
I dolci sono tentazioni cui è quasi impossibile resistere per diverse ragioni: biologiche (lo zucchero che contengono è una fonte rapida di energia); psicologiche (evocano ricordi felici dell’infanzia, come le madeleine inzuppate nel tè di Proust); emotive (per le loro qualità gustative danno sensazioni di piacere e gratificazione); sociali e culturali (uniscono le persone durante pause caffè, compleanni, eventi culturali e feste comandate, creando un’atmosfera di convivialità).
Il fantomatico ‘stomaco da dessert’
Curiosamente, la voglia di consumare dolci può insorgere anche dopo aver mangiato a sazietà. Questo fenomeno è comunemente noto come ‘stomaco da dessert’ (in inglese ‘dessert stomach’). L’espressione lascia intendere che il nostro stomaco ha un compartimento speciale riservato ai dolci. In effetti, è solo una metafora per indicare che, anche se siamo pieni dopo un pasto, raramente rifiutiamo un dolce. Gli scienziati, rigorosi come devono essere, parlano invece di ‘sazietà sensoriale specifica’ (1).
In pratica succede che, durante un pasto, il nostro appetito per gli alimenti che stiamo consumando diminuisce gradualmente fino a scomparire e, una volta sazi, possiamo addirittura provare disgusto al solo pensare di consumare ingredienti delle pietanze appena consumate. Viceversa sorge la voglia per alimenti, come quella dei dolci, che hanno sapori diversi dalle pietanze appena consumate.
Lo studio
Una ricerca pubblicata a febbraio sulla prestigiosa rivista Science (2), ha fornito dati grazie ai quali si è cominciato a far luce sul fenomeno denominato ‘stomaco da dessert’. Il lavoro è stato portato avanti da un folto gruppo di studiosi provenienti da vati istituti scientifici internazionali e coordinata da Henning Fenselau, neurobiologo del Max Planck Institute for Metabolism Research di Colonia.

La ricerca è stata svolta utilizzando i topi, perché i ricercatori hanno accertato che anche questi animali hanno una sorta di ‘stomaco da dessert’. I risultati più interessanti sono stati:
- I topi smettono di mangiare perché un gruppo di cellule nervose, i cosiddetti neuroni POMC, localizzate nell’ipotalamo, quando ricevono per via vagale il segnale che lo stomaco è pieno, attivano un processo neuro-ormonale che genera la sensazione di sazietà
- Se i topi sazi assaggiano, o soltanto percepiscono lo zucchero, gli stessi neuroni rilasciano ß-endorfina (il termine sta a indicare che si tratta di una morfina endogena), la quale è capace di indurre il desiderio di dolci.
- Questo fenomeno non si osserva se i topi sazi consumano, al posto dello zucchero, il loro cibo abituale o grassi.
- Bloccando il rilascio di ß-endorfina mediante optogenetica, una moderna tecnica impiegata in neurobiologia, i topi sazi perdono la voglia di zucchero
- Nei volontari che ricevono una soluzione di zucchero per via enterale, si osserva l’attivazione di una regione del cervello che appare identica a quella dei topi. Ciò suggerisce che i risultati ottenuti per i topi possono valere anche per gli esseri umani.
Secondo Fenselau, questi risultati meritano approfondimenti perché lasciano intravedere la possibilità di sviluppare terapie per curare l’obesità bloccando i meccanismi cerebrali che portano all’attrazione per i dolci e, di conseguenza, al loro consumo.
La brutta storia del farmaco che bloccava il desiderio di dolci
Sadaf Farooqi, ricercatrice dell’università di Cambridge, nota per le sue ricerche sulla genetica dell’obesità, consiglia molta prudenza se si vuole percorrere questa strada per curare l’obesità (3). Il motivo risiede nel fatto che l’umore di ciascuno di noi dipende anche dalla sensazione di piacere derivante dal consumo di zuccheri (e grassi)(4).
La raccomandazione di questa scienziata richiama alla memoria la dolorosa storia dell’Acomplia. Un farmaco, prodotto dalla Sanofi-Aventis e registrato nel maggio 2008 per il trattamento dell’obesità, agiva proprio causando il rifiuto di dolci e grassi perché inibiva i meccanismi cerebrali che ne determinano il desiderio. Tuttavia, cinque mesi dopo la sua registrazione, il farmaco fu ritirato dal commercio per l’elevato rischio di effetti collaterali psichiatrici, tra cui disturbi depressivi, suicidio, ansia e aggressività. Non è finita. C’è anche la storia dei farmaci antiobesità a base di anfetamine, anch’essi ritirati dal commercio per gli effetti collaterali gravi anche a livello mentale.

