L’articolo sulla pasta italiana ha creato un vivace dibattito tra i lettori e in molti ci hanno accusato di non valorizzare a sufficienza il prodotto italiano (leggi articolo). “Sembra che il grano di qualità – scrive Luca – si trovi soprattutto all’estero e che la scelta di importare grano da altri paesi sia una scelta giudiziosa, da parte delle grandi aziende produttrici italiane, fatta soprattutto per poter offrire ai consumatori la miglior qualità di pasta possibile. Non è affatto così la semola prodotta in Italia è di altissima qualità, in alcuni casi superiore a quella canadese e di atri paesi”.
Gianni, un altro lettore fa un discorso più strutturato che però deve fare riflettere “La pasta ottenuta da semole 100% italiane di alta qualità è già presente sugli scaffali, necessità solo di essere valorizzata a tutti i livelli. La parte più attiva spetta alle catene dei supermercati che dovrebbero creare valore in tutta la filiera anziché cercare di ridurre il più possibile i prezzi di acquisto dai pastifici. Le aziende produttrici dovrebbero sostenere di più e incrementare la quantità di pasta 100% made in Italy per sostenere il reddito agricolo e permettere alle aziende italiani di guardare con più fiducia e entusiasmo al futuro. Questo è il gioco da fare per innescare un circolo virtuoso che porti beneficio a tutto il comparto e non generare inutili e sterili conflitti come quelli che propongono regolarmente alcune associazioni di categoria.”
Il nostro articolo non vuole penalizzare la pasta 100% italiana, ma prova a fotografare la realtà. Due anni fa abbiamo scritto una nota con l’elenco delle aziende che utilizzano solo semola italiana. La lista comprendeva una decina di marchi e l’intero gruppo rappresentava una nicchia del mercato. Oggi la situazione è pressoché identica. Granoro Dedicato era la prima azienda che 4 anni fa ha proposto pasta 100% made in Italy che adesso è venduta nei supermercati del Sud Italia come Auchan, Eataly, Coop, Dok e Despar. L’unico marchio presente a livello nazionale con semola made in Italy è Voiello (proprietà di Barilla) che due anni fa ha fatto questa scelta. Le altre marche nella maggior parte dei casi non hanno una dimensione industriale. Una distribuzione simile è firmata da Armando. Un aspetto da evidenziare riguarda il maggior prezzo della pasta italiana al 100%. Da un punto di vista qualitativo la semola italiana utilizzata per questa pasta ha un contenuto proteico superiore al 13% e questo comporta una lievitazione del prezzo di acquisto all’ingrosso del 15% circa. Questa differenza di prezzo della materia prima viene trasferita sullo scaffale dove il listino del pacco lievita. Se 100 grammi di spaghetti (a crudo) costano 0,12-0,15 euro, per comprare quelli con semola 100% italiana si spendono da 0,22 a 0,25 euro. L’incremento c’è ma è una differenza alla portata di molte tasche.
Negli ultimi anni diversi pastifici si sono impegnati nella produzione di pasta ottenuta con grano 100% italiano. Si tratta di una scelta realizzata per esaudire le richieste dei consumatori. Riconoscere la pasta è facile, perché sull’etichetta viene rimarcata con evidenza l’origine.
Il marchio Voiello di proprietà Barilla, due anni fa ha lanciato la nuova linea realizzata con grano Aureo coltivato in Abruzzo, Molise, Puglia e Campania. La quantità di proteine è da competere con il grano nord americano che veniva utilizzato in precedenza. La pasta ha il 14,5% di proteine, si tratta di un valore decisamente superiore rispetto al 12,0-13,0 % di Barilla che, come gli altri marchi presenti a livello nazionale, utilizza dal 30 al 40% di grano duro importato. si tratta di grano Aureo utilizzato sino a poche settimane fa.
Un’altra realtà interessante si trova a Gragnano in provincia di Napoli dove è stato fondato il consorzio “Gragnano città della pasta IGP”, di cui fanno parte 12 pastifici che seguono un disciplinare per la produzione delle eccellenze IGP. Tra queste aziende solo alcune producono pasta con grano coltivato esclusivamente in Italia, come ad esempio la Di Martino, la Gentile e la Dei Campi. Si tratta di una specifica non richiesta dal marchio di tutela (l’indicazione geografica protetta non pone obblighi sull’origine della materia prima). La semola arriva soltanto dalla Puglia o dalla provincia di Matera. Le varietà più utilizzate sono: Saragolla e Senatore Cappelli.
