I pesticidi – neonicotenoidi, ma non solo – danneggiano la capacità di volo delle api, e si accumulano negli alveari, provocando danni a tutta la colonia. Si fa più chiaro il ruolo di alcune sostanze chimiche molto utilizzate in agricoltura nella crisi che sta colpendo le api in tutto il mondo, grazie a due studi pubblicati su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, che hanno indagato due aspetti finora poco chiari.
Nel primo, condotto in collaborazione dai ricercatori dell’Università di Bologna coordinati da Giovanni Burgio e da quello dell’Università di San Diego coordinati da James Nieh, è stato accuratamente dimostrato che uno dei più diffusi neonicotenoidi, il thiamethoxam, compromette seriamente la capacità delle api di volare, rendendo i voli più brevi e disordinati. Per studiare questo aspetto fondamentale della vita delle api, gli autori hanno costruito un apposito strumento (che hanno chiamato mulino), nel quale le api possono volare liberamente ma sono monitorate grazie a un insieme di strumenti e a un’imbragatura montata sul loro torace. Quindi hanno registrato per mesi i voli delle api, giungendo alla conclusione che l’esposizione a un livello di neonicotenoide elevato, ma mai letale, e comunque simile a quello che si ritrova nei terreni dove esso viene utilizzato, si traduce in una grave compromissione della capacità di volare e in particolare della velocità, della durata e della distanza percorsa, effetto visibile dopo un solo giorno. Le api volano meno bene, in modo erratico, e questo può favorire un disorientamento che le rende poi incapaci di tornare all’alveare; anche nelle prime ore successive all’esposizione, nonostante ci sia un’iniziale accelerazione, la rotta è poco chiara. “La possibilità di volare” ha sottolineato Simone Tosi, primo autore dell’articolo, al momento a San Diego “è cruciale da diversi punti di vista: da essa dipendono, tra l’altro, l’impollinazione e l’approvvigionamento di cibo per tutto l’alveare, che risente gravemente della carenza di cibo”.
E anche quando i nutrienti sono sufficienti, purtroppo, la situazione non migliora, come dimostra il secondo studio, questa volta fatto dagli esperti della Cornell University di New York. Oggetto della ricerca era appunto la qualità del cibo prodotto dalle api esposte agli insetticidi, e a tal fine gli autori hanno verificato che cosa succedeva in 120 colonie di api presenti in 30 frutteti dove non veniva usato alcun insetticida.
Le api producono normalmente quello che viene chiamato pane delle api, un alimento a base di polline, e analizzando quello presente negli alveari si è visto che il 17% aveva livelli di pesticidi (neonicotenoidi e altri) molto alti, e il 73% livelli da esposizione cronica. Il motivo, secondo gli autori, è chiaro: queste sostanze, sparse per via aerea ma non solo, sono molto persistenti nel terreno, e si diffondono facilmente anche in zone dove non vengono messi di proposito; per questo le si ritrova ovunque, anche nel polline assorbito dalle api come alimento e in campi dove non ce ne dovrebbero essere, come frutteti mai trattati. Nella realtà, oltretutto, circa sei su dieci lo sono.
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Giornalista scientifica
Mi chiedo spesso come mai non vengono analizzati (se cntengono pesticidi di qualsiasi genere ) i frutti o le verdure che vengono vendute al banco. Sembra sempre che i pesticidi al momento della vendita spariscono nel nulla.