Gli italiani non conoscono tutte le caratteristiche sensoriali dell’olio extravergine di oliva. È quanto emerge da uno studio condotto dai ricercatori del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna (Barbieri et al., 2015), coordinati da Tullia Gallina Toschi, nell’ambito del progetto europeo ECROPOLIS ‘‘Organic Sensory Information System (OSIS)”. La maggior parte delle persone apprezza la nota di fruttato e, in parte, la percezione piccante, ma molti non sanno che anche l’amaro è un attributo di pregio. Lo studio dell’Università di Bologna ha riguardato alcuni oli extra vergini di oliva che differivano per provenienza (da coltivazione biologiche o convenzionali) per la presenza o assenza di certificazione d’origine (DOP/IGP), per il prezzo e per le caratteristiche sensoriali.
Gli oli selezionati sono stati analizzati per valutarne l’acidità libera, il numero di perossidi e la valutazione sensoriale (panel test). È stato inoltre determinato il profilo, ossia la composizione quali e quantitativa dei composti volatili, responsabili dell’aroma, e quello delle sostanze polifenoliche, responsabili invece del gusto amaro e della sensazione di piccante. I polifenoli dell’olio di oliva, sono noti perché “contribuiscono alla protezione dei lipidi ematici dallo stress ossidativo” (Reg. UE 432/2012), quindi rendono l’extra vergine particolarmente di pregio, sul piano nutrizionale, perché capaci di esercitare effetti preventivi nei confronti delle malattie cardiovascolari.
I risultati delle analisi chimiche hanno confermato quanto già noto, ossia l’esistenza di una relazione stretta tra l’intensità del fruttato ed il contenuto di alcuni composti volatili ed al contempo, tra l’intensità dell’amaro e del piccante e la quantità di polifenoli. Va ricordato che, anche per legge, il fruttato, l’amaro ed il piccante sono attributi sensoriali positivi caratterizzanti l’extra vergine di oliva.
Il test con i consumatori è stato realizzato in un centro commerciale coinvolte sessanta persone di differente età e frequenza di consumo di prodotti alimentari biologici (mai/occasionalmente/sempre). Per la valutazione olfattiva sono stati usati bicchieri di vetro, mentre, per la fase gustativa, sono stati impiegati pezzetti di pane non condito. Il questionario richiedeva di esprimere una valutazione sull’odore (quanto ti piace all’olfatto?), sul gusto (quanto ti piace al gusto?) ed un gradimento complessivo. Le persone dovevano inoltre dare un giudizio sull’adeguatezza dell’intensità degli attributi amaro e piccante (secondo lei, l’intensità di amaro/piccante è: troppo lieve/giusta/troppo elevata?).
Il test è stato condotto in due giornate consecutive. Nella prima non sono state fornite informazioni sui campioni da assaggiare (test cieco), mentre, nella seconda i campioni erano identificati come biologici o convenzionali (test con informazioni), senza però mostrare l’etichetta. I dati ottenuti dalle analisi chimiche e da quelle sensoriali condotte sia da assaggiatori professionisti (Comitato professionale dell’Emilia Romagna, Panel DISTAL), sia dai consumatori, sono stati elaborati in maniera congiunta per mettere in relazione gli elementi oggettivi di qualità degli oli scelti con quelli percepiti positivamente dai consumatori e quindi in grado di guidare le loro scelte. L’indagine ha evidenziato la scarsa influenza delle informazioni fornite ai consumatori sul metodo di produzione (convenzionale o biologico), rispetto al sapore ed all’odore degli oli. I consumatori intervistati, pur apprezzando la nota di fruttato e in parte, quella piccante, non hanno gradito il sapore amaro, soprattutto quando percepito ad un livello medio/intenso.
Lo studio evidenzia come le qualità sensoriali dell’olio extravergine di oliva non siano del tutto note nemmeno ai consumatori italiani Le persone, pur avendo gradito gli oli caratterizzati da sensazioni olfattive e retro-olfattive che ricordano le olive sane, fresche e le note riconducibili ai sentori di erba appena tagliata e mandorla verde, non hanno apprezzato il sapore amaro (un sapore, spesso erroneamente scambiato per “acido”, che invece è caratteristico degli oli extra vergini ad alto contenuto di polifenoli antiossidanti, dotati di proprietà salutistiche).
Un’altra evidenza riguarda la preferenza accordata dalla maggior parte dei consumatori agli oli con una certificazione d’origine (DOP), rispetto a quelli senza certificazione o a quelli venduti ad un prezzo inferiore ai 5 euro al litro. Secondo gli autori è importante ed urgente, anche in relazione ai continui scandali e polemiche che investono il settore oleario, spesso sterili e dannose per tutta la filiera, migliorare la comunicazione sugli olio extravergini, vergini e d’oliva. Tutti questi prodotti devono avere un mercato ed un prezzo corretto ed i consumatori devono essere in grado di poter scegliere consapevolmente conoscendone le proprietà nutrizionali, il gusto, le peculiarità e le differenze.
