Ritirata dagli scaffali ricotta Sterilgarda: scatta l’allerta europea, ma il prodotto non c’è, è già scaduto. Riflessioni su un sistema non sempre così efficiente
Ritirata dagli scaffali ricotta Sterilgarda: scatta l’allerta europea, ma il prodotto non c’è, è già scaduto. Riflessioni su un sistema non sempre così efficiente
Roberto La Pira 21 Luglio 2014La notizia è di quelle che non lascia indifferenti: Sterilgarda ritira e richiama dal mercato confezioni di ricotta fresca per la presenza di Bacillus cereus. La comunicazione viene rilanciata anche dal Ministero della salute il 18 luglio sul Sistema di allerta europeo (Rasff) perché si tratta di un prodotto venduto in Italia, Francia e a Singapore. Dalla scheda si scopre che il lotto è composto da confezioni di 1,5 kg utilizzate per lo più in ristoranti e collettività. Incuriositi dalla notizia chiamiamo Sterilgarda che conferma il ritiro del prodotto in seguito ad una notifica da parte dell’Asl di Reggio Emilia precisando di avere adottato questa decisione con alcune riserve: i valori di Bacillus cereus non sono così elevati da giustificare un provvedimento del genere.
Il lotto sotto accusa non è più in commercio perché la data di scadenza sulla confezione indica il 17 luglio, ovvero il giorno prima della richiesta di ritiro da parte dell’ASL. Sì avete capito bene, il sistema di allerta è stato attivato per un prodotto praticamente scaduto, che nel 99,99% dei casi è stato consumato già da molti giorni. L’altro dato inquietante è che il campione risulta prelevato dal commercio il 1 luglio, ma la notifica è datata 18 luglio.
In questa curiosa storia sorgono spontanee tre riflessioni. Perché sono passati 17 giorni dal prelievo della ricotta al momento dell’allerta? Se anziché il Bacillus cereus (presente in quantità abbastanza ridotte – vedi nota*) la ricotta avesse avuto un problema più serio (presenza elevata di Listeria monocytogenes), il sistema di allerta si sarebbe attivato ugualmente in ritardo, vanificando ogni tipo di intervento preventivo per salvaguardare i consumatori? Che senso ha avviare un ritiro dagli scaffali e un richiamo per un prodotto che non c’è più?
Un ritiro e un richiamo sono operazioni complesse che coinvolgono decine di persone delle Asl e comportano molte spese per l’azienda. È quindi un provvedimento importante da adottare con estrema urgenza e senza esitazioni quando si riscontra un problema serio, ma è altrettanto assurdo mobilitare le strutture delle Asl e di un’azienda per ritirare un prodotto scaduto e presumibilmente non più sugli scaffali.
Roberto La Pira
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*Bacillus cereus: Secondo le scheda del Rasff la presenza di Bacillus cereus nella ricotta Sterilgarda ammonta a 22.000 cfu/g. Secondo le schede del Ceirsa che fornisce un’indicazione sull’entità del rischio e i limiti di legge, lo schema sottostante valuta il valore come “non soddisfacente”.
– Valore guida soddisfacente <100 (ufc/g)
– Valore guida accettabile 100≤ x <10.000 (ufc/g)
– Valore guida non soddisfacente ≥10.000 (ufc/g)
– Condizioni di potenziale dannosità ≥100.000 e/o C(+)
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
“Perché sono passati 17 giorni dal prelievo della ricotta al momento dell’allerta? ”
Per come vanno normalmente le cose in Italia: sarà andato in ferire il tipo che se ne doveva occupare, senza fare un passaggio di consegne… il suo capo non avrà indicato nessun sostituto temporaneo ed i colleghi si saranno fatti i fatti loro…
Per completezza dell’informazione, la data del 17/07 non era corretta; una seconda comunicazione ha infatti individuato il prodotto con scadenza 22/07. Non sono ovviamente d’accordo con Dallara: sostenere che le cose in Italia vadano “normalmente” così, non fa onore a tutti coloro che “normalmente” fanno con coscienza e dedizione il proprio lavoro. Possiamo discutere che il sistema sia da migliorare, come tutto del resto, ma le valutazioni non vanno fatte sul caso singolo. Grazie
Sono d’accordo che ogni caso è un caso, ma se il consumatore fa la spesa ed acquista quello che c’è sugli scaffali, il problema diventa statistico.
La probabilità statistica di portarsi a casa un alimento tossico o contaminato è ainoi molto elevata.
