Due hot dog con senape e ketchup su un piatto di legno con patatine fritte e salse; concept ultra processati, junk food

Gli alimenti ultra processati (UPF), il cui successo sembra inarrestabile, andrebbero trattati come il tabacco. E a dirlo non è qualche oltranzista salutista ma Carlos Monteiro, il nutrizionista dell’Università di San Paolo, in Brasile, che ha coniato il termine stesso “ultra processati”, suddividendo gli alimenti in quattro classi in base al sistema NOVA. In un congresso internazionale dedicato all’obesità ha infatti chiesto una guerra senza precedenti al cibo industriale. Lo riferisce il Guardian, che illustra le motivazioni dell’esperto.

In numerosi Paesi, più della metà delle calorie arriva ormai da un alimento ultra processato, e la percentuale, nelle fasce più giovani, sfiora l’80%. Eppure gli alimenti industriali ricchi di sale, zuccheri, grassi e additivi sono all’origine dell’epidemia di diabete e obesità, e di diverse altre malattie croniche, come ha confermato di recente uno degli studi più importanti realizzati finora, individuando ben 32 patologie riconducibili a un eccesso di consumo di ultra processati.

Cereali da colazione colorati in una tazza con cucchiaio, appoggiata su una superficie rosa
In numerosi Paesi, più della metà delle calorie arriva ormai da alimenti ultra processati e la percentuale, nelle fasce più giovani, sfiora l’80%

A fronte del danno certo, però, i continui appelli della comunità scientifica, gli studi, le linee guida si stanno rivelando inefficaci. E allora non resta che una strategia molto più aggressiva: vietare qualunque tipo di pubblicità, obbligare a inserire scritte simili a quelle presenti sui pacchetti di sigarette, vietare la vendita nelle scuole, negli ospedali e nei centri pubblici e anche entro un certo raggio da essi, e introdurre tasse ad ampio spettro e molto pesanti, i cui ricavati siano devoluti al sostegno del consumo di alimenti quali frutta e verdura. Solo un approccio di questo tipo ha fermato Big Tobacco.

Il confronto con Big Tobacco

Per decenni le aziende del tabacco, quasi tutte multinazionali capaci di potenti azioni di lobbying, avevano infatti impedito che venisse fuori una verità nota fino dagli anni Settanta, e cioè che il fumo di tabacco aveva effetti dannosi su tutto l’organismo. I metodi, emersi nel tempo e dimostrati in cause miliardarie, hanno delineato una strategia su più fronti, con accordi tra le aziende per mascherare, dissimulare, procrastinare il più a lungo possibile le informazioni che si stavano accumulando, allo scopo di continuare a fare profitti stratosferici. Tra di essi vi erano anche accurate tattiche di distrazione di massa, che cercavano di attirare l’attenzione su altro e non sul fumo, come origine delle malattie, grazie anche alla complicità di alcuni medici e ricercatori ben pagati.

Tutto questo si ritrova anche nel settore degli ultra processati, come denunciano da anni, per lo più inascoltati, nutrizionisti come Marion Nestle, e come è stato dimostrato con documenti segreti per le aziende che producono bevande zuccherate. Per questo, secondo Monteiro, è indispensabile agire come si è fatto con il fumo, anche perché, data la pervasività degli ultra processati, pensare di attendere le riformulazioni di migliaia di prodotti è quantomeno ingenuo. Oltretutto, come il tabacco, questi prodotti generano dipendenza. Non tutti concordano con Monteiro, a partire dalla definizione stessa di ultra processati che, secondo alcuni, sarebbe troppo ampia e penalizzerebbe anche alimenti e bevande non dannosi.

Ragazza mangia junk food e beve bibita zuccherata tipo Coca-Cola davanti al computer
Secondo Monteiro, è indispensabile agire contro gli ultra processati come si è fatto con il fumo

L’avanzata degli ultra processati

Di certo, il successo non sembra conoscere battute d’arresto, e neppure rallentamenti. Anzi, gli ultra processati stanno rimpiazzando via via gli alimenti legati alle culture locali anche in paesi come il Giappone, come dimostra uno studio sui giovani giapponesi uscito nelle scorse settimane. Come riferisce il sito Food Navigator, questo è dovuto in gran parte al cambiamento nelle abitudini alimentari visibile un po’ ovunque.

Secondo la società specializzata Innova Market tre consumatori su cinque, nel mondo, acquistano almeno una volta alla settimana un alimento pronto a basso prezzo, e uno su cinque lo fa tutti i giorni, e la tendenza è all’aumento (del 3% su base annua). Ciò accade perché il modello sociale è profondamente cambiato quasi ovunque, spiegano gli autori, e oggi non esiste quasi più la figura della persona che, non lavorando, può occuparsi della preparazione domestica dei cibi. E questo è vero anche nei Paesi come India e Indonesia, perché i prezzi bassi dei cibi pronti rendono questi prodotti accessibili a chiunque e anzi, molto spesso convenienti. Sempre secondo Innova, un consumatore su cinque, soprattutto se giovane, pensa che il tempo impiegato a cucinare sia tempo perso: al massimo, concede mezz’ora alla preparazione. 

