L’articolo di ieri sui sacchetti che spiega perché non è una buona idea portare da casa le borse di plastica, di tela o quelle a rete per fare la spesa di frutta e verdura al supermercato, ha sviluppato un animato dibattito tra i lettori contrari a questa scelta illogica.
I commenti di lettori e lettrici sui sacchetti portati da casa
Ecco la risposta di Antonello Paparella microbiologo alimentare e preside della Facoltà di Scienze e tecnologie alimentari all’Università degli Studi di Teramo e cultore della materia.
Alcuni lettori ritengono la frutta un alimento ‘sporco’ all’origine da lavare e sbucciare prima del consumo per cui non ritengono giustificate precauzioni igieniche successive alla raccolta. Questo concetto non è corretto nella logica della prevenzione igienica. Se così fosse altri alimenti “sporchi” come ad esempio il pesce e le spezie che sono oltre tutto destinati ad essere cotti prima del consumo, potrebbero essere manipolati dal cliente. Le norme igieniche non vanno usate solo per proteggere gli alimenti sterili, ma anche e soprattutto per preservare quelli che non lo sono. Oltre tutto è ben noto che il lavaggio domestico di frutta e verdura non sempre è eseguito correttamente.
L’igiene al supermercato e i sacchetti
L’altro punto dibattuto riguarda le lacune igieniche del supermercato (carrelli sporchi, clienti che starnutiscano sul prodotto, pavimenti imbrattati) che espongono il punto vendita a contaminazioni. Certo, in un supermercato non è semplice garantire lo stesso standard igienico di un’azienda. Ciò è dovuto soprattutto alla presenza dei clienti e all’interazione continua tra consumatori e prodotto. Le norme vigenti nell’Unione Europea, in particolare il Regolamento 852/2004, prevedono disposizioni precise sia per la grande distribuzione sia per il dettaglio tradizionale.
Secondo il regolamento, anche i piccoli negozi e i banchi del mercato devono collocare i prodotti alimentari “in modo da evitare, per quanto ragionevolmente possibile, i rischi di contaminazione” (Allegato II, Cap. III, punto 2 h). Il supermercato, così come i produttori e i trasformatori, devono garantire che tutti gli alimenti siano “protetti da qualsiasi forma di contaminazione atta a renderli inadatti al consumo umano, nocivi per la salute o contaminati in modo tale da non poter essere ragionevolmente consumati in tali condizioni” (Allegato II, Cap. IX, punto 3). Non sempre è facile assicurare un simile livello di protezione anche se nella maggior parte dei supermercati esistono procedure per la sanificazione e la manutenzione dei carrelli, dei piani e del tapis roulant della cassa, oltre all’igiene dei banchi di esposizione.
Il comportamento dei clienti
Ciò non esclude la presenza del cliente maleducato che mette il figliolo dentro il carrello con le scarpe a contatto con la base, e di persone che starnutiscono su merce non confezionata esposta in vendita. Anche per questi aspetti critici da un punto di vista igienico, non è il caso di aggiungere un’ulteriore fonte di contaminazione derivante da sacchetti di tela o plastica o di reti che il cliente potrebbe aver conservato in maniera impropria nella propria abitazione.
Oltre tutto, mentre gli articoli appoggiati sul carrello o sul tapis roulant della cassa sono tutti protetti da una confezione, lo stesso non si potrebbe dire per la frutta e la verdura ma anche per il pane se vengono venduti allo stato sfuso nel supermercato. L’uso di materiali di confezionamento non controllati non consentirebbe di proteggere il prodotto dalla contaminazione, come invece richiede la norma europea. In un certo senso, sarebbe come ritornare al passato, quando il cliente tastava il pane dal fornaio e sceglieva a mani nude la frutta e la verdura da acquistare.
Frutta, verdura e il rischio di infezione
Il richiamo finale ai casi di listeriosi e salmonellosi era finalizzato a dimostrare quanto sia importante approfondire, su un piano scientifico, il ruolo degli alimenti di origine vegetale come possibile veicolo di patogeni alimentari. Dire che questo aspetto non c’entra nulla con l’igiene dei sacchetti non è sempre vero. Se nei casi di listeriosi e salmonellosi citati la causa è verosimilmente riconducibile a contaminazioni avvenute a monte della catena produttiva, altre volte è proprio l’igiene domestica a essere messa in discussione. A tal proposito, nelle mie lezioni cito spesso il caso descritto da Farber et al. nel 2000 dove un piccolo focolaio di listeriosi era stato correlato a condizioni igieniche e soprattutto termiche inadeguate del frigorifero domestico (Listeria monocytogenes era presente in diverse tipologie di alimenti presenti nel frigorifero).
