Bisfenolo A: nessun rischio per la salute dei consumatori dopo la decisione dell’Efsa di ridurre di 10 volte la dose giornaliera tollerabile
Bisfenolo A: nessun rischio per la salute dei consumatori dopo la decisione dell’Efsa di ridurre di 10 volte la dose giornaliera tollerabile
Roberto La Pira 22 Gennaio 2015Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) l’esposizione delle persone al bisfenolo A (BPA) attraverso il cibo e altre fonti non alimentari (polveri, cosmetici e carta termica) si può considerare al di sotto della dose giornaliera tollerabile (DGT), e pertanto non ci sono rischi per la salute dei consumatori. Sono queste le conclusioni del Panel Efsa dedicato ai materiali a contatto con gli alimenti (CEF), che alla luce dei nuovi studi ha deciso di ridurre di oltre 10 volte la DGT, passando da 50 a 4 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno (µg/kg di pc/giorno). Sulla base dei nuovi parametri, le stime di esposizione alimentare sommate a quelle provenienti da altre fonti, risultano da 3 a 5 volte inferiori alla DGT.
Per capire il significato della decisione, bisogna tenere presente che fino a pochi anni fa la principale fonte di bisfenolo A per i bambini era il biberon. Da quando nel 2011 l’Europa ha vietato l’uso del plastificante nei biberon, la situazione per i neonati (da sempre considerati i soggetti più a rischio) è migliorata e i livelli potenziali di assunzione si sono drasticamente ridotti. Sulla base di questa situazione, l’Efsa dice che attualmente non ci sono rischi per la salute dei consumatori, neppure per le fasce di età più vulnerabili come bambini, neonati e feti.
Bisfenolo A è una parola poco conosciuta dai consumatori, anche se stiamo parlando di un composto chimico molto impiegato nella plastica per stoviglie riutilizzabili e nei i rivestimenti interni delle lattine, oltre ad essere presente nella carta “termica” degli scontrini e delle ricevute fiscali. Il problema è che si tratta di una sostanza chimica classificata come “interferente endocrino” e, secondo gli esperti, i residui possono essere ingeriti attraverso gli alimenti e le bevande o assorbiti attraverso la cute e per inalazione. Gli studi sugli animali da laboratorio mostrano che gli effetti principali del BPA sono a carico di reni, fegato e ghiandola mammaria. È anche vero che i problemi si rilevano a dosi centinaia di volte superiori alla DGT, il cui calcolo ha tenuto conto di tutte le incertezze nei dati. C’è un altro elemento che l’Efsa sottolinea nel documento conclusivo, il valore temporaneo della DGT, in attesa dei risultati di studi in corso che saranno pronti fra 2-3 anni.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.