Le micotossine (da mico = fungo) sono prodotti del metabolismo secondario di alcuni funghi appartenenti ai generi Aspergillus, Penicillium e, soprattutto, Fusarium. Sono stati classificati circa 1.100 ceppi fungini capaci di produrre oltre duemila tossine molto diverse tra loro (CAST, 2003). La contaminazione da micotossine nella granella oltre certi limiti provoca effetti tossici particolarmente insidiosi (cancerogeni, mutageni e immunodepressivi) negli uomini e negli animali. Queste sostanze causano intossicazioni alimentari (micotossicosi) che comprendono diverse affezioni, acute e croniche, che colpiscono gli animali con l’assunzione di mangimi contaminati, e l’uomo attraverso il consumo di alimenti contaminati.
Nei prodotti alimentari finiti le micotossine si trovano con facilità, ma non bisogna associare direttamente la loro presenza con il livello di allarme tossicologico. Oggi la disponibilità di tecniche analitiche sempre più accurate e sensibili ha portato ad un abbassamento della soglia di rilevazione aumentando la frequenza di riscontri “positivi” ma non sempre associati a un rischio tossicologico concreto.
Numerosi sono stati i casi di micotossicosi acute verificatesi in diverse epoche storiche in varie parti del mondo e riconducibili al consumo di alimenti fortemente contaminati. Effetti gravemente patologici e socialmente rilevanti su intere popolazioni si sono avuti soprattutto dopo periodi estivi caratterizzati da elevata ed anomala piovosità, che interferiva soprattutto sui regolari fenomeni di maturazione ed asciugamento delle granelle e loro stoccaggio.
Oggi i raccolti sono ben controllati e i limiti delle contaminazioni, comunque non azzerabili, sono però studiati a lungo da staff di ricercatori internazionali. Si tratta ovviamente di stabilirne limiti prudenziali – altamente prudenziali – tramite lunghi studi seri e validati con metodo scientifico internazionale dai più preparati conoscitori della materia. Ebbene il DON, la micotossina da Fusarium più frequente nei cereali vernini (ma ce ne sono decine di altre) esiste da sempre e in quantità mostruosamente superiori, veramente causa di epidemie con migliaia di morti e caccia alle streghe nel “bel tempo antico”. Seppur non fortemente cancerogeno come le aflatossine del mais, è comunque da tenere sotto controllo anche oggi per i suoi gravi e pericolosi effetti immunosoppressivi.
Nei bei tempi andati non c’erano conoscenza, consapevolezza e, soprattutto, metodi d’indagine incisivi per rilevarne la presenza già a pochissime, irrisorie ppb (parti per miliardo). Con DON < 100 ppb ma anche 200 (il limite altamente prudenziale è 1.750 per il grano e 750 per la pasta) è sicuramente un campione “positivo”, ma non per questo si parla di “contaminazione” (la finissima rilevazione con il metodo analitico HPLC o ELISA avviene già a 18 ppb), ma è una situazione di assoluta tranquillità, come quando si ha un’aria con PM10 < 5 (i blocchi del traffico si fanno con continui superamenti di 50, e a Pechino si arriva a 1000). Ma è impossibile arrivare a zero! Semplicissimo, funghi e particelle micropolverose ci sono e ci saranno sempre.
Le micotossine (DON) certo sono un veleno… peccato che le producano dei naturalissimi funghi e si trovino anche nei più seri e attenti prodotti biologici. Ma è la quantità che crea problemi e questa dipende soprattutto dall’andamento climatico stagionale, in particolare dall’umidità e dalla temperatura durante la spigatura-fioritura del grano, e le Marche e l’Emilia purtroppo non sono troppo differenti dal Canada in quella fase fenologica, ma senza nessuna fregatura, il fenomeno è ben conosciuto e sotto controllo.
Per fortuna, e almeno fino ad oggi, il grano duro si coltiva soprattutto negli ambienti semi-aridi del Sud Italia, dove la tarda primavera è generalmente siccitosa, e quindi la pasta ha in genere quantità infinitesimali di micotossine, ma quasi mai zero perché è impossibile sterilizzare e uccidere tutti i microrganismi (si troverebbero ben altri contaminanti), e soprattutto perché sono aumentate le capacità di indagine diagnostica che permettono di rilevarne la positività già a pochissime ppb. Ma avere meno di 200 ppb di DON è come dire di avere la febbre con 36.51, solo perché quel termometro è così sensibile che legge (gli inutili) centesimi di grado.
E una cosa è certa: la presenza di DON non evidenzia nessuna provenienza estera del grano, perché valori simili e anche più alti possono essere trovati in partite nazionali. Affermare che la presenza di DON è prova di “truffaldine” importazioni dal Canada oltre che falsità scientifica è presuntuosa e sprovveduta mistificazione diffamatoria. Il Canada è di gran lunga il primo produttore di grano duro nel mondo e i suoi prodotti sono generalmente ottimi, comunque sottoposti a severa legislazione canadese e soprattutto UE applicata come normativa nei controlli doganali italiani.
