Inquinamento da Pfas in Veneto, Greenpeace pubblica un grafico interattivo con la situazione in oltre 90 comuni. Livelli di inquinamento che negli Usa e in Svezia non sarebbero consentiti
Inquinamento da Pfas in Veneto, Greenpeace pubblica un grafico interattivo con la situazione in oltre 90 comuni. Livelli di inquinamento che negli Usa e in Svezia non sarebbero consentiti
Beniamino Bonardi 10 Maggio 2017Dall’analisi dei dati ufficiali ottenuti da alcune ULSS della Regione Veneto, Greenpeace ha rilevato che oltre 130 mila cittadini veneti sono stati esposti ad acqua potabile contaminata da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche) Si tratta di acqua che negli Stati Uniti non sarebbe considerata sicura. Il numero sale a circa 200 mila abitanti se i valori vengono confrontati con i livelli di sicurezza svedesi. Secondo l’associazione ambientalista acqua che supera le soglie stabilite da questi paesi sarebbe arrivata nelle case di tanti veneti almeno una volta nel corso del 2016.
Dopo aver presentato nei mesi scorsi un’istanza pubblica di accesso agli atti alla Regione Veneto, Greenpeace ha pubblicato un grafico interattivo, con una sintesi dei dati ufficiali del 2016 ottenuti da cinque ULSS e relativi a oltre 90 comuni veneti. Per ogni località viene riportata la concentrazione minima, media e massima di Pfas oltre a un confronto con i livelli consentiti in Svezia e Stati Uniti. Proprio negli Stati Uniti una concentrazione superiore a 70 nanogrammi per litro del Pfoa (acido Perfluoroottanoico) e del Pfos (Perfluorottansulfonato), non è considerata sicura per la salute umana e nei casi in cui si superi questo valore viene sospesa l’erogazione.
In Svezia una concentrazione di Pfas fino a 90 nanogrammi per litro, riferita alla somma di ben undici composti, è considerata sicura per la salute. In Veneto, invece, solo per il Pfoa sono consentiti livelli fino a 500 nanogrammi per litro. Per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei cittadini, nelle scorse settimane Greenpeace ha lanciato una petizione per chiedere alla Regione Veneto di abbassare i livelli consentiti di Pfas nell’acqua potabile, allineandoli con i valori più restrittivi adottati in altre nazioni.
I dati che l’associazione ambientalista ha diffuso sono pubblicati in forma aggregata nel bollettino “Acqua potabile in Veneto”, disponibile sul sito istituzionale della Regione Veneto e suddivisi per comune sui siti ufficiali di alcune ULSS del veronese.
I Pfas sono riconosciuti come interferenti endocrini correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. L’inquinamento, scoperto nel 2013 grazie a uno studio del Cnr commissionato due anni prima dal Ministero dell’ambiente, interessa una sessantina di comuni nelle province di Vicenza, Verona e Padova. Il problema è probabilmente in corso da decenni, visto che la principale fonte di sospetti è l’impianto della Miteni, entrato in attività nel 1964 e specializzato nella produzione di molecole fluorurate per la farmaceutica, l’agricoltura e l’industria tecnica.
Veicolati dall’acqua, i Pfas hanno contaminato anche la catena alimentare, come hanno dimostrato le analisi effettuate dai servizi veterinari e di igiene delle aziende sanitarie locali diffuse nel settembre 2015, ma poi giudicate inaffidabili e allarmistiche dai tecnici regionali. Lo scorso dicembre, la Regione Veneto ha annunciato due piani di monitoraggio per verificare la presenza e gli eventuali effetti su persone e alimenti.
Un bio-monitoraggio condotto dall’Istituto superiore di sanità in collaborazione con la Regione Veneto ha stimato che 250 mila persone abbiano utilizzato per anni acqua potabile inquinata da Pfas e che siano 60 mila quelle interessate da un livello maggiore di contaminazione.
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