Quindi tra diossina, virus dell’epatite, Listeria, mercurio-cadmio-piombo, arsenico, grassi trans, e mi fermo, in enormi partite di merce sfuggite ai controlli e lotti ritirati senza giustificazione, per analisi tardive od errate, i consumatori per primi, ma anche i produttori italiani, sono in balia di un sistema di sicurezza che troppo spesso rappresenta il problema piuttosto che la soluzione.
Senza nulla togliere, ma ringraziando chi fa quotidianamente il proprio eroico dovere!
Ezio, la sua frase sulla “probabilità statistica elevata di portarsi a casa un alimento tossico o contaminato” è priva di riscontri oggettivi e il nostro sito che lei legge di frequente non ha mai supportato questa tesi, pur evidenziando regolarmente le criticità del sistema e dei prodotti.
Il sistema di allerta presenta continue e perduranti falle strutturali. Sappiamo benissimo che i ritiri avvengono tutto sommato velocemente grazie alle aziende produttrici.
La verifica delle ASL purtroppo no. A mio avviso non raggiungono il grado di sufficienza per i motivi che qui riassumo:
1. la dirigenza delle ASL ha deciso di tenere chiusi i servizi il SABATO e la DOMENICA (solo poche ASL sono aperte il sabato) . Se capita addirittura che il venerdì o il lunedì siano festivi, il sistema di allerta rimane abbandonato per 3-4 giorni;
2. il meccanismo è gestito via email con infiniti passaggi. Ad ogni passaggio (spesso avvengono con il meccanismo dell’inoltro) gli allegati aumentano in maniera ridondante. Il messaggio quando arriva all’utilizzatore finale (ispettore) arriva distorto, incasinato (a volte un’allerta è composta da 10-15 allegati);
Il sistema di allerta non potrà mai essere efficace ed efficente fin tanto che non sarà allestita una piattaforma unica nazionale automatizzata e non sarà consultata quotidianamente dal personale addetto alle allerte (sabato, domenica e festivi).
Tutto il resto sono solo chiacchere e fumo che i dirigenti quotidianamente raccontano….
Carissimo Giancarlo, il sabato, domenica e festivi c’è il servizio di reperibilità/pronta disponibilità (sia dei dirigenti che degli ispettori-tecnici della prevenzione) ergo c’è sempre chi legge e fa intervenire o interviene nelle allerte e non solo. Pur ribadendo la migliorabilità del sistema, la Sua mi sembra più un’esperienza personale che “di sistema”.
COn l’occasione ringrazio La Pira, che mi tolto le parole di bocca rispondendo al Sig. Ezio.
Daniele, nella nostra esperienza di giornalisti, dal ameno 2 anni quando chiediamo informazioni al Ministero della salute al servizio diretto da Silvio Borrello, siamo dirottati al servizio stampa che regolarmente non ci fornisce alcuna informazione. Le notizie che pubblichiamo sulle allerta sono il frutto della nostra rete di collaboratori presente nel territorio. Anche questa è un’esperienza personale sul mondo delle allerta e su come vengono gestite.
Scusate, nel precedente commento avevo dimenticato il cognome, messo invece nel primo. Grazie Roberto, ma ciò dimostra che è l’ufficio stampa ministeriale eventualmente a non funzionare, nonostante la legge 150/2000 e l’intera normativa sull’accesso agli atti dalla 241/90 in giù. Le allerte alle ASL non credo giungano dall’ufficio stampa. Sono, ritengo a questo punto, due livelli: quello istituzionale (UE-Ministero-Regione-ASL) e quello più informativo. Fate bene a lamentarvi in entrambi i casi se non vi vengono fornite le adeguate comunicazioni. Sul funzionamento del livello “istituzionale”, però, non sono così negativo.
Non è il “sistema di allerta” che presenta falle, ma la preparazione scientifica e professionale (conoscenza della microbiologia , della chimica, delle prescrizioni legali nazionali e comunitarie e delle relative procedure applicative)del sistema di controllo italiano (ASL, etc.) che viene strombazzato (Ah, Ah..) come “il migliore del mondo” ,che fa acqua. Abbiamo un nugolo di controllori poco coordinati, con deleghe enormi senza controllo ed autocontrollo, desiderosi spesso di visibilità a fronte di giornali a caccia di scoop, ma quale la preparazione necessaria per utilizzare mezzi altamente efficaci ( ma anche inutili e pericolosi in caso di errori o malafede)che hanno a disposizione? Solo la disamina di quanto avvenuto e sopradescritto su questa ricotta la dice lunga, ma nell’esperienza professionale potrei citare una lista di casi (esempio: blocco errato di lotti conformi, con analisi di conferma oltre la data di scadenza e sblocco dopo mesi e mesi senza rendersi responsabili degli enormi danni economici e d’immagine provocati alle aziende e per di più alla fiducia dei consumatori, con impunità da parte degli organi giudicanti. Siamo davanti al problema della qualità della burocrazia italiana: preparazione scarsa e responsabilità pressoché nulla, impunità garantita. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, basta aprire il giornale ogni mattina.
