Si fa presto a dire biologico e ad attribuire al cibo senza  pesticidi ogni virtù. Quando però si vanno a vedere i numeri le cose stanno diversamente. Finora non è stato dimostrato in modo inequivocabile che gli alimenti di origine animale e vegetale ottenuti con metodi biologici presentino una superiorità nutrizionale rispetto a quelli ottenuti con metodi tradizionali. I vantaggi del biologico, che pure ci sono, vanno ricercati altrove, almeno fino a quando non emergeranno prove di segno diverso.

 

 

E’ quindi stata una doccia fredda per gli amanti del cibo senza pesticidi lo studio pubblicato da un gruppo di medici e nutrizionisti dell’Università californiana di Stanford su una delle più importanti riviste di medicina del mondo, gli Annals of Internal Medicine. I ricercatori  hanno cercato di mettere ordine in un settore che soffre a causa dell’anarchia di cui è spesso preda. Dena Bravata e i suoi colleghi hanno  messo mano alla letteratura scientifica e, dopo una scrematura iniziale, hanno identificato 237 ricerche condotte in modo corretto – 17 delle quali sotto forma di vera e propria sperimentazione clinica – su popolazioni che mangiavano o meno biologico, e le altre miste, ma costituite per lo più da indagini chimiche e biologiche sulla composizione dei diversi alimenti.

 

I risultati non evidenziano alcuna differenza significativa dal punto di vista nutrizionale tra gli alimenti biologici e gli altri. A dispetto di quanto ipotizzato da alcuni non contengono più vitamine, ma solo in qualche caso più fosforo. Allo stesso modo, non hanno mediamente più proteine o meno grassi (lo si vede, per esempio, nel latte), anche se talvolta hanno più acidi grassi omega tre. Anche per  frutta e verdura non vi sono differenze in grado di tradursi in benefici per la salute. La sola diversità è nei pesticidi che nei prodotti bio sono in media il 30% in meno, uno scostamento che per molti giustificherebbe la scelta. Tuttavia, sottolineano Bravata e i suoi colleghi, i livelli riscontrati negli alimenti tradizionali sono praticamente sempre al di sotto dei limiti consentiti e lo stesso vale per i livelli nelle urine dei bambini che mangiano alimenti non biologici, che restano sempre molto bassi.

La situazione non è diversa per le carni: il 67% dei polli biologici e il 64% dei tradizionali sono contaminati da Campylobacter, mentre rispettivamente il 35 e il 34% da Salmonella. Nel maiale il problema principale è l’Escherichia coli, presente nel 65% della carne biologica e nel 49% del tradizionale, mentre per il manzo non sono stati trovati studi comparativi. In generale, comunque, la contaminazione batterica sembra analoga. Una differenza importante però c’è: nella carne convenzionale sono presenti molto più spesso batteri resistenti ad almeno tre antibiotici. Questo aspetto non va sottovalutato e secondo molti, si può considerare un fattore sufficiente per giustificare la scelta bio, per contenere e contrastare il problema della resistenza batterica agli antibiotici.

 

La questione sembra abbastanza chiara: non è certo il valore nutrizionale il fattore che diversifica il biologico dal prodotto tradizionale, almeno fino a quando i sistemi di coltivazione, allevamento e trasformazione non risponderanno a regole condivise e uniformi a livello internazionale. Non ci si può però fermare qui. Come documentano da innumerevoli ricerche, se l’umanità vuole avere qualche chances di nutrire i nove miliardi di individui che popoleranno il pianeta entro il 2050 occorre cambiare modello alimentare e metodi di coltivazione, allevamento e lavorazione. Occorre dare fiato ai terreni, consentendo loro di rigenerarsi dopo un’abbuffata di pesticidi ed erbicidi durata per decenni, bisogna dare spazio alle colture locali e alle specie originarie – le sole che possono garantire il necessario rinnovamento genetico – è necessario smettere di trasportare alimenti da una parte all’altra del mondo, con impronte di CO2 non sostenibili e responsabili dell’emissione di gas  serra.