Oggi spesso le importazioni sono inevitabili per carenze quantitative della materia prima: produciamo dai 3 ai 5 milioni di tonnellate, a seconda dell’andamento climatico e delle superfici investite, mentre produciamo, per fortuna, oltre 6 milioni di tonnellate di pasta secca. Con politiche serie di incentivo si può, però, aumentare la resa per ettaro dei seminativi e avvicinarsi a quelle cifre, interrompendo concretamente l’abbandono di terre fertili e l’irreversibile consumo di suolo, prima e gravissima piaga ambientale italiana. Ma a volte anche la qualità difetta soprattutto per eccesso di frammentazione dell’offerta e si ricorre da sempre alle cosiddette importazioni “tecniche”. Spesso i molitori dicono che sono costretti a importare a prezzi anche più alti grano estero per stabilizzare la qualità delle miscele. Insomma si può certamente ridurre la quantità di grano importato, ma una quota non eccessiva non danneggia nessuno e anzi ci permette di negoziare con Stati che non vogliono essere solo acquirenti.
Il prezzo basso poi, non è mai stata colpa delle importazioni, come viene detto continuamente convinti di dire un’ovvietà ma invece, purtroppo, deciso in pratica dalle borse merci mondiali delle “commodities” (il più importante è il Chicago Board) su cui gli Stati possono fare ben poco, anche se l’intera produzione nazionale fosse assorbita dall’industria italiana. È il liberismo delle merci su cui è arduo intervenire, se non con accordi commerciali e negoziazioni di politica economica. D’altronde il ritorno all’economia curtense di dazi porterebbe un ridimensionamento delle opportunità dell’agroalimentare italiano e in generale ad una grave riduzione del benessere italiano che si basa proprio sull’esportazione.
Ma la pasta 100% grano italiano può essere comunque realizzata e già oltre 50 marchi sono reperibili a prezzi ridicolmente maggiorati di pochi centesimi (comprarli invece di polemizzare). Bisogna organizzare però la produzione con grossi lotti qualitativamente omogenei con stoccaggio differenziato. Si può fare, si fa purtroppo ancora poco, ma serve cooperazione (brutta parola?) come si fa in tutto il mondo, e in Canada in particolare, superando individualismi e localismi usufruendo e incrementando i contratti di filiera che prevedono valorizzazione e soprattutto remunerazione maggiore e certa della qualità.
Fabrizio Caiofabricius
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Una domanda: considerando che in Italia abbiamo un consumo di pasta (e credo anche pane) notevolmente superiore a tutti gli altri paesi europei, i limiti massimi di micotossine previsti per il grano sono corretti? Mi spiego, se assumo 34 kg di pasta all’anno e 53 kg di pane fatti con grano contenente micotossine (entro il limite massimo di legge) come avviene in media nel Sud Italia i limiti massimi previsti dalla UE sono giusti?
Grazie
Se consuma TUTTI i giorni dell’anno 1 abbondante piatto di pasta e 1 kg di pane a settimana, per prima cosa, e malgrado pasta e pane siano ottimi ed equilibrati alimenti, mi verrebbe in mente di suggerirle di cambiar dieta…
Ma dato che sono solo un semplice Agronomo, non mi permetto di invadere il campo ad altre più suscettibili categorie professionali, molto sensibili e, loro, anche molto “invadenti” e saccenti di cose di agronomia.
Se poi sia quella pasta che quel pane sono anche sempre fortemente contaminati, bè , allora forse è il caso di farsi togliere il malocchio o almeno di cambiare (e denunciare) il fornitore. E il web abbonda di questi guaritori, maghi e cialtroni vari che, spesso, cresciuti nell’ignoranza più manifesta, una volta sdoganati da TeleScandalo e diventati “visibili” nel susseguente delirio di onnipotenza, ritengono di avere le competenze per sproloquiare di alimentazione e inseguire scandali e scandaletti .
Parlando di numeri, le commissioni scientifiche internazionali che dopo anni di studi rilasciano limiti non sono neanche minimamente paragonabili allo staff dei programmucoli di TeleScandalo e ai loro folkloristici ospiti finalizzati ad aumentare audience e quindi pubblicità, bensì sono formate da ricercatori coscienziosi e preparati da decenni di studi che tendono a ridurre ulteriormente qualsiasi rischio per la popolazione, soprattutto infantile.
Quindi se un prodotto è sotto i limiti è SICURO!
(anzi lo sarebbe ancora per valori un pò superiori, vista la grande prudenza di cui sopra)
Senza ulteriori walzer e ammiccamenti di vari tuttologi savonaroleggianti, a volte solo palesi furbetti di parte, mestatori di dubbio pro domo loro.
Se il limite del DON che può trovarsi nel grano duro (in Italia come in Canada, tanto per chiarire) è stato fissato a 1750 ppb e 750 nella pasta e 200 per la prima infanzia (ppb= parti per miliardo= microgrammi per kilo = milligrammi per tonnellata)
vorrà dire che è 350 volte MENO PERICOLOSO dell’AFLATOSSINA B1 che si trova spesso nel Mais
e il cui limite è appunto SOLO DI 5 ppb (1750/5) O addirittura 15 000 (QUINDICIMILA) volte meno pericoloso dell’aflatossina M1 che passa nel LATTE (limite 0.05 ppb – pasta 750 DON/ latte 0.05 M1) se la vacca è alimentata con mangime contaminato.
Evidentemente si è visto le due micotossine non hanno la stessa pericolosità.
Oppure chi ha elaborato quei limiti è un pazzo sconsiderato nel caso del DON e un rigoroso asceta nel caso della B1-M1?
E se invece fosse lo stesso staff di ottimi ricercatori?
Però certo il mais è gluten-free….