Un gruppo di 54 grandi società di investimento, che gestiscono risparmi e fondi pensione per un patrimonio complessivo di mille miliardi di dollari, hanno chiesto alle catene della ristorazione di porre fine all’eccessivo uso di antibiotici da parte dei loro fornitori di carne e pollame. Il timore è che l’abuso di questi farmaci importanti per l’uomo danneggi la salute e procuri danni economici.
Come ha riferito il Financial Times, il gruppo di investitori ha inviato una lettera a grandi catene di fast food, come McDonald’s e Domino’s Pizza, e ad altri otto gruppi di ristoranti a livello mondiale: Brinker International, Darden Restaurants, Mitchells & Butlers, Restaurant Brands International, Restaurant Group, The Wendy’s Company, Yum! Brands e JD Wetherspoon.
La preoccupazione degli investitori, così come dell’Organizzazione mondiale della sanità, è che l’uso massiccio a scopo preventivo e per favorire la crescita degli animali – come è consentito in vari paesi, tra cui gli Stati Uniti, ma non in Europa – diffonda la resistenza di alcuni batteri, con serie ripercussioni sull’efficacia delle cure dei pazienti.
Tra gli investitori protagonisti dell’iniziativa, ci sono Aviva Investors, Boston Common Asset Management, Impax Asset Management, EdenTree Investment Management e Coller Capital, il cui amministratore delegato, Jeremy Coller, ha spiegato all’agenzia Reuters come le catene della ristorazione siano nel portafoglio della maggior parte dei loro fondi pensione e del risparmio gestito, e quindi chiedere come intendano rispondere a questa sfida rappresenta una corretta gestione del rischio.
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Incredibile ma vero, che il problema non venga affrontato dalle istituzioni sanitarie, che debbono tutelare la salute pubblica, ma dagli investitori dei fondi pensione.
Va bene che oggi domina il mercato e la finanza, ma delegare la salute pubblica all’iniziativa dei finanzieri, siamo ben oltre il mercato delle vacche all’ingrasso ed i commissari europei che stanno trattando il TTIP dovrebbero rendere trasparente le loro trattative.
Mentre questo mi sembra un bel segnale di sveglia e lungimiranza per le nostre istituzioni sanitarie per l’inesistente politica di prevenzione, che non può essere ridotta alle sole campagne di vaccinazioni.