In provincia di Avellino nasce la Pasta Armando, prodotta in quindici formati dall’azienda agroalimentare De Matteis. Il grano utilizzato proviene dalle circa mille aziende che hanno aderito al nostro contratto di coltivazione. In provincia di Enna viene confezionata la Pasta Valle del Grano trafilata al bronzo ottenuta dalle varietà di grano: Core, Mimmo e Simeto. I formati disponibili sono 26.
Più a Nord operano altri due pastifici che usano grano nazionale: Ghigi e Sgambaro (provincia di Treviso). La prima costa meno ha un contenuto proteico leggermente inferiore rispetto alle altre marche. Provenienza della materia prima: Emilia Romagna, Marche, Toscana (Maremma). Il Molino e Pastificio Sgambaro commercializza due linee di prodotto, una trafilata al bronzo ed essiccata a basse temperature con il 15% di proteine, l’altra con il 14% di proteine. Per entrambe il grano arriva principalmente dall’Emilia Romagna.
La lista che vi proponiamo non è esaustiva. Se ci sono altre realtà segnalatele alla redazione magari inviando la foto del prodotto e i riferimenti.
Marchi di pasta con grano 100% italiano
MARCA |
QUOTA DI PROTEINE |
|
Afeltra (linea 100% grano italiano) |
13,0% |
|
Agnesi |
13% |
|
– Pasta di grano duro e integrale – Pasta di Gragnano – Pasta di grano duro Senatore Cappelli |
11% 13% 13% |
|
100% grano italiano bio varietà cappelli o farro dicocco integrale macinato a pietra. Pastificata a bassa temperatura.
|
12,8% |
|
Pasta Antonio Amato di Salerno |
|
|
Auchan* Marchio Auchan |
12,0% |
|
Azienda Agricola Caccese Antonio |
|
|
Pasta Baronìa |
||
Pasta Cocco Solo le linee: “La Sfoglia Pietra Bio” “La Sfoglia di Farro Bio” |
||
Coop ViviVerde pasta di semola e di semola integrale, biologica (eccetto la pasta di khorasan Kamut) |
11,4% |
|
(eccetto la pasta all’uovo) |
14,1% |
|
Di Martino Pastificio |
14,0% |
|
pasta bianca pasta integrale pasta semintegrale di farro |
||
Esselunga Bio |
12% | |
Felicetti Grano duro biologico |
||
Felicetti Monograno (eccetto la pasta di khorasan Kamut) |
14,0% |
|
Azienda agricola biologica |
12,85% |
|
Pasta Fratelli Minaglia |
||
Gentile Pastificio Gragnano Napoli |
14,0% |
|
Gragnano Napoli |
||
12,5% |
||
12,0% |
||
13,5% |
||
Granoro Dedicato |
13,0% |
|
Granoro Linea Biologica pasta di semola e di semola integrale, biologica |
12,0% |
|
Azienda agraria Guerrieri |
||
Pasta biologica (eccetto la pasta di khorasan Kamut) |
11,0% |
|
Laporta Pasta |
13,5 |
|
100% EquoBiologico italiano (eccetto la pasta di khorasan Kamut) |
||
Pasta prodotta con solo grano duro toscano |
13 | |
Pasta Leopardi di Norcia biologica 100% grano italiano |
||
le tre linee: Pasta Bio, Pasta Integrale, Paccheri Artigianali |
12,1 | |
Lidl Combino 100% grano lucano |
||
Pasta di Gragnano IGP |
14,0% minimo |
|
Famiglia di pastai |
||
Pasta Integrale Misura FIBREXTRA |
||
Palandri Pastificio Pasta di semola convenzionale e biologica 100% toscana |
||
Pasta Jolly |
14,0% | |
Pasta Riccio marca di Tuodì |
||
Pasta Toscana |
13,0% | |
14,0% |
||
Pastificio F.lli Setaro |
||
Pastificio Graziano pasta artigianale trafilata al bronzo a lenta essiccazione |
13% | |
PrimoGrano linea dell’azienda Rustichella D’Abruzzo S.p.a. |
12,6% |
|
Poiatti pasta |
11% |
|
Grani antichi siciliani (Maiorca, Perciasacchi, Timilia, Russello) Biologica |
11,5% |
|
Linea Riscossa Bio integrale da grano 100% italiano |
||
Rummo Linea Biologica Integrale da grano 100% italiano |
12,00% | |
Russo Pastificio Artigianale Nicola Russo |
||
Pasta con grano khorasan 100% italiano |
13,80% |
|
15,0% |
||
Simply* Linea standard Simply market |
||
Simply* Bio |
||
Simply* Passioni |
||
Solo Sardo 100% grano duro sardo |
12% | |
Spigabruna bio Grano di Pietrelcina (BN) |
||
prodotta con grano duro delle Colline Pisane |
||
13,0% |
||
Viaggiator Goloso VG (Marca di Unes) |
14,0% | |
contiene solo grano duro siciliano dei supermercati Iper |
||
14,5% |
© Riproduzione riservata
[sostieni]
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Si sa qualcosa di pasta Zara? Qualche anno fa utilizzava solo grano italiano,poi l’azienda si è sviluppata in dimensioni e oggi cosa utilizza?
