Persona tiene tra le mani zolla di terra con piantina; concept: agricoltura biologica

Lo scorso mese di febbraio abbiamo visto gli agricoltori scendere in strada con i loro trattori per manifestare contro le richieste dell’Europa per la tutela dell’ambiente naturale e della biodiversità, considerate, da molti di loro, ‘eccessive’. Fra queste c’era l’obiettivo, poi cancellato, di ridurre del 50% l’uso dei pesticidi più pericolosi, entro il 2030.

Agricoltori e pesticidi

Se questa richiesta risulta, per il mondo agricolo, inaffrontabile, significa che queste sostanze sono considerate indispensabili per la produzione. I pesticidi sono utilizzati per proteggere le colture da tutti gli organismi nocivi e prevenirne gli effetti, quindi per eliminare piante infestanti, insetti, funghi, batteri e qualsiasi essere vivente che ne ostacoli la crescita. Sono usati anche per conservare i prodotti vegetali e per eliminare organismi dannosi in ambiti diversi da quello agricolo, per esempio contro le erbe che crescono lungo le strade.

Le sostanze utilizzate come pesticidi sono molto numerose, agiscono con modalità diverse e spesso non è noto con quali meccanismi l’ambiente riesce a degradarle e quanto tempo è necessario. Sono impiegate in tutto il mondo con criteri e norme diverse: si stima che a livello globale ogni anno si utilizzino tre milioni di tonnellate di pesticidi. In Europa nel 2020 ne sono state utilizzate 468 mila tonnellate una quantità che da 20 anni si mantiene costante.

Impatti sulla salute e sull’ambiente

Molte di queste sostanze sono tossiche anche per l’uomo e altre specie animali e vegetali. Esiste naturalmente la possibilità di trovarne residui nel cibo e per questo i prodotti alimentari sono sottoposti a controlli regolari (di cui abbiamo parlato in questo articolo sul report di Legambiente 2023). Più difficile da controllare è forse l’impatto sull’ambiente, perché l’uso dei pesticidi, insieme alle tecniche di sfruttamento intensivo caratteristiche della nostra agricoltura ‘industriale’, sta drasticamente impoverendo i terreni. Senza dimenticare che una parte non trascurabile di queste sostanze, dilavata dalle piogge, finisce nelle acque e può danneggiare animali e vegetali andando ad alterare gli ecosistemi acquatici, oltre a compromettere l’utilizzo di queste stesse acque.

Pesticidi o erbicidi spruzzati da un erogatore a mano su erbe in un campo
L’uso dei pesticidi e di tecniche di sfruttamento intensivo sono caratteristiche della nostra agricoltura ‘industriale’

I dati dell’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), relativi al biennio 2019-2020, segnalano il rilevamento di residui di pesticidi 55,1% delle acque superficiali e nel 23,3% delle falde sotterranee. Il 30,5% dei punti di monitoraggio delle acque superficiali mostra concentrazioni di residui superiori ai limiti normativi e lo stesso accade per il 5,4% delle acque sotterranee.

Il glifosato la fa da padrone

Fra le sostanze che più spesso determinano il superamento, troviamo l’erbicida glifosato e l’AMPA, sostanza in cui si trasforma il glifosato una volta immesso nell’ambiente. Al glifosato dedichiamo molto spazio in queste pagine, perché è da anni al centro delle polemiche. Nonostante questa sostanza sia stata classificata come  “probabile cancerogeno” dalla IARC e diverse ricerche suggeriscano che possa provocare mutazioni e danni al feto, la Commissione europea ha da poco rinnovato l’autorizzazione al suo utilizzo per altri dieci anni. Un aspetto da evidenziare è poi la presenza di miscele di pesticidi nello stesso campione, fino a un numero massimo di 31 diversi principi attivi.

Le sostanze attualmente vendute in Italia come pesticidi sono poco più di 300, ma quelle che troviamo nelle acque sono più numerose, perché possono rimanere nell’ambiente anche per molti anni dopo essere state bandite dal commercio.

Che cosa si può fare per orientare l’agricoltura verso una rivoluzione ecologica, se sono proprio gli agricoltori a difendere questo sistema produttivo? Ne abbiamo parlato con Giovanni Dinelli, docente di agronomia all’Università di Bologna.

“Gli agricoltori hanno ragione di protestare – dice Dinelli – perché stanno scomparendo, a causa di un sistema agroalimentare che li strozza. Dal 1982 a oggi, in circa 40 anni, le aziende agricole italiane si sono più che dimezzate, passando da tre milioni a un milione e 200 mila. Per sostenere l’agricoltura si dovrebbe prima di tutto garantire un prezzo equo, quando oggi la maggior parte dei prodotti (dal grano ai meloni) sono pagati agli agricoltori 20-30 centesimi al chilo. I finocchi, che in questo momento sono pagati 20 centesimi al chilo ai produttori, si possono trovare in vendita al dettaglio a quasi 4 euro al chilo. Interrompere questo sistema distorto è il primo punto da affrontare.”

Trattore spruzza pesticidi in una vigna
Difendendo i pesticidi, gli agricoltori difendono anche il sistema che li strozza

“Gli agricoltori però, protestando contro la richiesta di ridurre l’uso di pesticidi, difendono il sistema che li strozza. – Sostiene Dinelli – Le associazioni di categoria protestano contro le richieste dell’Europa ma non fanno niente per cambiare davvero il sistema. Si può tranquillamente dire che il nostro sistema alimentare è caduto nell’oligopolio. Le più grandi società alimentari dominano ogni anello della catena alimentare, industriale e commerciale da 8-10 trilioni di dollari. Quattro aziende (Syngenta, Bayer, Basf e Corteva) controllano il 62% del mercato agrochimico mondiale (dati ben evidenziati nel rapporto Food Barons 2022 di ETC).”

