Gli aromi sono sempre gli ultimi nell’elenco degli ingredienti, ma a dispetto della posizione svolgono un ruolo fondamentale. Per rendersene conto basta guardare le etichette dei prodotti e scoprire che sono presenti quasi ovunque. Alcune eccezioni sono: olio, latte, uova, vino, pasta secca, formaggi, miele, yogurt naturale, succhi di frutta 100%, cacao amaro e pochi altri.
Il motivo è semplice, se negli alimenti confezionati non si aggiungono gli aromi il risultato a livello sensoriale può risultare deludente, anche se si usano ingredienti di pregio. Il miglior panettone preparato con uvette, canditi e burro di ottima qualità, non sarà mai eccellente senza un pizzico di aromi, la stessa cosa si può dire per merendine, torte, gelati, salse…
Il processo industriale comporta un’inevitabile perdita di sapore che può essere recuperato solo aggiungendo note aromatiche in grado di restituire e di mantenere sino alla scadenza il flavour originale. Non è esagerato dire che il successo di prodotti come il cornetto Algida sia dovuto alla pubblicità, alla qualità degli altri ingredienti ma anche all’aroma panna particolarmente indovinato.
Ma cosa si nasconde dietro la parola aromi? La risposta non è semplice, l’aroma di un frutto come la fragola è composto da oltre 250 molecole, per il cioccolato sono più di 600, mentre per il caffé tostato arriviamo a 900. L’industria individua alcune di queste molecole, le ricostruisce in laboratorio e le mette a disposizione delle aziende alimentari, che utilizzano solo quelle che rappresentano meglio l’odore, chiamate molecole target. Un alimento confezionato contiene un numero variabile da 10 a 40 molecole che costituiscono le note aromatiche di menta, vaniglia, cacao…
A questo punto entra in scena l’aromatiere che custodisce gelosamente nel suo “quaderno” le formule segrete. La questione è delicata perché si possono usare molecole vicine al sapore delle fragole mature o delle fragoline di bosco oppure abbinare la fragola… a cannella, menta od origano… Le combinazioni sono infinte, per questo è difficile trovare prodotti con lo stesso aroma.
Molti consumatori temono che le aziende usino gli aromi per infondere un buon odore ai prodotti anche se la materia prima non è proprio eccellente. In alcuni casi questa operazione è sin troppo evidente come l’aroma granchio o aragosta aggiunto al surimi o alle zuppe di pesce disidratate, ma il problema non va enfatizzato. “L’aroma – spiega un addetto ai lavori – è un po’ come il rossetto che ingentilisce il viso senza modificare i lineamenti. Il flavour aggiunto allo yogurt alla fragola o all’aranciata migliorano il gusto, ma se il vasetto non contiene fragole e la bibita non contiene succo di arancia, nessuna nota aromatica per quanto buona è in grado di sostituire questi ingredienti».
Il numero di molecole è importante, perché per ottenere un aroma buono e persistente ne occorrono tante, e i costi lievitano in proporzione. È vero che l’incidenza prodotto finito è abbastanza trascurabile, ma i costi possono lievitare in modo esponenziale. I conti sono presto fatti: un barattolo di un chilo con il 5-10% di molecole costa dai 20 ai 90 €/kg ed è sufficiente per produrre 1.000 kg di biscotti. Se però si usano aromi naturali i listini lievitano anche di 10 volte, e anche per questo motivo sono poco usati.
Roberto La Pira
L’arte di aromatizzare i cibi è antica, ma l’utilizzo delle spezie è cosa molto diversa dall’aggiunta degli aromi artificiali. Dalla mia esperienza è una questione di abitudine: quando non si è abituati, gli alimenti che ne contengono sanno di "medicina" e restano anche un po’ sullo stomaco. Lo yogurt yomo (non ne conosco altri, purtroppo, ma sono benvenuti suggerimenti) senza aromi è buonissimo, gli altri sanno di "chimico". E’ un po’ come il dado da cucina: chi non lo usa mai, fa fatica a mandare giù il glutammato e simili.
Il problema sollevato da Francesco è più che mai vero. Gli aromi di sintesi rendono i prodotti industriali molto più intensamente aromatici di qualunque prodotto senza aromi. Dunque, e in futuro sarà sempre più così, chi è abituato al prodotto industriale riterrà "normale" l’aroma chimico, e "innaturale" quello naturale, ma soprattutto molto più debole!