Riferimenti: Barbieri S., Bendini A., Valli E. e Gallina Toschi T. Do consumers recognize the positive sensorial attributes of extra virgin olive oils related with their composition? A case study on conventional and organic products. Journal of Food Composition and Analysis, 44, 2624, 186-195, 2015.
Regolamento (UE) N. 432/2012, relativo alla compilazione di un elenco di indicazioni sulla salute consentite sui prodotti alimentari, diverse da quelle facenti riferimento alla riduzione dei rischi di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini.
vi segnalo la crema di nocciole e cioccolato oppure pistacchi e cioccolato della tenuta Vannulo vicino Battipaglia (SA). questo caseificio da anni usa l’agricoltura integrata per le sue bufale e le cura OMEOPATICAMENTE!!!!! La crema è paradisiaca con olio extravergine, unico neo: il prezzo
L’articolo evidenza un elemento importante: l’olio evo è poco conosciuto dai consumatori nonostante le molte campagne che avvengono da tempo per farlo conoscere, valorizzare e promuovere. Non sono conosciute le sue caratteristiche aromatiche, a volte addirittura scambiate per difetti; non è conosciuto il valore dei polifenoli; soprattutto gran parte – la maggioranza – dei consumatori ritiene che l’olio d’oliva sia tutto uguale per cui acquista quello meno costoso, non sapendo che può essere olio di sansa o olio di altri semi ber contraffatto o elaborato chimicamente. Non sa che molte marche dal nome italiano contengono oli di ignota provenienza, mascherati magari da “comunitari”, ma entrati in Europa, ad esempio, dall’Africa (Ceuta spagnola), o dal porto di Amsterdam, con pari calorie degli oli evo italiani ma con bassi polifenoli e ben lavorato chimicamente. Quello che serve è una migliore comunicazione ai consumatori e una più serrata battaglia contro i prodotti sotto i citati 5 euro.
Non sono del tutto d’accordo. I consumatori sanno perfettamente che un olio che costa meno di 5 euro è un olio di scarsa qualità ma è comunque un olio. Se il consumatore non ha soldi da spendere per un olio di alta qualità si accontenterà di un olio meno pregiato. Se al consumatore non piace il sapore amaro, puoi dargli tutte le informazioni che vuoi sui polifenoli ma non gli farai cambiare il suo gusto soprattutto perchè alla fine le qualità organolettiche si pagano care. Io preferisco di gran lunga un olio Toscano rispetto a quello che mi produco io nel Lazio (poco fruttato, molto piccante e leggermente amaro).
Per quanto riguarda le olive che provengono dall’estero e le frodi alimentari, non si può pretendere che il consumatore vada oltre l’etichetta. Sono gli organi di controllo preposti che devono pensare a tutelare i consumatori. Non tutti gli oli fatti con olive della Comunità Europea sono cattivi oli (vedi Monini).
sì, ma se i nostri ministri della salute e dell’agricoltura non si danno una mossa, tutto ciò rimarrà sempre nel vago e, quindi, nell’oblio, con tanti cari saluti al miglioramento delle conoscenze consumeristiche da parte dei cittadini italiani…
Signor Emanuele, non tutti gli oli non italiani sono cattivi, ci mancherebbe di non essere d’accordo con lei! Ma come in tutti i prodotti agroalimentari quelli di filiera corta sono facilmente controllabili, quelli di filiera lunghissima, con origini non si sa dove, molto ma molto meno. Come poi anche lei ben saprà, durante il viaggio i documenti di accompagnamento si lasciano scrivere senza fatica. Poi, immagino che sia persona competente, per cui sa bene che oggi, con metodi fisici e chimici, si trasforma senza difficoltà un olio di sansa in olio extravergine, come è successo e succede, fin che non arriva chi ha le metodiche adatto per compiere controlli raffinati. Io non cito aziende – l’ha fatto lei – ma credo più nei frantoi medio-piccoli, che nelle grandi industrie olearie. E in Italia a gabbare i consumatori fin qui sono risultate essere le industrie olearie, non i frantoiani medio-piccoli, spesso produttori di olio evo Dop. E concordo con lei su un altro punto: con la crisi economica, unita alla scarsa conoscenza delle diverse tipologie di oli, il consumatore che si ferma davanti a uno scaffale di supermercato tende a prendere la bottiglia che costa meno; è un atto automatico, comprensibile, perché l’olio d’oliva è comunque un olio che deriva in qualche modo anche dalle olive e sicuramente riesce sempre a condire un’insalata. Ma, come in tutti i prodotti agroalimentari, vino e olio compresi, c’è prodotto e prodotto. E questo lo a benissimo anche lei e mi scuso della lunga chiaccherata.
Dando per scontato che l’olio d’oliva, il vergine e l’extra vergine siano ricavati dalle olive, come per il vino c’è quello per tutti i giorni e tutti i palati e tasche e quello per piatti preziosi e palati raffinati che può essere solo pregiato e quindi costoso.
Non appiattiamo l’analisi, né la sintesi per arrivare alla conclusione che gli italiani non conoscono l’olio di pregio ed i pregi dell’olio. Come pochi italiani sanno giudicare ed apprezzare un vino pregiato da uno genericamente buono, gradire un sapore amaro in un condimento senza saperlo abbinare, equivale al gradimento di un barbera piemontese abbinato ad un filetto di pesce bianco cotto al vapore.