Desiderio sì, dipendenza no
La voglia di dolci dopo un pasto è normale, ma questa normalità non deve essere interpretata come un invito a rimpinzarsi ogni volta che se ne abbia voglia. Di norma i dolci sono ricchi di zucchero ed è risaputo che un consumo eccessivo di questi nutrienti, soprattutto di quelli liberi (cioè quelli aggiunti e quelli presenti nel miele, negli sciroppi e nei succhi di frutta), comporta rischi per la nostra salute (ne abbiamo parlato in questo articolo). Inoltre, bisogna tener presente che lo zucchero, proprio come il sale, se consumato in eccesso, può creare una sorta di dipendenza: più se ne consuma, maggiore diventa il desiderio di consumarne.
Per questi motivi l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda di assumerne quotidianamente una quantità inferiore al 10% di zuccheri liberi, meglio ancora se si arriva al 5%, rispetto all’apporto energetico totale della dieta. Per una persona che assume 2.000 kcal al giorno, il 10 o il 5% delle calorie corrispondono rispettivamente a 50 e a 25 g di zucchero. L’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA), invece, si limita a dichiarare che il consumo di zuccheri liberi deve essere il minimo possibile, spiegando che non ci sono evidenze scientifiche per stabilire una soglia (ne abbiamo parlato in questo articolo). Un fatto però è certo: con una singola porzione di dolci di pasticceria o industriali, come (gli ahimè seducenti!) tiramisù, il consumo potrebbe essere di circa 40 g, quindi non molto al sotto della soglia del 10% fissata dall’OMS.
Come soddisfare lo ‘stomaco da dessert’ e la voglia di dolci
Per soddisfare la voglia di zucchero senza il rischio di assumere troppe calorie ci sono diverse soluzioni. La frutta, specialmente quella a basso indice glicemico (ne abbiamo parlato in questo articolo), sotto forma di macedonia è un dessert ideale. Attenzione però perché la frutta o la macedonia non deve esser addolcita con zucchero, sciroppi o succhi.
La frutta si può anche combinare con altri ingredienti per preparare ottimi dessert. Con farina integrale o fiocchi di cereali (per esempio, biscotti di avena e banana, torta di mele, muffin con vari tipi di frutta, pancake alla banana). La quantità di zucchero libero presente in questi dolci con farina non arriva a 10 g/porzione. Le mele possono essere cucinate al forno affiancate con uva passita e cannella, la frutta può essere aggiunta allo yogurt naturale Se non ci sono controindicazioni di carattere medico e la dieta è equilibrata, questi dolci possono anche essere consumati ogni giorno ma con l’accortezza di non superare la porzione consigliata. I dolci super zuccherati e ipercalorici vanno consumati nelle occasioni speciali.
Un’ultima segnalazione riguarda la possibilità di sostituire gli zuccheri nei dolci con edulcoranti di sintesi. Non è una buona idea. L’OMS informa che il consumo di queste sostanze, che rientrano nella categoria degli additivi alimentari, può essere nocivo quanto quello degli zuccheri (ne abbiamo parlato in questo articolo). In conclusione, nessuna rinuncia, perché parafrasando un antico saggio “è meglio mangiare un dolce che sognarlo”, ma bisogna anche avere una certa moderazione.
Matteo Giannattasio (medico e agronomo, già docente del corso Qualità degli alimenti e salute del consumatore all’Università di Padova)
Note
1. B. J. Rolls et al. Sensory specific satiety in man. Physiol. Behav. 27, 137-142 (1981)
2. Minère M. et a. Thalamic opioids from POMC satiety neurons switch on sugar appetite. Science 387, 750–758 (2025)
3. Farooqi S. Understanding the desire for dessert A neural circuit in mice mediates the preference for high-sugar food after a meal. Science 387, 717- 718 (2025)
4. Christensen L. The effect of the food intake on mood. Clinical Nutrition 20, 161-166 (2001)
© Riproduzione riservata Foto: Depositphotos
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