E lo stesso vale per i ristoranti: praticamente tutti "dopano" i sughi con dadi e insaporitori molto intensi, così quando assaggiamo un sugo di pesce fatto solo col pesce, lo riteniamo "molto delicato", "naturale", ma in realtà non gli diamo il giusto merito.
Per me l’uso degli aromi resta controverso. Io continuo a dare un grande valore aggiunto ai prodotti senza aromi chimici. Per inciso: gli aromi naturalidentici non esistono più secondo le nuove leggi europee.
Per correttezza, mi sembra fuorviante dire che " sono presenti dappetutto. Le uniche eccezioni sono: olio, latte, uova, vino, pasta secca, formaggi, miele, yogurt naturale, succhi di frutta 100%, cacao amaro e pochi altri." In realtà moltissimi prodotti sono privi di aromi, dai vegetali surgelati alle carni, al pesce, alle paste ripiene…. talvolta l’utilizzo di aromi (quelli naturali, costituiti da estratti vegetali) può essere un "tocco di rossetto", ma spesso è invece una maniera per esaltare proprietà organolettiche manchevoli nel prodotto stesso sia a causa della qualità (organolettica) delle materie prime, sia a causa di grossi problemi nei processi di trasformazione/cottura casalinga, che compromettono la presenza o la performance di quelli naturalmente presenti nelle materie prime (es.: la cottura in forno giocoforza compromette il bouquet dell’olio extravergine di oliva, anche del migliore). Tuttavia, si potrebbe riflettere sull’uso proprio o improprio degli aromi nell’industria alimentare: ci sono aziende che sono riuscite a produrre yogurt alle fragole con un ottimo profilo organolettico senza aggiungere aromi, ce ne sono altre che ne fanno un uso eccessivo senza ricercare soluzioni tecnologiche alternative…
C’è però da dire che esistono gli aromi naturali e gli aromi natural identici, dovrebbero essere praticamente identici solo che i secondi sono riprodotti in laboratorio, mentre gli aromi non sono per niente naturali, c’è solo una lunga lista di roba chimica che riproduce più o meno un aroma. Per dire insomma che la questione non si può risolvere in 2 righe, sarebbe da approfondire.
Varrebbe la pena ricordare che gli aromi non sono una prerogativa esclusiva dei prodotti confezionati. Da sempre si utilizzano aromi, erbe aromatiche e spezie per ingentilire o caratterizzare il sapore di molti piatti, nelle ricette di cucina come nei prodotti venduti sfusi, dalla gastronomia alla pasticceria. E proprio l’Italia si distingue per una produzione aromatiera che anche a livello industriale o artigianale spesso si fonda su tradizioni secolari a partire dalla selezione delle materie prime, ovunque esse siano realizzate
Siamo daccordo ma un conto sonogli aromi naturali, conosciuti da tempo immemore, un altro sono quelli artificiali… dei quali spesso si sa molto poco.
E’ interessante notare che i maggiori gruppi mondiali che producono essenze non food (Givaudian, Firmenich) producono anche aromi food. Ed è un mercato assai concentrato, con alti livelli di innovazione. Il problema rimane che gli aromi a livello food safety sono valutati con un approccio altamente discutibile, le cd TTC (Treshold of Toxicological Concern), che in assenza di evidente cancerogenicità della struttura chimica del composto, assumono non necessaria un risk assessment ordinario.
Emme 3, Guido Cladini, io ocnosco lo yogurt della Yomo forse ci sono altre marche , se qualcuno le conosce può aoutarci a completare l’elenco.
@Guido Cladini
"… ci sono aziende che sono riuscite a produrre yogurt alle fragole con un ottimo profilo organolettico senza aggiungere aromi…". Si potrebbero avere i nomi di queste aziende? Grazie.
Quello che non viene detto è che determinati prodotti come ad esempio le Fragole non hanno aroma di sintesi che tenga, per quanto ci si sforzi non avrà sapore o odore di fragola ma semplicemente la ricorderà , la cosa triste è che per i poveri palati dei cittadini del nuovo millennio l’aroma finto è più familiare del prodotto vero.
ma provate ad assaggiare un gelato con vero miele o vera frutta anziché l’aroma per rendervi conto della differenza.