Il prosciutto cotto è il salume più venduto in Italia (ne abbiamo già parlato in questo articolo sul prezzo del prosciutto cotto) e questo accade anche perché, essendo meno grasso del prosciutto crudo e di altri salumi, è considerato più sano. In effetti il prodotto ha un contenuto di grassi minore, ma nonostante ciò, tutti i grandi marchi oltre al cotto “normale”, propongono una versione “magra” o “a basso contenuto di grassi”. La differenza è che il prosciutto cotto nella versione standard contiene di solito dal 5 al 10% di grassi, mentre nella versione “a basso contenuto di grassi” la quantità non deve superare il 3%.
La produzione prevede una fase di siringatura in cui viene iniettata nella coscia disossata una miscela di acqua, sale, aromi e additivi conservanti (nitriti). A questa segue la massaggiatura, per diffondere uniformemente la salamoia all’interno, e l’inserimento in un apposito stampo per la cottura. Per produrre prosciutto cotto a ridotto contenuto di lipidi si utilizzano cosce di suino magre che vengono sgrassate, per eliminare tutto il grasso visibile.
Il confronto
Abbiamo confrontato i prosciutti cotti magri di alcuni marchi noti (Citterio Sofficette, Rovagnati Snello, Casa Modena LiberaMente, Aia Aequilibrium) e altri con il marchio dei supermercati (Esselunga, Benesì Coop, Semplici e Buoni Pam, Carrefour Informa e quello di Lidl a marchio Dal Salumiere).
Gli ingredienti sono sempre gli stessi: coscia di suino (o carne di suino), sale, destrosio (zucchero) aromi, ascorbato di sodio come antiossidante e nitrito di sodio come conservante. Il destrosio è presente in tutti i prodotti tranne in quello a marchio Aia. Nel cotto Rovagnati fra gli ingredienti troviamo anche l’acqua, mentre nessun prodotto contiene polifosfati, lattosio o proteine del latte.
La normativa sul prosciutto cotto
Ricordiamo che la normativa prevede tre categorie di prosciutto cotto in base al contenuto di umidità. Nel prosciutto cotto “semplice” il tasso di umidità sul prodotto sgrassato e deaddittivato (UPSD), deve essere inferiore o uguale all’82%, quello “scelto” deve arrivare al 79,5% e quello di “alta qualità” non può superare il 76,5%. I prodotti considerati sono tutti di alta qualità, tranne il Rovagnati Snello, classificato come semplice prosciutto cotto, probabilmente a causa del maggior contenuto di umidità visto che l’acqua è elencata anche fra gli ingredienti.
Per quanto riguarda l’aspetto nutrizionale, i prosciutti esaminati sono molto simili. Il contenuto calorico varia da 96 a 112 kcal per 100 g, i grassi oscillano dall’ 1,8 al 3% g e il contenuto di proteine, rimane intorno a 20 grammi. La quantità di sale varia da 1,4 a 2,3 per 100. La maggior parte di questi prodotti, se valutati con il sistema francese Nutri-Score (*), riceve il giudizio medio C, tranne i salumi a marchio Esselunga e Pam, che, grazie al contenuto di sale più basso, sono premiati con una B.
Gli ingredienti
Anche se gli ingredienti e la composizione nutrizionale sono molto simili in tutti i prosciutti considerati, il prezzo varia dai 13 €/kg di Lidl sino ai 28 euro dei prosciutti Snello Rovagnati e Aia Aequilibrium ( anche se molti supermercati propongono spesso uno di questi prosciutti in offerta, quindi i prezzi riportati in tabella possono variare molto). Per quanto riguarda i prezzi è difficile stabilire un criterio visto che a parere nostro non ci sono correlazioni precise tra listini e le categoria merceologiche definite dalla normativa (scelto, alta qualità). Rovagnati Snello, l’unico prosciutto cotto “semplice”, è fra quelli con il prezzo più alto. In generale possiamo dire che i marchi più noti rientrano nella fascia 25-28 €/kg, mentre quelli proposti con il marchio delle catene costano in media 20 €/kg, con l’eccezione di Lidl.
Per quanto riguarda l’origine della materia prima, nessuna confezione riporta riferimenti alla provenienza italiana e si presume che siano tutti ricavati da cosce di suino importate. La cosa è palusibile anche perché i suini allevati in Italia sono di solito più pesanti e più grassi e non adatti alla produzione di salumi magri.
Il prosciutto cotto e i nitriti
Accompagnato con pane o focaccia, il prosciutto cotto è un alimento bilanciato, non possiamo però dimenticare che i nitriti, utilizzati come conservanti, sono sostanze considerate potenzialmente cancerogene. È vero che le quantità ammesse dalla normativa sono piccole, ma questi sono presenti in quasi tutti i salumi, con l’eccezione del prosciutto crudo, quindi si tratta di prodotti da consumare con moderazione. A questo proposito ricordiamo che Rovagnati produce un prosciutto cotto privo di nitriti, anche nella versione “magra”. Questa è un’innovazione molto interessante, però, dato che i nitriti sono previsti dal disciplinare, l’azienda non può utilizzare la denominazione di prosciutto cotto, ma “coscia di suino cotta”.
Insomma, il prosciutto cotto magro è certamente meno grasso degli altri salumi, la lista degli ingredienti però comprende zucchero, aromi e conservanti, quindi non si può considerare un alimento da mangiare quotidianamente.
(*) Nota
Il Nutri-Score è un sistema francese che prevede da A-bollino verde, per i prodotti più equilibrati, a E-bollino rosso per quelli sbilanciati, da consumare con moderazione.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
il discorso del prosciutto cotto più magro del crudo è sempre da precisare. Vale nel complesso del prodotto, ma nel crudo il grasso è nettamente separato dalla parte magra, e quindi è possibile eliminarlo con un semplice coltello, o addirittura a mano, portandolo alla pari dei prosciutti cotti “magri”.
per quello che riguarda la cancerogeneità, mi sembra che non sia ancora così chiaro quali siano i composti delle “processed meat” che causano l’aumento dell’incidenza di k del colon nei consumatori. è uscito qualcosa che mi è sfuggito? altrimenti rassicurare sui prodotti senza nitriti mi sembra pericoloso.
Gentile giopaltri,
in effetti non è completamente chiaro quali siano i fattori che rendono cancerogene le carni trasformate, ma parte di questo effetto può essere dovuto ai nitriti, sostanze riconosciute come potenzialmente cancerogene. Proprio per questo sono state fissate soglie che ne regolano la presenza negli alimenti. In quest’ottica, produrre salumi senza nitriti, senza rischiare contaminazioni batteriche, ci sembra una possibilità interessante.