sponsor Granarolo, se sempre più produttori decidono di fare da sè, senza intermediari, attraverso i distributori automatici. Dani
L’articolo esamina gli aspetti sanitari collegati al consumo di latte crudo e non tratta problematiche di tipo economico.
La quota del latte crudo rappresenta comunque una percentuale marginale del mercato, poco significativa per i grandi produttori.
Anche perchè in un distributore l’allevatore vende un centinaio di litri di latte al giorno (prodotti da 4-5 mucche) ma il resto del latte della stalla lo vende comunque alla grande produzione o ai caseifici!All’allevatore conviene, perchè quei 100 euro al giorno li ottiene subito,mentre la grande produzione lo paga a tre o sei mesi,ma sicuramente la vendita di latte crudo non preoccupa i grandi produttori perchè è davvero una parte marginale del totale di latte consumato in italia.
E’ da ieri che provo a commentare questo articolo ma il mio commento, chissà perchè, non viene mai pubblicato. Vi dà proprio noia il fatto che diversi lettori segnalino il fatto che questo post contro il latte crudo si accompagni alle pubblicità del latte della Lola che impera da mesi sul vostro sito!
Come diceva quel tale – A pensar male si fa peccato…-
Per essere precisi il banner del latte della Lola compare sul nostro sito da un anno circa. La nostra posizione nei confronti degli sponsor è molto chiara, si trova nel sito nella pagina "Chi siamo" ma forse le è sfuggita. Legga i vari articoli sul latte che abbiamo scritto in un anno nel sito e poi mi faccia sapere se ha cambiato idea.
Ho letto la pagina sui banner pubblicitari all’interno di "Chi siamo" e sinceramente non mi ha convinto per niente.
Preferisco siti aggiornati più raramente, eventualmente più spartani, ma comunque senza pubblicità …
Ad esempio preferisco il Trashfood di Gianna Ferretti o le Papille Vagabonde di Günther Karl Fuchs.
Beh, Lisa, non sono tanto sicuro che il suo ritratto dell’allevatore sia rappresentativo e ad ogni modo come fa ad escludere che il fenomeno possa ulteriormente espandersi? Se poi i grandi produttori dormono sonni tranquilli tanto meglio. Personalmente, potendo scegliere, preferisco consumare latte crudo, (bollito), comprandolo direttamente dal produttore ad un prezzo contenuto e lasciando fuori tutti i passaggi intermedi, (dal trasporto al confezionamento), a vantaggio dell’ambiente e delle mie tasche.
La ringrazio per le sue riflessioni, Gianna Ferretti collabora con noi e con lei spesso condividiamo le notizie, Günther Karl Fuchs è un amico e sovente riprendiamo i suoi post.
Comunque sono siti ottimi che leggo sempre molto volentieri
Non condivido le critiche, fatte unicamente sulla base di un articolo.
La validità del sito, a mio modesto parere, deve essere osservata nella sua globalità e con questo intendo dire, come già chiarito dal Dr. La Pira nei post precedenti, che ci si può fare un’idea osservando quanto viene scritto nel corso del tempo, leggendo i vari articoli e le varie posizioni. Altrimenti per ogni articolo che elogia taluni aspetti del â
mi interesserebbe sapere se il latte crudo può essere utilizzato per le preparazioni in un ristorante o nell’agriturismo dell’azienda produttrice (magari rientrando nel caso della cessione di prodotto primario su richiesta di un dettagliante locale), visto che l’ordinanza Martini ne vieta l’uso solo nella ristorazione collettiva.
grazie
Nell’articolo sono stati evidenziati correttamente i rischi a carattere microbiologico , insiti nel latte crudo consumato tal quale .
La polemica mi appare alquanto sterile e forse fuorviata da posizioni un po troppo di parte . Per cui "Latta dalla stalla senz’altro non pericoloso " (Bufala da non poco) Latte di un azienda senz’altro cattivo " .
Si confonde il concetto di genuino con la salubrità dell’alimento che sono concetti affatto coincidenti .
E di Oggi un esempio di malainformazione giustamente una ASL Toscana ha sequestrato
una preparazione gastronomica
tipica contenente come elemento carne bovina ancora presente nell’elenco dei cosiddetti "Materiale specifico a rischio nelle norme comunitarie sulla TSE .
E altri alimenti ad elevata deperibilità (Paste fresche con ripieno e porchetta) non conservate alle temperature previste .
Morale del Servizio : ASL esagerata. Domanda ma le disposizioni sugli alimenti non sono ad appannaggio unicamente per determinate categorie ma di tutti i soggetti . Comprese le manifestazioni gastronomiche sponsorizzate .
Quando poi tempo addietro lo stesso TG regionale "parlava di alimenti pericolosi per la salute pubblica per un sequestro (questo si arbitrario) di conserve di verdura e scatolette di carne detenute fuori Termine di conservazione senza alcun segno esteriore che facesse presagire eventuali stati alterativi .
Senza operare alcun distinguo tra alimenti detenuti oltre il TMC e quelli scaduti in senso stretto
Questa e l’informazione purtroppo
Saluti Fabio Ratti .
E vero, il latte crudo può essere un alimento a rischio. Ed è giusto che il consumatore lo sappia (è un obbligo di legge). Qualche interrogativo, però, è d’obbligo: perchè non gli si dice che è più facile trovare Listeria monocytogenes nei formaggi formaggi a crosta lavata (es. taleggio e gorgonzola) che nel latte crudo? Perchè non gi si dice che è più facile trovare Salmonella e Campylobacter nelle carni di pollo o di maiale che nel latte crudo?
Perchè non gli si dice che è più facile trovare il coli verocitotossico o sarcosporidi vaganti in carni consumate crude o poco cotte?
E’ vero che il latte crudo venduto nei distributori rappresenta una piccola fetta di mercato ma perchè molti industriali minacciano di non ritirare più il latte dalle stalle che hanno scelto di vendere anche il latte crudo? Forse perchè il latte crudo è il migliore latte in commercio e serve per "diluire" altro latte meno buono? Perchè l’industria ha fatto molto baccano su alcuni batteri che si possono trovare nel latte crudo e non ha fatto cenno al mycobatterio della paratubercolosi che, invece, si può trovare anche nel latte pastorizzato perchè è termoresistente? Forse, nel nostro Paese, la comunicazione del rischio può essere migliorata e "spogliata" dagli interessi di parte. Mi sembra corretto il messaggio del dott. Caprioli. Credo di conoscere bene il problema ed è per questo che consumo latte crudo e mangio gorgonzola. Non lo farei in Paesi di cui ignoro l’organizzazione dei controlli sanitari.
Saluti e… buon appetito! Godetevi la vita, è così breve e zeppa di problemi ben più seri! Gianfranco
Condivido l’opinione di Gianfranco , sulle lacune da lui evidenziate in merito alla comunicazione del Rischio in campo alimentare .
Le osservazioni in merito di latte crudo ritengo però (in questa sede) si siano limitate unicamente ad evidenziare alcuni rischi a carattere microbiologico correlati al consumo di latte crudo .
D’altro canto il settore negli ultimi anni ha assistito all’emergere di rischi i quali fino a qualche anno fà erano considerati un pericolo non frequente o remoto .
Basti pensare all’emergere di seri rischi a carattere microbiologico negli alimenti vegetali , quando per anni si è conferita la priorità agli alimenti di origine animale .
Saluti Fabio