Dopo tante discussioni, in Gran Bretagna la tassa sulle bevande zuccherate (sugar tax) è entrata in vigore e gli effetti si fanno già notare. Basta confrontare la dichiarazione nutrizionale di alcune bibite vendute sia in Italia sia nel Regno Unito per rendersi conto di come il contenuto di zucchero sia drasticamente calato per evitare la tassazione.
Nella maggior parte dei casi la quantità di zucchero delle bevande vendute oltre la Manica è dimezzata. In Inghilterra il contenuto di zuccheri di Fanta e Schweppes varia da 4,5 a 4,9 g per 100 ml, mentre in Italia oscilla fra 8,9 e 11,8 g! Lo stesso vale per l’aranciata Sanpellegrino, di proprietà di Nestlè, che nel nostro Paese ha 10,1 g di zuccheri, mentre in UK solo 4,7 g.
Ma la rivoluzione non ha investito tutte le bevande allo stesso modo. Per esempio, Coca-Cola ha la stessa ricetta in tutti i Paesi (10,6 g di zucchero), anche se altre bevande della multinazionale di Atlanta sono state riformulate. Lo stesso si può dire anche per la Pepsi, che in Italia contiene 11 g di zuccheri contro i 10,9 del Regno Unito, e per 7Up (7 g). Curioso invece il caso della Sprite – bibita del gruppo Coca-Cola – che al contrario di tutte le altre bevande contiene meno zuccheri in Italia (1,9 g) rispetto al Regno Unito (3,3 g).
Da un primo bilancio, la tassa sulle bibite zuccherate per ora sembra avere un certo successo, almeno per quanto riguarda la riformulazione dei prodotti. L’etichetta a semaforo francese Nutri-Score(*) conferma questo cambiamento. Tutte le bevande in cui il contenuto di zuccheri è stato ridotto registrano una ‘promozione’, passando dal bollino rosso a quello arancione. Anche se la sugar tax si sta sempre più diffondendo in Europa (come l’Irlanda, che ha ottenuto il via libera dall’Unione europea), in Italia nessuno ne parla e anche le istituzioni sanitarie che dovrebbero prendere l’iniziativa non mostrano interesse.
(*) Il Nutri-Score è il modello di etichettatura a semaforo adottato ufficialmente in Francia, che dà un punteggio agli alimenti sulla base dei nutrienti contenuti (considerando sia quelli benefici per la salute sia quelli da limitare). L’etichetta prevede una gamma di cinque colori, che varia tra il verde intenso e il rosso, abbinati alle prime cinque lettere dell’alfabeto, dalla ‘A’ alla ‘E’. Le lettere esprimono il livello di salubrità (ottimo per la ‘A’, minimo nella ‘E’). Il sistema è adottato volontariamente dalle aziende.
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
il motivo del disinteresse è la totale ignoranza di molti medici anche nutrizionisti.; si pensi a quella “nutrizionista” della prova del cuoco che incentiva all’uso dei frullati alla frutta con mille frutti tutti insieme senza capire che in questo modo dalla frutta in questione si eliminano le fibre e si liberano tutti gli zuccheri (fruttosio) con gli stessi effetti di una bevanda zuccherata
bell’articolo.