Come frenare l’avanzata degli ultra processati?

Per cercare di rispondere adeguatamente a un trend che con ogni probabilità non è modificabile, infine, sta emergendo una sorta di via di mezzo, ossia la vendita di intermedi che rendano la preparazione del pasto semplice e veloce. Secondo Statista, un’altra società di analisi di mercato, entro il 2029 i meal kit varranno più di venti miliardi di dollari. E qui si inserisce una speranza. I consumatori sono comunque sempre più attenti alla salubrità di ciò che mangiano, e quattro su dieci diffidano degli ultraprocessati e cercano di evitare per esempio carni rosse lavorate. Per reazione, la tendenza delle aziende sembra essere quella si proporre pasti pronti o intermedi per prepararli al massimo in 30 minuti, ma con una qualità nutrizionale superiore rispetto al classico cibo industriale, partendo da meno ingredienti e illustrando con chiarezza in etichetta che cosa si sta acquistando.

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gianni
gianni
14 Luglio 2024 20:45

Il parallelo con il tabacco ci può stare ma bisogna ricordare che ancora oggi il fumo, nonostante il carico schiacciante di prove di pericolosità, non è stato raso al suolo, è praticato da molto più di 1miliardo di persone (e non si sa quanti ricorrono al nuovo opaco fumo chimico), un bel mucchio di gente che non ha capito e si autodefinisce ” smetto quando voglio “.
Il business resiste e prospera in forme meno convenzionali, resiste e rende, con appoggi e motivazioni insospettabili.
Quindi i provvedimenti presi contro il tabacco si possono considerare forti ma meglio aspettare con i trionfalismi, la via è ancora lunga.
Le prove e gli allarmi sugli UPF sono meno eclatanti, le fattispecie sono molto più complesse con molti fattori che concorrono al risultato.

Questa review afferma si alcune cose ma al condizionale, timidamente, nessuna vera certezza può essere chiaramente dichiarata, non sembrano crederci nemmeno loro.
1—I risultati negativi per la salute associati agli alimenti ultra-elaborati possono non essere pienamente spiegati solo dalla loro composizione di nutrienti e dalla loro densità energetica, ma anche dalle proprietà fisiche e chimiche associate a metodi di lavorazione industriali, ingredienti e sottoprodotti.
2—le alterazioni della matrice alimentare durante l’elaborazione intensiva, nota anche come ricostituzione dietetica, possono influenzare la digestione, l’assorbimento dei nutrienti e la sensazione di sazietà.
3—le prove emergenti negli esseri umani mostrano collegamenti tra l’esposizione agli additivi, compresi dolcificanti non zuccheri, emulsionanti, coloranti e nitrati / nitrati e risultati dannosi per la salute.
4—Inoltre, un crescente numero di dati mostra casi di esposizione a combinazioni di additivi multipli, che possono avere potenziali “effetti da cocktail” con maggiori implicazioni per la salute umana rispetto all’esposizione a un singolo additivo.
5—In terzo luogo, la lavorazione industriale intensiva degli alimenti può produrre sostanze potenzialmente dannose che sono state collegate a rischi più elevati di malattie infiammatorie croniche, tra cui acroleina, acrilammide, prodotti finali della glicazione avanzata, furani, ammine eterocicliche, acidi grassi trans industriali e idrocarburi policiclici aromatici..
6—Infine, gli alimenti ultra-elaborati possono contenere contaminanti con implicazioni per la salute che migrano da materiali di imballaggio, come bisfenoli, microplastiche, oli minerali e ftalati ( in buona compagnia con tutti i confezionati ).

Molte cose da riconsiderare, concordo che l’infinità di additivi e di formulazioni sono difficilmente controllabili, ma prima di tutto qualcuno nella stanza dei bottoni vuole veramente farlo? a volte i proclami sembrano funzionali all’apparenza e non alla intera sostanza, in una ottica settoriale………
Lo stato attuale di cose infatti non è nato in una notte ma è il risultato di decenni di ipnosi scientifica riduzionista, e non vedo segni decisivi di voler invertire la rotta e di esaminare i problemi attraverso la lente della precauzione.

Carla Zanardi
Carla Zanardi
8 Agosto 2024 12:15

Argomento interessante che, penso, meriti un passo in più. Un elenco di massima degli alimenti ultraprocessati più diffusi da noi. Per allenarci ad evitarli.

Renato Delfiol
Renato Delfiol
8 Agosto 2024 18:40

Buingiorno, son d’accordo di vietare gli alimenti contenenti troppi grassi e sale, ma le definizioni che vengono date degli alimenti utraprocessari sono fuorvianti. Addirittura si dice che oltre tre ingredienti sono ultraprocessati. Prendiamo un pane un po’ condito: farina (grano, segale, orzo, contano 1?), acqua, sale, lievito di birra, olio EVO, semi di lino: sono molti ingredienti, ma il risultato non è pericoloso.

Roberto La Pira
Reply to  Renato Delfiol
9 Agosto 2024 12:30

Sono d’accordo quando si dice che tre ingredienti sono davvero pochi. Dipende dal prodotto