Negli ultimi anni si sta manifestando un aumento di interesse da parte dei consumatori verso gli alimenti piccanti, un cambiamento di preferenze che interessa soprattutto le generazioni più giovani. In alcune aree del mondo le spezie piccanti sono parte integrante della tradizione alimentare, e con la contaminazione tra diverse abitudini culinarie questi sapori sono sempre più diffusi anche dove prima non lo erano. Ma l’interesse verso il piccante va anche in direzioni diverse dall’apertura verso altri orizzonti gastronomici: l’elemento piccante si inserisce in una sempre maggiore varietà di prodotti di largo consumo, comprese le bevande, e in alcuni casi arriva a prendere la forma di una ‘esperienza’ da provare anche nelle sue sfumature più estreme, per esempio tramite l’ingestione di peperoncini con un valore sempre più alto della scala Scoville.
Cibo piccante sempre più estremo
Negli ultimi mesi è stata oggetto di discussione la sicurezza di prodotti alimentari con un particolare grado di piccantezza: prima in merito alla “patatina più piccante del mondo”, a causa della morte di un ragazzo negli Stati Uniti dopo la sua ingestione, forse anche per una patologia cardiaca congenita (ne avevamo parlato in questo articolo sulla Hot Chip Challenge), e di recente rispetto a una linea di noodles istantanei piccanti, ritirati dagli scaffali danesi per il possibile rischio di avvelenamento.
Quando si parla del consumo di cibo piccante però c’è molta confusione, e in base alle casistiche se ne evidenziano potenziali effetti positivi o negativi, sia per quanto riguarda quello di comune utilizzo, come il peperoncino, sia nei confronti degli alimenti sviluppati appositamente per raggiungere i limiti della tolleranza.
Facciamo chiarezza
Per poter fare chiarezza bisogna prima capire cosa si intende quando si parla di cibo piccante. Il dottor Antonio Pratesi, medico nutrizionista, spiega che: “Il piccante è una sensazione di bruciore causata dalla stimolazione di recettori del calore presenti sulla pelle e sulle mucose, come ad esempio nella cavità orale. Questa sensazione può essere stimolata da diverse sostanze, come la capsaicina presente nei peperoncini; la piperina nei vari tipi di pepe; isotiocianato e isosolfocianato nella senape, wasabi, rafano, rapanelli; l’allicina nell’aglio, cipolla e piante simili. Quando si parla di alimenti piccanti generalmente però ci si riferisce alla capsaicina dei peperoncini e in secondo luogo alla piperina del pepe.”
“I peperoncini sono considerati degli alimenti salutari e alcuni studi sembrano confermare che le persone che ne mangiano di più vivono più a lungo. – Continua il dott. Pratesi. – Coloro che ne mangiano di più tendono a essere più magri e questo sembra legato a un aumento del metabolismo basale attraverso l’attivazione del tessuto adiposo bruno.”
“Il metabolismo basale – spiega Pratesi – è il dispendio calorico totale che ognuno di noi ha quando rimane immobile disteso in un lettino per 24 ore ed è dovuto al mantenimento delle funzioni vitali (attività di fegato, reni, cuore, cervello, pompe sodio-potassio e turnover dei proteine corporee…). Il metabolismo basale è responsabile di circa il 60% del dispendio calorico totale che in più comprende (rispetto al solo metabolismo basale) l’attività fisica e il dispendio calorico legato ai processi digestivi. Il tessuto adiposo bruno è un particolare tipo di grasso che è responsabile della produzione di calore, dissipando una grande quantità di energia.”
Gli effetti benefici del piccante
Benché diversi studi evidenzino possibili effetti benefici dell’inserire il peperoncino nella propria dieta, non significa che basti solo questo cambiamento nella dieta per ottenere dei risultati: “Se qualcuno pensasse di iniziare a introdurre peperoncino in grandi quantità nella sua dieta per perdere peso, ricordiamo che l’obesità è una malattia complessa che richiede un approccio multidimensionale e non può essere risolta con un alimento magico, un integratore o un farmaco.”
Un utilizzo moderato può avere degli effetti positivi anche nel lungo periodo: “Uno dei vantaggi legati all’uso di peperoncini è la riduzione del consumo di sale, che è associato nel mondo a milioni di morti, in quanto aumenta il rischio di ipertensione arteriosa (uno dei maggiori fattori di rischio di malattie cardiovascolari). L’uso di spezie per insaporire i cibi permette di ridurre l’uso di sale, inoltre il peperoncino aumenta la percezione del salato consentendo di usare meno sale negli alimenti.”
Il peperoncino
Riferendosi sempre al normale peperoncino, “i numerosi studi sugli effetti metabolici non hanno evidenziato problemi per la salute, anzi avrebbero addirittura un effetto ergogeno (cioè aumentano la performance fisica) sia per quanto riguarda la corsa che l’allenamento alla forza. Un problema legato ai peperoncini di importazione, e non, può essere invece la contaminazione da pesticidi, batteri, oppure da sostanze naturali come le aflatossine. Ci sono aziende in Italia che importano all’ingrosso spezie da tutto il mondo e che grazie a rigidi controlli ne garantiscono la salubrità sotto ogni punto di vista.”
