Allerta botulino nella zuppa Terra&Vita prodotta da Zerbinati. L’azienda si difende, ma la tossina non è arrivata dal cielo. Un caso simile nel 2010. Il silenzio delle istituzioni
Allerta botulino nella zuppa Terra&Vita prodotta da Zerbinati. L’azienda si difende, ma la tossina non è arrivata dal cielo. Un caso simile nel 2010. Il silenzio delle istituzioni
Roberto La Pira 26 Marzo 2014In riferimento all’intossicazione botulinica nella Provincia di Padova dopo il consumo di una Zuppa di legumi e cereali a marchio Terra & Vita, prodotta e confezionata da Zerbinati srl, la società ha diffuso un comunicato in cui si dichiara estranea ai fatti e rovescia le colpe su “errate modalità di conservazione e di consumo“.
Difficile dire se Zerbinati ha ragione, il nostro mestiere non è quello di fare i giudici, ma una cosa è certa il botulino germina e sviluppa la tossina nelle confezioni chiuse. Di conseguenza anche se la zuppa è stata conservata male dal consumatore, ora ricoverato in ospedale in gravi condizioni, il batterio si trovava già nel vasetto confezionato. Questo è un primo elemento molto grave che inficia la tesi di Zerbinati perchè le spore di botulino non devono essere presenti nella zuppa.
C’è di più sul sito internet di Zerbinati compaiono ben in evidenza i consigli di utilizzo, e si consiglia di scaldare “a fuoco lento per per alcuni minuti “in pentola, oppure “per 3 minuti nel forno a microonde alla massima potenza, mescolare e poi ancora per 1 minuto” (vedi foto a lato). Seguendo le istruzioni, l’eventuale tossina del botulino che si è sviluppata perchè il vasetto conteneva il microrganismo ed è stato conservato male, non verrebbe neutralizzata (*) Le modalità di conservazione (tenere in frigorifero) che sono molto importanti per questi prodotti, sono riportate sulla confezione in cartteri piccoli a fianco degli ingredienti. In altre parole se le analisi sono corrette, è ragionevole ipotizzare che le spore del botulino si trovassero nella zuppa e che siano germinate producendo la pericolossisisma tossina. La persona che ha mangiato le due porzioni, anche se ha scaldato la zuppa non ha eliminato la tossina ed è finita in ospedale intossicata. L’ipotesi che la tossina sia finita nella zuppa dopo l’apertura è del tutto fantasiosa perchè la tossina è una sostanza non presente nell’ambiente e comunque viene prodotta solo in condizioni di anaerobiosi, ovvero in vasetti chiusi.
Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza come free lance con diverse testate (Corriere della sera, la Stampa, Espresso, Panorama, Focus…). Ha collaborato con il programma Mi manda Lubrano di Rai 3 e Consumi & consumi di RaiNews 24
Condivido lo sdegno dell’autore dell’articolo per cui, a questo fatto grave per la salute dei consumatori non viene data la visibilità che evidentemente per altri interessi era stata data ad altri episodi in cui la salute dei consumatori non era in pericolo.
Non condivido invece l’osservazione sulle modalità di riattivazione perchè se è vero che tali modalità non consentono di eliminare la tossina suppongo che il piano di autocontrollo dell’azienda (approvato dall’ASL di competenza) sia stato studiato per fare in modo che nel prodotto in questione la tossina non avrebbe dovuto esserci. Pertanto, le modalità di riattivazione sono quelle corrette. L’errore è stato a monte. E sul perchè si sia verificato ho dato la mia opinione nell’altro articolo.
Sembra strano che , dato il tipo di alimenti abbastanza critici proprio per botulino, qualcosa possa essere sfuggito nel processo di inattivazione delle spore. Sicuramente sarà stato applicata una severità di trattamento(F°) sufficiente, e risulterà dal piano di autocontrollo e gestione del rischio. Se veramente si tratta di tossina botulina B vi deve essere stata una ridotta contaminazione crociata in qualche zona dell’impianto (valvole ?…) e probabilmente la presenza di spore di botulino non riguarderà l’intero lotto. Il prodotto tra l’altro è confezionato in presenza di aria, con difficoltà per il metabolismo del microorganismo, e ne è data la prescrizione della conservazione in frigorifero a causa di un confezionamento non asettico. Qui si vede come il tanto deprecato ,(fino ad ossessionare dannosamente i consumatori), utilizzo di idonei quanto innocui agenti antifermentativi, sarebbe invece auspicabile e molto utile quale barriera finale nella gestione del rischio ove la catena del freddo, fuori controllo del produttore, possa subire un’interruzione.