Abbiamo scritto all’azienda, siamo in attesa di una risposta.
Ho letto tempo or sono di una tecnica utilizzata in Canada, in particolare per grano duro, d’irrorazione della coltura con Glifosate prima della trebbiatura. Visti i danni a salute umana e dell’ambiente è tecnica agronomica “innovativa e sostenibile” ancora in uso? Avete informazioni e conferme in proposito?
questo erbicida è permesso anche in Europa. Abbiamo trattato il tema in numerosi articoli: http://www.ilfattoalimentare.it/ogm-erbicida-glifosato.html
Sono ben consapevole che sia permesso e ho ben presente la diatriba in atto sulla sua più che dubbia e giustificabile ri autorizzazione. Il mio quesito ha come oggetto una specifica e più che dubbia sua utilizzazione per una pratica agronomica border line, che mi viene da supporre possa essere legata al rinvenimento della molecola nelle birre tedesche (che giust’appunto dai cereali in buona parte derivano).
Ben venga un dibattito ragionato e concreto su un argomento centrale della vita di milioni di cittadini: alimentazione, benessere, territorio, salvaguardia del paesaggio e dell’identità, prevenzione dei crescenti disastri idrogeologici.
Una buona e corretta Agricoltura permette tutto questo a costi che NON POSSONO ESSERE TUTTI A CARICO degli operatori attivi, diventano accettabili se spalmati sull’intera comunità che beneficia di un ambiente migliore , a minor rischio COSTOSISSIME calamità e FONTE DI REDDITO extra-agricolo (turismo, ristorazione, commercio, trasporto, logistica , servizi…) di cui non se ne possono pretendere SOLO I VANTAGGI. Quindi sussidi ed incentivi a chi tutela bellezza e sicurezza per tutti.
Il grano duro ha visto ridurre le superfici di ca 3-400.000 ha negli ultimi anni soprattutto negli ambienti più vocati del CentroSud-Isole (vero crollo in Sardegna e Toscana) soprattutto per la difficoltà a coprire i costi di produzione con un prezzo troppo basso. Ma il prezzo è internazionale e risente di troppi fattori (clima, tensioni politiche, accordi commerciali..), quindi non si può ululare alla luna ma solo pretendere sacrosante politiche di sostegno al reddito degli agricoltori.
Se si rimettono in produzione solo parte di quelle centinaia di migliaia di ettari è fin troppo OVVIO arrivare a produrre quel 1.5 milioni di tonn in più per soddisfare il fabbisogno interno e soprattutto estero della nostra MERAVIGLIOSA PASTA simbolo principale del Made in Italy (ca 6 milioni di tonn, contro una produzione media annuale nazionale che oscilla tra 4 e 4.5 milioni di tonn).
NESSUNO DIMENTICHI che il successo crescente della pasta italiana significa relativi redditi e posti di lavoro diretti e dell’indotto- CENTINAIA DI MIGLIAIA- pensare sempre prima di gettare fango su noi stessi, vero sport nazionale, ben recepito dai media stranieri…).
E’ vero però che da questo “successo” non possono essere esclusi gli artefici primari del prodotto e quindi invece di scannarsi , si persegua un accordo tra le parti che dia visibilità e maggior reddito alle produzioni locali di qualità con i soliti strumenti di marchi e garanzia, trasparenti e forti.
Ma anche i consumatori e i GIORNALISTI non soffino sul fuoco dello scandalismo allarmistico che fa tanto audience (e pubblicità….) a forza di slogan e luoghi comuni ben orecchiabili.