I possibili effetti positivi del peperoncino nel lungo periodo non giustificano però la ricerca di livelli di piccantezza così alti da diventare potenzialmente dannosi, così come la messa in atto di giochi o sfide per testare il proprio grado di tolleranza. “Le competizioni con l’uso di varianti sempre più piccanti di prodotti contenenti peperoncino ha prodotto in alcuni casi delle reazioni così violente (vomito) da causare addirittura la rottura dell’esofago, che è una eventualità che può portare alla morte. Le competizioni pubbliche che si basano sull’uso di cibo e bevande alcoliche dovrebbero essere vietate per tutelare la salute delle persone.”
Abituarsi al piccante si può
Chi invece non è abituato al piccante e vorrebbe inserire questo sapore nella propria dieta può farlo, perché è possibile allenare la propria tolleranza: “La tolleranza, cioè la riduzione della risposta a una sostanza, determinata dall’assunzione ripetuta che induce assuefazione, può essere indotta anche dall’uso di peperoncino. Ad esempio la stimolazione ripetuta della mucosa nasale con capsaicina causa un bruciore molto intenso che si attenua giorno dopo giorno fino a scomparire in cinque giorni: la stimolazione determina il rilascio da parte delle terminazioni nervose di una sostanza algogena: un neurotrasmettitore del dolore detto sostanza P. Ripetute stimolazioni in giorni successivi causano un esaurimento di questa sostanza che per essere riprodotta necessita di un paio di settimane.”
“Questa caratteristica, cioè l’esaurimento della sostanza P, è stata usata con successo per curare patologie come la cefalea a grappolo (usando la capsaicina a livello nasale), la sindrome dell’intestino irritabile (usando per bocca compresse di polvere di peperoncino) e la dispepsia cronica associata a nausea e dolori addominali.La capsaicina viene usata a livello cutaneo nella sindrome post erpetica che è un intenso e prolungato dolore che permane in alcuni casi dopo aver avuto l’Herpes Zoster. Altre patologie possono beneficiare dell’uso farmacologico della capsaicina: pruriti cutanei localizzati, l’osteoartrite, la neuropatia diabetica, la vulvodinia da causa non nota…”
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Siete sicuri che il piccante sia un sapore? Non lo è.
Anzi essendo la capsicina un irritante delle papille gustative la logica direbbe che il peperoncino riduca la capacità di sentirli i sapori.
Tecnicamente non è un sapore, vero.
Senza esagere però può essere un’altra sensazione che si aggiunge a quelle di caldo freddo croccante…che siamo solito utilizzare in cucina.
Da quando vivo in Messico ho scoperto un mondo per quanto riguarda i peperoncini.
In italia/Europa siamo abituati a chiamarli peperoncini, in modo generico senza alcuna informazione sul cultivar e li usiamo solo per dare la sensazione di piccante.
Qua ogni peperoncino è rigorosamente chiamato per nome e i sapori sono completamente differenti.
Il chile Guajillo è quasi fruttato e dolce, il Pasilla caldo e ricorda a tratti la liquirizia, il Piquin è molto “vegetale”, l’Habanero è fresco, citrico.
E il piccante è una caratteristica fra le tante.
Nella mia zona ogni anno c’è una specie di piccola mostra mercato di piantine di peperoncino di ogni tipo, confermo la varietà di “gusti”, addirittura uno ricorda il cioccolato…
Ottimo articolo , bravi
Contributo estremamente interessante, con informazioni sugli effetti terapeutici della capsaicina (io ho sempre trovato il termine capsicina) da ma sconosciuti.
Trovo interessanti sia l’informazione che il peperoncino aumenta la percezione del gusto “salato”, sia le definizioni del tessuto adiposo bruno e di metabolismo basale.
All’elenco dei cibi piccanti (ad inizio dell’articolo) aggiungerei lo zenzero, e degli ortaggi come le carote, i peperoni e le melanzane (tutti però in versione non ibridata!).
Trovo, inoltre, utile per tutti ricordarci che abbiamo la possibilità di allenare la nostra tolleranza al gusto “piccante”.
Infine, una maggior frequenza di consumo di cibi piccanti potrebbe contribuire a ridurre in consumo di vino; in quanto, notoriamente, poco abbinabile come gusto.
e per la prostata?
Ci sono alcuni interessanti studi preliminari per lo più su modelli animali o in vitro sulla relazione tra capsaicina e tumore della prostata (effetto protettivo): https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/27529277/
Articolo interessante.
Non so se può essere, ma nel caso della mia famiglia è genetico, avendo in parte origini ungheresi, mio nonno e il fratello di mia madre (mio zio), consumavano cibo molto piccante senza problemi, e la paprika piccante era uno degli ingredienti principali nella cucina di mio nonno.
Mia madre al contrario, ha una sopportazione minima, forse si trasmette per linea maschile…
Quando da piccolo voleva che non mangiassi qualcosa, ha provato a mettere pepe e pure la paprika (per disperazione), ma ottenendo l’effetto contrario, dato che mi piaceva, e mangio regolarmente piccante anche oggi.