 

 

Ogni persona deve avere il diritto di scegliere liberamente se consumare cibi senza pesticidi e sostanze chimiche. La cosa certa è che mangiando bio non si assumono più vitamine o sali minerali, ma si ingeriscono meno sostanze con un valore nutrizionale nullo e più sane. La scelta dovrebbe essere sempre basata su considerazioni globali, che tengano conto dei moltissimi elementi in gioco. I consumatori americani, del resto, sembrano averla già fatta: se nel 1997 il mercato dei cibi biologici valeva 3,7 miliardi di dollari, nel 2010 il valore era già decuplicato (26,7 miliardi). Anche in Italia i consumi di prodotti alimentari biologici  nonostante la crisi continua a crescere, tanto che nei primi 6 mesi di quest’anno ha fatto registrare un incremento di oltre il 6%. 

Agnese Codignola

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ilpicard
ilpicard
10 Settembre 2012 15:34

Mah, credo che la maggior parte delle persone mangi bio per il minore o assente contenuto di pesticidi… questa cosa delle vitamine mi pare una di quelle assurdità che spesso i ricercatori tirano fuori giusto per pubblicare qualcosa

marian
marian
9 Settembre 2012 11:04

il problema è proprio l’assunzione di pesticidi, sostanze chimiche usate in agricoltura e negli allevamenti!! e non possiamo ignorare le patologie (compreso il cancro degli organi riproduttivi dovuto all’uso smisurato di antibiotici nelle cure degli animali)di cui si sta ammalando molta popolazione giovane.Io la penso così: meglio evitare di assumere cibi che ci avvelenano…!:)

barbara
barbara
6 Settembre 2012 07:09

Mangiare bio è una scelta etica, ecologica. E’ uno stile di vita che ci consente di risparmiare danni a tutti gli esseri viventi. E non è poco

Roberto
Roberto
6 Settembre 2012 12:59

Se consideriamo l’esito di questa ricerca dell’università di Oxford

http://www.ox.ac.uk/media/news_stories/2012/120904.html

ovvero che i prodotti bio non sono nemmeno necessariamente migliori per l’ambiente, cosa rimane di favorevole per i prodotti biologici?

Roberto Lo Presti
Roberto Lo Presti
6 Settembre 2012 13:45

Una mela rimane una mela, una pera rimane una pera, c’è bisogno di aspettare uno studio per capire questa cosa?

La differenza tra un prodotto bio e non bio sta nei fattori chimici ed etici.

Chimico poichè è diostrato dalla storia che i pesticidi usati sono contiuamente costituiti usati e successivamente BANDITI dopo che ne abbiamo ingerito quantità non definibili.

Etici perchè un marchi Bio su un pezzo di ciccia si ottiene solo se l’animale dal quale si ottiene quel pezzo di ciccia a fissuti in particolari condizioni.

Saluti

Sara543
Sara543
6 Settembre 2012 15:15

A dire il vero questa cosa che i cibi biologici dovrebbero contenere più vitamine non l’avevo mai sentita. Di solito vengono scelti perchè la gente non si fida degli antiparassitari e varie sostanze tossiche con cui vengono trattati i vegetali o i cibi sintetici o le dosi massicce di antibiotici con cui vengono rimpinzati gli animali da allevamento, che poi finiamo per ingerire indirettamente come nel caso delle uova (e non lo dico io: da un’analisi di Altroconsumo di qualcdhe anno fa, in diversi campioni di uova erano stati trovati antibiotici).
Personalmente non avrei mai sognato che una mela biologica e una non avessero un diverso contenuto nutrizionale, è la dose di sostanze chimiche sulla buccia che mi impensierisce.

Adriana
Adriana
26 Settembre 2012 10:48

mangerei volentieri bio se i prezzi non fossero così alti, mi costano quasi il doppio dei prodotti normali

Lombardo
Lombardo
3 Novembre 2012 13:44

Dopo anni di alimentazione "standard" e poi anni di alimentazione prevalentemente "bio" posso dire che gli effetti sulla mia salute e stato di benessere generale sono avvertibili.
Principalmente credo per la minore immissione di sostanze inquinanti/cancerogene/pesticidi e non tanto per la qualità del cibo in sè.