Gent. Sig. Costante, ritengo decisamente esagerato affermare che Ministero, Regioni, Dipartimenti di prevenzione medici e veterinari (ASL), Istituti zooprofilattici, Laboratori di sanità pubblica, Istituto superiore di sanità, Carabinieri, Corpo Forestale dello Stato ecc. siano pieni di persone con scarsa preparazione scientifica e professionale. Ribadisco che le esperienze personali, per definizione, non possono assurgere a generali “esperienze di sistema”.
Sig. Daniele non so che lavoro faccia ma è bene chiarire le cose. La pronta disponibilità c’è ma è scollegata dall’allerte. Il sabato, la domenica ed i festivi i funzionari ASL effettuano la reperibilità da casa non stanno certo in ufficio. Le allerte arrivano per email sui pc di lavoro e salvo qualche ASL all’avanguardia, la totalità delle Asl non leggono le allerte nei giorni festivi. Non raccontiamo novelle….
Cristiano mi spiace smentirla: non racconto novelle. Il sistema, infatti, prevede reperibili appositamente dedicati alle allerte 24 ore su 24, sabato, domenica e festivi sia a livello regionale che di ASL. E non stiamo parlando di fantascienza nè tantomeno di fiabe. Come Lei testimonia, non è un problema di sistema bensì – forse – di organizzazione aziendale.
Sig. Daniele, capisco la sua difesa di diversi operatori attenti , ci mancherebbe altro, ma cosa mi dice di tanti altri “distratti” ed impreparati all’utilizzo di strumenti legali importanti? E di un’allerta sul mais in base ad un’analisi POI DIMOSTRATASI PLATEALMENTE ERRATA (evidentemente non adeguatamente e prontamente verificata ed effettuata da laboratori pubblici “chissà come accreditati”) di almeno 4 volte il limite di legge? Cosa mi dice di numerosi lotti di mascarpone non contaminati da C. Botulino ugualmente bloccati e che dopo un anno giacevano, largamente scaduti con enorme danno, ancora sotto sequestro ? Analogamente, come citato in questo blog , di lotti di mais “regolari per diossina? E stessa cosa per la ricotta? E che dire dell’allerta ITX con risultati, peraltro non ancora confermati , passati direttamente alla stampa da una ASL (tenuta inutilmente alla riservatezza) senza prima seguire le procedure previste, né informare gli organi superiori deputati? E questi solo alcuni di tanti altri esempi che potrei elencarle !
I danni economici e di fiducia del consumatore enormi non vengono mai quantificati, né si è mai espresso un giudice per farli rifondere . Ed anche gli organi giudicanti “esperti in alimenti” a volte perseguono delle banalità lasciando scappare gli “elefanti”
Non accade solo per le allerte ma anche per tanti altri prodotti ultima, ma non per questo meno importante ,l’acqua potabile.
Le ragioni? Sicuramente vanno ricercate anche nei tempi “analitici” dal momento del prelievo al momento del risultato passano da un minimo di 24/48 ore ad un massimo di 4/6 giorni.
Ecco quindi giustificati i tempi “lunghi”.
Egr. Sig. Costante, onestamente non comprendo questa Sua acredine nei confronti del sistema “prevenzione” in generale. Mi cita 5/6 casi di cui uno per eccesso di informazione alla stampa (questo dell’informazione ai cittadini sarebbe un altro bell’argomento, credo peraltro già anche lanciato da questo giornale, con un’analisi dei siti della GDO). Dice di averne ancora “tanti altri esempi”. Le credo sulla parola; anzi, Le vengo incontro: vogliamo dire – esagerando – che i “casi” di cui Lei parla sono 30-40 in un anno? Ripeto che sto esagerando, perché ritengo siano molti ma molti di meno. In ogni caso, il Rasff riporta 389 allerte per prodotti distribuiti in Italia dal 01/07/2013 ad oggi. Come vede, il sistema potrà essere migliorabile ma è cosa ben diversa dal Suo pensiero e l’eventuale incopetenza da Lei lamentata riguarda specifiche realtà, non il sistema.