Tra tutte le risposte, quella che condivido di più è quella di Emanuele. Non vedo perchè gli italiani dovrebbero “educarsi” a consumare un olio che a loro non piace. L’ importante è che l’ olio sia genuino e non contenga sostanze che fanno male.
Circa il km zero, abito in Piemonte , si arriva prima in Spagna che in Sicilia, se facciamo della vicinanza geografica un criterio di scelta….
Nelle navi romane affondate mi sembra sia stato trovato olio che veniva importato dal Nord Africa, non vedo perchè non potremmo importarlo anche ora, visto che mi sembra che tutti siano d’ accordo per aiutare quei paesi.Tra l’ altro l’ anno scorso in Italia di olio ne abbiamo prodotto poco, nelle varie polemiche non ho capito cosa avrebbero dovuto fare gli italiani per un anno, non consumare più olio di oliva?
Gentile signor Carlo, il problema è più complesso di quanto si creda. E’ ampiamente dimostrato dagli esperti che l’olio evo italiano Dop è in assoluto il migliore. E’ poiì ampiamente dimostrato, purtroppo, che un buon numero dli oli della grande industria olearia presenti in Italia sono fatturati o trasformati da lampanti o di sansa in olio evo mediante processi fisico-chimici. E’ poi ancora vero che sui trattamenti delle piante d’olivo con prodotti chimici l’Italia è il paese più attento e più severo, mentre le normative estere sono molto più larghe e permissive, con gli inquinamenti che può capire. Ciò premesso, la garanzia di “genuinità” la danno con sicurezza gli oli dei frantoi medio-piccoli, mentre non è garantita dagli altri. Credo, signor Carlo, che legga anche lei le cronache sui continui sequestri di olio e chieda informazioni ai dirigenti dei NAS e vedrà che se vuole avere dell’olio extravergine d’olivo di qualità, con piena sicurezza, deve trovare un frantoio, magari in Liguria, a lei vicina, conoscerlo e poi acquistarne l’olio. Il Km zero non centra, qui centra la sicurezza di avere un olio extravergine di alta e sicura qualità e l’olio evo Dop, gliela dà. E se costa meno di 6-7 euro la bottiglia diffidi, diffidi che non è assolutamente l’olio buono e genuino che lei desidera!
Lei parla di olio extravergine di oliva DOP che costa il doppio degli altri ma ha una quota di emaciato ridotta. Noi parliamo di normali oli extravergini
Uscendo dall’élite degli oli evo Dop, ci sono in Italia oli evo – alludo ai non Dop – di grandi industrie olearie e oli evo di frantoi medio piccoli – ad es. quelli del Veneto e del FVG -. E’ acclarato che generalmente gli oli evo dei frantoi medio piccoli sono genuini e non elaborati e/o contraffatti chimicamente, mentre gli oli evo delle grandi industrie olearie, sia internazionali che italiane, usano oli delle più diverse provenienze di cui non si sa da che olive derivano, come sono coltivati gli uliveti e come realmente quegli oli sono prodotti. E gli scandali che interessano soprattutto le aziende maggiori e che si susseguono numerosi, per il costante controllo delle istituzioni, lo stanno a dimostrare. Tutto qui dott. la Pira. Non mi permetto di affermare che tutti gli oli evo delle grandi marche non siano buoni, ce ne sono sicuramente, ma affermo – e lei non può contraddirlo – che gli scandali che si succedono a scadenze ravvicinate riguardano le grandi aziende olearie. Ecco perché credo di aver titolo per suggerire ai consumatori di scegliere, se possibile, oli di frantoi medio-piccoli e di andare, se possibile, alla lori ricerca, per realizzare un rapporto diretto con i frantoiani. E non dimentichi, dott. La Pira, che è in corso da tempo una lotta spietata dei “grandi” produttori tesa a eliminare i “piccoli” e “medi” produttori. Basta guardare ai prezzi delle bottiglie esposte negli scaffali dei supermercati e lo capisce chiunque. Se poi il problema è la indisponibilità economica degli acquirenti ad acquistare oli di alto pregio (ma tutti gli oli evo devono essere di alto pregio, cioè sani, buoni e genuini), credo sia valido anche in questo caso l’antico proverbio “chi si accontenta gode”, anche se l’acquirente costretto a spendere il meno possibile probabilmente non lo fa volentieri. Ma vogliamo difendere il vero olio extravergine d’oliva italiano o anche lei, dott. la Pira, privilegia l’olio turco, nordafricano, ecc. che, arrivato a Ceuita o ad Amterdam, diventa comunitario ed è messo in vendita a 3-4 euro la bottiglia da marchi importanti della grande industria olearia? E con questo penso di mettere il punto a questi miei chiarimenti.
Io sto con l’olio evo di qualità. Meglio se italiano. Tenga conto che in tutti gli articoli pubblicati quest’anno sul nostro sito relativi a test condotti in mezza Europa sull’olio extravergine dalle riviste dei consumatori e non solo, è emersa la criticità di marche come Bertolli e Carapelli e la buona qualità di Monini.