L’etichetta a semaforo Nutri-Score, già adottata da 7 Paesi europei, arriverà in aprile anche in Italia. Si tratta di 100 prodotti alimentari che, dal prossimo anno, avranno sul frontespizio il famoso logo a cinque colori osteggiato da tutti nel nostro Paese. L’azienda, che per il momento vuole mantenere l’anonimato, ha deciso di proporre il semaforo convinta di poter avere un vantaggio di marketing sui concorrenti. I suoi prodotti hanno tendenzialmente un giudizio favorevole (verde o giallo, anche se un quarto dell’assortimento sconfina nell’arancione).
L’etichetta a semaforo per vedere le differenze
La discesa in campo sarà accompagnata da un consistente investimento pubblicitario su tutte le principali reti televisive, che evidenzierà i vantaggi di scegliere i suoi prodotti. Gli spot focalizzeranno l’attenzione sul significato del semaforo per poter individuare velocemente il miglior prodotto sugli scaffali. Si potrà così vedere che i cereali per la prima colazione non sono tutti uguali, che i vasetti di yogurt e i biscotti sono molto diversi… L’arrivo di queste 100 referenze si prospetta interessante, anche perché la visibilità sugli scaffali è assicurata da accordi stipulati con le maggiori catene di supermercati. La campagna pubblicitaria sarà incentrata sul fatto che se sull’etichetta non c’è il semaforo c’è qualcosa da nascondere.
Abbiamo chiesto all’amministratore delegato come pensa di superare l’ostacolo dell’Antitrust che, due anni fa, ha stipulato accordi con Carrefour e Pescanova ottenendo che le due aziende rinunciassero a mettere l’etichetta a semaforo sui loro prodotti. La risposta è stata molto chiara: “In Italia nessuna legge vieta di adottare l’etichetta a semaforo, non ci sono decisioni legislative in questo senso. Certo l’Antitrust ha stipulato accordi privati con due aziende, ma non ha vietato nulla. L’Antitrust non può vietare l’etichetta a semaforo già adottata in mezza Europa. Oltretutto il Nutri-Score nel nostro Paese è già presente in decine di prodotti importati dalla Francia e da altri Paesi”.
L’Antitrust non ha vietato il Nutri-Score
“L’Antitrust non ha potere legislativo – prosegue l’amministratore delegato – in caso di contraddittorio presenteremo gli oltre 100 studi scientifici che attestano senza ombra di dubbio l’utilità e la validità del semaforo per i consumatori, a fronte dell’unico studio finanziato da aziende italiane che sostiene il contrario. L’Antitrust non ha preso in esame questi studi perché non sono stati presentati e la volontà di Carrefour era di cercare una soluzione veloce. Spiegheremo che in Francia sono 1.400 aziende che lo usano volontariamente (l’elenco è riportato sul sito Santé Publique France). Le motivazioni per cui l’Italia è contraria al Nutri-Score sono lobbistiche e politiche. La nostra scelta può essere considerata un intervento a gamba tesa, ma siamo convinti che funzionerà perché i consumatori italiani sono sufficientemente maturi per capire l’utilità del semaforo”.
Vi è piaciuto quello che avete appena letto? Vi siete convinti di essere come i consumatori francesi che hanno a disposizione il Nutri-Score? Peccato disilludervi: in questa storia non c’è proprio nulla di vero, si tratta di una favola che però potrebbe ispirare qualche azienda italiana.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Giuro che ci ero cascato
anch’io,peccato !
a qualcuno sarà venuto un infarto, prima di leggere la chiosa…
Ci avevo sperato e invece… questo è puro clickbait. Vergognatevi.
Non è un clickbait. È una suggestion, un modo per evidenziare il rifiuto del Nutri Score italiano e comunque si tratta di uno scenario non proprio impossibile
Cascato in pieno! Troppo bello per essere vero.
Peccato, mi avrebbe fatto molto piacere.
Penso alla delusione, il prossimo mesi di aprile, di coloro che non hanno letto l’articolo per intero.
Comunque bella suggestione, soprattutto efficace.
…accidenti… pensavo veramente che qualche azienda avesse ritrovato, in un moto d’orgoglio, gli zebedei nei pantaloni ed invece…
Già mi rallegravo … Ma a pensarci bene mi rallegro comunque. Pensare che potrebbe essere veramente uno stimolo per qualche coraggioso imprenditore a buttarsi nel caos delle etichette/diciture/claims pubblicitari/indicazioni nascoste o fuorvianti. Con un’etichetta utile, intelligente, etica e sociale.
Eh sì, perché come qualcuno che mi ha preceduto scrive, è ora di tirare fuori gli zebedei.
Azienda anonima Nutri-Score, a Napoli si dice: ogni scarafone è bello a mamma soia, e dalle parole che leggo, penso sia il vostro caso: Penso anche che i 100 studi paventati non siano stati condotti per vostro conto anzi che non ci siano proprio studi che attestano la tutela del consumatore con la NS. Penso anche che le aziende che aderiranno saranno tutte quelle che hanno prodotti che possono ottenere un buon punteggio e ovviamente non ci saranno le maggiori DOP italiane e nemmeno l’olio d’oliva. La ragione delle critiche al Nutri-Score, non solo italiane, è che per moltissimi alimenti discrimina il valore nutrizionale e non da informazioni sull’alimentazione equilibrata promossa dalla OMS da almeno 50 anni, la quale prevede le porzioni. Io sono sempre stato d’accordo con il Nutri-score ed anche che sia obbligatorio per legge, ma la dove è veramente utile, cioè sui prodotti ultra-processati di cui da qualche hanno abbiamo anche un elenco abbastanza preciso (sistema di classificazione NOVA). Se foste in grado di “vendere” il NS a tutte le aziende che producono i prodotti ultra-processati vi meritereste una menzione del Presidente della repubblica.