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Sempre utile e rincuorante leggervi. Ormai rara consolazione alla malinconica deriva urlante qualunquista antistato fieramente ignorante che sta corrodendo quel che restava della crescita civile e culturale del Paese.
Qualsiasi provvedimento che va nella di rezione di collaborare ad un mondo più sano e sostenibile che preveda un impegno men che ridicolo da parte del cittadino è strumentalizzato per scatenare gli istinti più meschinamente egoistici contro gli “altri” della kasta bruta e cativa in attesa dell arrivo messianico dei sedicenti “nuovi” finora dediti a fabbricare instancabilmente fake news
Enormi isole di plastica offendono gli oceani, microparticelle si ritrovano ormai con preoccupante frequenza nei pesci e invece di salutare con giusto rispetto un pur tardivo ma economicamente insignificante provvedimento legislativo che va incontro finalmente alla riduzone delle plastiche quotidiane, se ne fa vergognoso strumento di becera propaganda politica solleticando gli istinti del menefreghismo peggiore.
Si invoca il consueto tristo ritornello del benaltrismo di altre plastiche, l amicizia con il politico da sostituire dimenticando che il materbi biodegradabile è brevetto italiano di fine anni 80 di cui andare fieri quando quel politico era ancora bambino.
Certo per sobbarcarsi un aggravio economico di 10 centesimi a settimana forse bisognerà comprare un grattaevinci in meno l’anno o dare una sgassata in meno al suvvone ogni tre anni o abbassare il riscaldamento a 26° per 5′ in 5 anni
Sacrifigiii inaccettabili pe’ salva’ ddu pesci no?
La discussione è a mio parere abbastanza sterile e non in senso microbiologico ovvio.
Dobbiamo discutere la differenza fra le teorie , spesso avulse completamente dalla realtà , degli ambienti universitari e la vita di tutti i giorni.
Nell’ambito dell’imballaggio alimentare , le legislazioni che attestano la conformità dei materiali non introducono mai vincoli di tipo microbiologico . Quindi nessuno attesta la caratteristica microbiologica dei sacchettini utilizzati . Come si può quindi affermare che il sacchetto portato da casa sia più “pericoloso” del sacchetto presente sul punto vendita ?
L’unico problema è legato alla responsabilità dell’eventuale contaminazione .
Ipotizziamo che venga rilevata una contaminazione sull’insalata presente nel frigorifero di un consumatore , se il sacchetto ( ancora integro e non aperto) fosse stato fornito dal punto vendita allora si potrebbe asserire ( ma da verificare ) che la responsabilità della contaminazione sarebbe da attribuire al punto vendita stesso .
Qualora invece il sacchetto non fosse stato fornito dal punto vendita , allora la responsabilità della contaminazione potrebbe essere attribuita ad ambedue le figure : punto vendita o consumatore.
Dallo scontrino sarebbe facilmente rilevabile se il consumatore ha utilizzato un proprio sacchetto o no.
Quindi il problema reale non è comprendere quale soluzione sia più salubre , bensì di chi sarebbe la responsabilità della contaminazione .
Poi giusto per non fare il precisino , si dovrebbero fare delle precisazioni su questi benedetti sacchetti .
Prima di tutto non si dovrebbero confondere i sacchetti biodegradabili con quelli compostabili.
Secondo se io metto sul sacchetto l’etichetta identificativa della frutta , poi questo sacchetto non posso utilizzarlo per la frazione umida perché l’etichetta ( ad ora per quanto mi risulta ) non è compostabile
Buon anno a tutte/i
Esselunga dichiara che la sua etichetta del prezzo è compostabile e biodegradabile. Il problema della contaminazione riguarda prevalentemente sacchetti o borse usate usate per trasportare cibo e che hanno residui
L’articolo, praticamente, non dà nessuna risposta soddisfacente. È tutto basato su ipotesi. Il prof. Paparella dice che non è facile assicurare l’igiene nei supermercati, anche se alcuni farebbero la sanificazione dei carrelli (?), cosa che non si è mai vista, visto che sono messi all’esterno dei negozi giorno e notte, esposti a tutto. Dice anche che gli alimenti dovrebbero essere protetti da contaminazioni, ma poi c’è la gente maleducata… Ma voi avete mai acquistato nelle macellerie e pescherie nei supermercati? Il sacchetto esterno, viene chiuso con le mani (anzi con i guanti) che hanno toccato carne e pesce, di conseguenza, la borsa è contaminata, ma questo non fa niente, il carrello e il tapis roulant della cassa non si sporcano per questo e ribadisco che gli attuali sacchetti si rompono immediatamente, esponendo comunque frutta e verdura al contatto con carrelli e tappeto mobile delle casse, nonché con le confezioni di altri prodotti. Aggiungo, ancora, che molti supermercati usano il “salvatempo” e tutti i prodotti vengono inseriti nelle borse portate da casa e, in caso di controllo, tutto viene riposto sulla cassa per il passaggio manuale. Io mi sento presa in giro sempre di più. L’ecologia, in questa situazione, non c’entra niente, così come non c’entra l’igiene. I sacchetti verranno dispersi nell’ambiente come succedeva prima e non si decomporranno in tempi brevi, in quanto questo succederebbe solo negli impianti di compostaggio. Ribadisco anche che in altri Paesi sono ammess
non considero utile una battaglia tra chi è a favore o contro l’uso di sacchetti biodegradabili o eco portati da casa o imposti dal punto vendita. sinceramente vedo la cosa alquanto fumosa e non accertabile. sarei piuttosto per degli avvisi ai clienti sulla necessità ed il rispetto della preservazione dell’igiene nei luoghi di vendita, lasciando la responsabilità ai singoli attori.