Ricordo quando nel 2008 FINALMENTE (per cause internazionali) il prezzo del grano duro arrivò a 500€ /tonn che ripagava lavoro e dignità dei produttori. Il pacchetto blù da mezzo kg passò da 50 a 70 cent e….SI SCATENO’ L’INFERNO: da TeleKabul alle reti Mediaset tutti concordi a gridare allo scandalo! Eppure il vessato consumatore vedeva aumentare da 8 a 10 centesimi (2 CENTESIMI !!!!) il costo del suo più prestigioso piatto salutare e digeribile, simbolo del Made in Italy ecc ecc…
Se si ha la coerenza e la correttezza di vedere i problemi a 360° non ci si pari dietro a miseri egoismi e ancestrali paure di lontanissime carestie. Il costo del cibo, almeno in occidente, ma non solo, è IRRISORIO e qualsiasi annuario ISTAT ci dirà quali sono le VERE VOCI DI SPESA che incidono massicciamente sul bilancio FAMILIARE .
Quindi risparmiare sul cibo è retaggio ancestrale senza nessuna razionalità e concretezza, figuriamoci sull’economicissima pasta di grano duro. Qualche centesimo in più darebbe nuovo slancio e fiducia a tutta la filiera e se ne gioverebbe soprattutto il territorio e il lavoro del Sud. Le “colpe” non sono sempre e solo dei politici e degli “altri”….
Qualcuno mi spieghi per favore, come mai si produca grano duro nei paesi freddi come il Canada.
grazie
Chiedo: la quantità di proteine non è sempre indice di qualità l’eccesso di (gliadina e glutenina = glutine) creano Grandi problemi a molte persone(celiaci), è dimostrato scientificamente che sebbene con i grani antichi la lavorazione di trasformazione”sia più difficile ,si ottengono prodotti più tollerati dai celiaci,
se è vero che in Italia la Pasta vanta il primato di vendite ,allora perchè tanta pubblicità??? quanto ci costa a noi consumatori? mi dicono anche il 30% se è vero, è una enormità considerato che agli agricoltori meglio ai coltivatori va veramente poco! Bisogna togliere le materie primarie alimentari dalla Finanza
è un nostro diritto, e peccato che il Ministro della salute non riconosca il legame fra parte delle spese sanitarie e le nuove patologie (allergie ecc, celiachia) legate agli ibridi e tecniche di trasformazione di alcuni ingredienti dei cibi che mangiamo preferibilmente…quanto ci costano le filiere di produzione diversificate???
Nessun prodotto derivante dal “grano” (gen. Triticum”) può essere ingerito dai celiaci in quanto contenente glutine. Non importa se antico, vecchio (quale poi sarà l’unità di misura per decretare il passaggio da un nobile aggettivo ad altro più malinconico non è dato sapere), “colpevolmente” (??!!!) moderno o proveniente da lontane nel tempo e nella storia regioni Iraniche con passaggio o meno dal Faraone registrato nel nuovo mondo.
Pochi, dubbi e controversi sono ancora i riscontri scientifici seri e documentati dalla letteratura internazionale relativi alla Gluten Sensitivity che è tutt’altra cosa, fortunatamente. Ma non basta certo una mail per analizzare il problema che mi auguro questa bella e dinamica testata vorrà sviluppare.
Sì perché della serietà , ripetibilità e trasparenza del procedimento scientifico dobbiamo fidarci anche in tempi di crescente successo mediatico di prezzolati cialtroni arringapopolo.
La scienza è disciplina figlia dell’Illuminismo laico e democratico che più benessere condiviso ha portato all’uomo strappandolo dalle morse della paura e della superstizione manipolata da pochi santoni.
Informarsi, leggere, conoscere anche per mangiare e vivere meglio , tutti.
E la ottima pasta italiana è una dei protagonisti.
Non ce lo deve ricordare solo Michelle Obama da oltre Oceano…
Concordo con Fabrizio la distinzione netta tra la celiachia e la sensibilità al glutine, che anche se la ricerca medica deve ancora scoprire, i consumatori intolleranti ne soffrono ugualmente le conseguenze.
Sulle differenze qualitative del grano moderno con i grani antichi, un attento osservatore come lui dovrebbe saperne la differenza e scientificamente parlando, non ignorarne l’impatto sul sistema digestivo ed immunitario.
Quello che l’evoluzione genetica produce in secoli e millenni di adattamento ambientale, le manipolazioni accelerate, per industrializzare le coltivazioni e le trasformazioni chimiche forzatamente indotte, sono differenze sostanziali e non superstizione.
L’approccio scientifico, se vuole fare un passo avanti, dovrà lasciare nel passato la concezione medioevale newtoniana ed aggiornare la visione a principi più moderni, perché la guerra alle streghe è superata non solo dalla fisica quantistica, ma da ogni approccio scientifico aperto a tutto lo scibile ancora da scoprire.
Compresa l’intolleranza al glutine, questa scientificamente sconosciuta reazione.