L’insorgenza del diabete di tipo 2 potrebbe essere favorita da alcuni emulsionanti utilizzati negli alimenti. È quanto emerge dalla ricerca Nutri-Net Santé, studio francese di coorte (ricerca non sperimentale ma di osservazione, che segue un gruppo di persone per diversi anni) che ha coinvolto più di centomila persone, pubblicato su The Lancet Diabetes and Endocrinology. Lo stesso gruppo di ricercatori, in precedenza ha pubblicato altri studi sugli emulsionanti e i rischi per la salute (leggi qui l’articolo su additivi emulsionanti e rischio di cancro e cardiovascolare).
Il diabete di tipo 2 è una patologia che si manifesta di solito dopo i 30-40 anni, fra i cui fattori di rischio ricordiamo l’obesità e la mancanza di attività fisica (informazioni approfondite sul sito Epicentro). La prevenzione è basata principalmente sull’adozione di una dieta equilibrata e corrette abitudini di vita, ma la prevalenza di questa malattia, cioè il numero di persone malate in rapporto alla popolazione totale, è in aumento da diversi anni. Si registra inoltre un maggior coinvolgimento di pazienti giovani.
Il ruolo degli alimenti ultra processati
In Europa e Nord America il 30-60% dell’introito calorico degli adulti proviene da alimenti ultra processati e diverse ricerche suggeriscono un legame fra un elevato consumo di questi alimenti e la comparsa di diabete e altre patologie metaboliche. Gli emulsionanti – come carragenine, fosfati e gomma di guar – sono fra gli additivi alimentari più diffusi. Sono utilizzati per esempio in prodotti da forno confezionati, pasticceria, creme, yogurt, gelati e piatti pronti, per migliorarne la consistenza o la conservabilità.
Come tutti gli additivi alimentari, gli emulsionanti sono autorizzati dalle agenzie per la sicurezza alimentare in base alle evidenze scientifiche disponibili. In anni recenti, però, diversi studi hanno suggerito l’ipotesi che gli emulsionanti utilizzati negli alimenti potrebbero avere effetti negativi sul microbiota intestinale, aumentando il rischio di infiammazione e di squilibri metabolici potenzialmente correlati allo sviluppo di diabete.
Lo studio su diabete ed emulsionanti
Lo studio francese ha analizzato i dati di 104.139 adulti, seguiti per 14 anni, ai quali i ricercatori hanno chiesto, ogni sei mesi, di redigere un diario alimentare delle 24 ore riferito a tre giorni non consecutivi. Gli additivi alimentari cui sono stati esposti i partecipanti sono stati valutati in modo qualitativo e quantitativo, tenendo conto delle caratteristiche specifiche degli alimenti consumati, considerando i marchi industriali.
A 1.056 persone, pari all’1% dei partecipanti, nel corso dello studio è stato diagnosticato diabete di tipo 2. La ricerca di eventuali correlazioni fra additivi alimentari e comparsa della patologia ha tenuto conto di numerosi fattori di rischio noti, come età, sesso, peso, storia famigliare, abitudine a bere alcol e a fumare, attività fisica e qualità nutrizionale della dieta.
I ricercatori hanno evidenziato (e quantificato in modo specifico) un aumento del rischio di diabete di tipo 2 associato a diversi emulsionanti utilizzati negli alimenti: carragenine (E407), fosfato di potassio (E340), esteri mono- e diacetiltartarici di mono- e digliceridi degli acidi grassi (E472e), citrati di sodio (E331), gomma di guar (E412), gomma arabica (E414) e gomma di xanthan (E415).
Gli autori dello studio fanno notare che si tratta di risultati preliminari, da confermare con ulteriori ricerche, in particolare per individuare il meccanismo causale. Si tratta comunque di uno studio molto ampio, che in qualche modo conferma gli effetti negativi di queste sostanze messi in luce da precedenti esperimenti. L’insieme di queste evidenze dovrebbe spingere i decisori a rivedere la normativa che regola l’utilizzo degli emulsionanti negli alimenti, anche perché la dose giornaliera ammissibile (quando stabilita) si basa su studi di citotossicità e non prende in considerazione ricerche epidemiologiche come quella di cui parliamo. Insomma, un altro campanello d’allarme che dovrebbe spingerci a moderare il consumo degli alimenti ultra processati.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
lentamente la scienza, sulle tracce dei tanti additivi immessi sul mercato, continua a scoprire verità che suonano scomode per l’industria (ma anche per gli artigiani, oggigiorno!) dei prodotti alimentari processati. chissà se, a osservare queste evoluzioni della conoscenza alla finestra, ci saranno anche persone responsabili delle politiche alimentari e sanitarie europee (in Italia quasi sempre le ultime ad arrivare e a “stare sul pezzo”). comunque, buon per chi s’informa su queste novità…
complimenti ottime osservazioni e ritrovati: la scienza, con la ricerca del dato, è sempre in movimento. grazie