Tutte le argomentazioni adottate per giustificare la necessità di imporre l’uso dei soli sacchetti forniti dal supermercato, in luogo di quelli portati dalla clientela, fanno semplicemente ridere i polli, soprattutto alla luce delle REALI condizioni igieniche dei negozi!
Come giustamente altri hanno fatto notare, un supermercato NON è un ambiente asettico, a cominciare dagli stessi scaffali su cui viene appoggiata la verdura, per continuare poi con le bilance per la pesa degli alimenti, con i carrelli (spesso lerci ed esposti alle intemperie), con i lettori “salva tempo” maneggiati da chiunque, con i tappeti mobile delle casse e infine le mani delle cassiere che maneggiano i soldi.
Già negli stessi ospedali l’efficacia di alcune misure igieniche (mi viene in mente l’uso dei copri scarpa in alcuni reparti) viene di fatto annullata dall’approssimazione con cui tali misure vengono adottate e fatte rispettare.
E poi ci venite a parlare di pericolo di contaminazione nei supermercati? Ma per piacere! Ma non prendeteci per fessi!
L’unica cosa positiva in tutto questo è che i nuovi sacchetti per la verdura sono meno inquinanti di quelli usati fino all’anno scorso. Per il resto sono meno resistenti e il più delle volte si rompono al primo utilizzo, rendendo quindi impossibile il loro riuso nella raccolta dell’umido! Con buona pace di chi sostiene che bisogna riciclare!
E comunque diversi supermercati addebitano direttamente il costo del sacchetto nel prezzo della verdura/frutta sfusa, nel senso che il prezzo calcolato dalla bilancia viene automaticamente incrementato di un centesimo di euro senza che il cliente possa fare nulla.
Quindi possiamo anche portarci da casa dei sacchetti puliti e disinfettati, che tanto li paghiamo in ogni caso…
Sarebbe bello un articolo del microbiologo su come lavare le insalate sopratutto o frutta io so che l’unico metodo vero (non con il bicarbonato che gli fa una beffa)e con la candeggina ma non so che dosaggio e per quanto tempo sopratutto con spinaci bieta ecc..Per quanto riguarda i sacchetti si possono adottare tutte le misure che volete, ma se non c’e una cultura delle persone a favore della collettività e degli organi di vigilanza non ce nulla da fare.
Per esempio, quanti al supermercato si mettono il guantino di plastica per prendere frutta e verdura nessuno o pochissimi poi se per prenderlo sono andato prima a fare i bisogni e non mi sono lavato le mani lascia il tempo che trova idem per i sacchetti. Chi controlla nessuno sapete quante volte a vari direttori di diversi supermercati ho fatto notare violazioni dell’haccp che prontamente si ripresentavano il giorno dopo e via cosi finché il popolo non cambia testa nun ce niente a fare…
È in programma
Non capisco come tassare i sacchetti per la spesa possa ridurre la plastica che finisce in mare. Ridicolo!
Considerando che esistono:
Confezioni di frutta confezionate con polistirolo e pellicola – Niente Tassa
Insalata gia’ lavala e confezionata in plastica – Niente Tassa
Verdure lesse confezionate in plasstica – Niente Tassa
Verdure in reti di plastica (Patate, cipolle,aglio) – Niente Tassa
Per non parlare di tutti gli altri alimenti contenuti in plastica, e degli orrori misti tipo carta plastificata!!
Forse era meglio se chi ci governa spendesse il tempo a legiferare per ridurre la produzione di plastica e finalmente meritarsi gli stipendi che guadagnano ed un futuro migliore per i loro discendenti.
Ogni disincentivo (o incentivo) economico provoca gli effetti proporzionalmente voluti.
Lo è già stato considerevolmente per le buste grandi , ridotte notevolmente. BEN VENGA finalmente anche questo, certo minore ma ben centrato, che va nella precisa direzione di ridurre quella laida plastica che uccide il mare. Seppur di costo troppo basso per l’italietta piagnona che si fa grande sbeffeggiando chi poi qualcuno deve aver votato.
In attesa di un pur difficile controllo internazionale di tutte le follie delle confezioni in plastica e polistirolo
sicuramente il benaltrismo inconcludente e furbetto fa più danni.
Scusatemi, ma secondo voi frutta e verdura hanno la garanzia di essere strati maneggiati dalla raccolta al supermercato in ambienti sterili?
Non pensate che qualche lavoratore sia andato al gabinetto, non si sia lavato le mani e poi abbia continuato a raccogliere frutta e verdura allegramente?
Secondo me nella maggior parte dei casi i prodotti in vendita non sono per niente igenici, quindi usare tutte queste misure igeniche (guanto, sacchetto non riutilizzabile) e’ pura follia isterica!
La sterilità assoluta non si riesce ad avere nemmeno in sala operatoria, figuriamoci in un supermercato.
Ma le conoscenze sull’igiene e relativi comportamenti virtuosi dall’800 in poi sono fra le concause dell’incredibile ma forse dimenticato salto di qualità e lunghezza della vita che oggi si dà troppo superficialmente come ovvio e acquisito. E malgrado le “mode” vadano ormai in senso pericolosamente opposto io mi auguro che nel futuro si continui a perseguire quell’universale obiettivo di benessere collettivo.
Anzi se dovessimo stigmatizzare gli “isterismi”, mi sembra che quello , che pure esiste, sull’igienismo parossistico non sia il primo, mentre il furbo menefreghismo incivile che avvilisce ed immiserisce la vita pubblica italiana troppo spesso si camuffa in violento, strumentale e, questo si isterico, ribellismo populista contro un fin troppo generico “potere politico” che osa chiederci anche qualche monetina di rame che ci vergogneremmo di dare per elemosina.
Si è considerato il fatto che i clienti scelgono frutta e verdura,prima di imbustarla,a mani nude e sicuramente non pulite,toccando e scartando quello che poi sarà toccato e scartato da altri .?.Nessuno usa i guanti,ciascuno convinto in malafede di essere pulitissimo!
Da biologa posso dire che è semplicemente ingiustificato il divieto di portare sacchetti o buste da casa.
Serve solo per aumentare il consumo di sacchetti biodegradabili e quindi che senso ha questa normativa, se lo scopo è di ridurre la plastica?
Una busta in rafia, in plastica o cotone riutilizzabile dura anni e mi consente d risparmiare, avere una maggiore igiene (vi invito a vedere attentamente i carrelli dei supermercati, i cestini e vari…sono inevitabilmente sporchi, e sono predisposti per metterci i bambini seduti con tanto di scarpe), di essere veloce nel fare la spesa.
Proponiamo i tamponi e vediamo se è contaminata più una busta personale o il cibo che va a contatto con i carrelli, che evidenze ci sono?
Quindi il dott. Paparella ha dato una spiegazione non esaustiva, a mio avviso.
Le eccezioni poi ci sono sempre, e usare lo stesso sacchetto per metterci tutto dentro può non essere igienico ma la stessa cosa prevede la norma ed è quello che si fa con le buste date alle casse.
Credo che ci si dimentichi sempre di una cosa importante in ambito alimentare, alla base della sicurezza alimentare, ossia il risk assessment (analisi del rischio): quale è la probabilità di accadimento che un evento con conseguenze X possa avvenire?
Nel caso di un sacchetto o busta portata da casa è minimo,e si azzera se aggiungiamo un lavaggio bisettimanale come prerequisito operativo.
Infine ricordiamoci che stiamo parlando di acquisti ad uso personale.
d’ora in avanti prima di andare al supermercato mi faccio doccia, scrub e sciampo.. mi metto le robe pulite che avevo precedentemente portato in lavanderia proprio per potermele mettere per andare al supermercato..
poi mi munisco di una mascherina igienica.. e prima di entrare nel supermercato mi metto delle buste di plastica ai piedi e una in testa.. poi però mi disinfetto le mani con il gel disinfettante.. frutta verdura e e pane le prendo con delle pinze che mi preoccuperò di sterilizzare ogni qual volta che prendo qualcosa.. ma adesso rimane il problema di dove mettere la roba che compro.. e ora che ci penso.. anche le buste di plastica me sono messo in testa e ai piedi devono essere contaminate.. y oddio.. che faccio.. esco pazzoooooo!!
no, dai.. dobbiamo finirla con queste esagerazioni!! ma vi rendete conto?!