Qual è la situazione delle nostre campagne?

“A causa dello sfruttamento intensivo e dell’uso di pesticidi, i suoli agricoli si stanno impoverendo rapidamente, – fa notare l’esperto – se continuiamo in questo modo, fra 50 anni la Pianura Padana sarà un deserto. Già adesso, la metà dei terreni di pianura dell’Emilia-Romagna non arriva al 2% di sostanza organica, quantità considerata dalla FAO valore di soglia verso la desertificazione. Se andiamo a vedere il volume di pesticidi utilizzato in Italia, vediamo che è calato negli ultimi decenni, in valore assoluto, ma questo si spiega semplicemente con il fatto che la superficie agricola si è ridotta nell’ultimo trentennio di circa il 15% e la superficie a biologico si è raddoppiata.”

D’altra parte, però, come potrebbero, gli agricoltori, rinunciare a questi prodotti in un tempo breve, come chiede (o meglio, chiedeva) l’Europa?

“La Comunità europea ha importanti responsabilità – dice Dinelli – perché con il Green Deal, considerando la riduzione dei pesticidi e l’aumento dei terreni lasciati incolti, ha suggerito un percorso virtuoso ma non ha creato le condizioni perché queste richieste potessero essere soddisfatte. Il sistema agricolo è iniquo e inefficiente. Per cambiare le cose si dovrebbero garantire prezzi minimi agli agricoltori, regolamentare l’import perché un prezzo equo dovrebbe essere garantito a chiunque, e sostenere gli agricoltori verso la transizione ecologica. Servirebbero investimenti mirati, non distribuiti a pioggia, ma indirizzati al sostegno di un’agricoltura davvero “ecologica”, grazie anche alla diffusione delle tecnologie già disponibili, utili a ridurre l’impatto.”

Bisogna anche considerare che negli ultimi anni le vendite di prodotti biologici stanno rallentando, e questa tendenza pare, almeno in parte, da ricondurre all’aumento generalizzato del prezzo dei prodotti alimentari, che spinge molti italiani a risparmiare, magari rinunciando proprio ai prodotti bio, il cui prezzo medio è più elevato di quelli “convenzionali”.

“Questo è vero – dice l’esperto – ma dobbiamo renderci conto che può valere la pena spendere qualcosa in più per un alimento prodotto in modo salutare e rispettoso dell’ambiente. Attualmente, solo una piccola parte di ciò che spendiamo per un alimento biologico arriva al produttore. Questo deve cambiare, ma per garantire il prezzo giusto ai produttori, una parte dello sforzo deve inevitabilmente ricadere sui consumatori.”

“Il sistema biologico, comunque, non è l’unica soluzione. – Continua Dinelli – Esistono molti modi per ridurre la quantità di sostanze chimiche che invadono i campi, arrivando nei fiumi, nei mari e nei nostri piatti. Per esempio, ripristinare un certo equilibrio naturale nell’ambiente rurale reintroducendo siepi e alberi. Oppure utilizzando le diverse tecnologie (come la robotica associata alla intelligenza artificiale) che permettono di eliminare le piante infestanti in modo mirato, senza l’utilizzo di diserbanti. O ancora utilizzando i sensori che, registrando le condizioni chimico-fisiche del campo, permettono di razionalizzare e ridurre al minimo l’impiego di pesticidi. Sono tecnologie attualmente più costose rispetto al ‘semplice’ utilizzo di sostanze chimiche e richiedono un investimento importante, però sono già disponibili e questa è la strada da percorrere.”

Tre sono quindi gli aspetti su cui puntare per una vera transizione ecologica: supporto agli agricoltori, utilizzo di tutte le tecnologie disponibili e sensibilizzazione dei consumatori.

© Riproduzione riservata Foto: Fotolia, Depositphotos

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luigiR
luigiR
18 Aprile 2024 14:58

ma se queste iniziative non le prendono le nostre istituzioni principali, europee e nazionali, come si fa a convincere le associazioni di categoria ad invertire la rotta per i propri rappresentati? la politica deve guidare questi cambiamenti, pensando a come incentivarli e correggere ciò che non va nella filiera, a partire dalla produzione sino al consumo finale. purtroppo, oggi, il sentimento comune di chi mantiene alla base il settore primario è quello di sentirsi schiacciato nei meccanismi perversi messi in moto dagli operatori del commercio e dell’industria, con le multinazionali che dettano le regole a tutti. se questi processi non verranno interrotti, il peggio non smetterà più di arrivare.

giuseppe altieri
24 Aprile 2024 00:45

come al solito ci si dimentica della legge, che prevede l’obbligo di impiego prioritario di tutti i mezzi tecnici alternativi ai pesticidi chimici sintetici, prima di poter impiegare un pesticida chimico e solo su autorizzazione da parte di un consulente fitosanitario abilitato e iscritto agli albi regionali… Tale legge D.lgs 150/2012 ha infatti reso obbligatoria per tutta l’Italia la produzione integrata che prevede quanto da me indicato (vedasi le linee guida del PAN sull’uso sostenibile dei pesticidi, criteri generali obbligatori)… Invece, ancora oggi, fuori dalla legge e impunemente si vede usare pesticidi chimici senza prima aver impiegato quelli biologici e gli insetti utili o altre tecniche biologiche…alternative e prioritarie, ovvero obbligatorie. In quanto il pesticida chimico per poter essere usato deve essere anche giustificato da un danno superiore alle soglie economiche di intervento ovvero la spesa necessaria e i costi indiretti sulla salute ambientale.
ad esempio il glifosate è di fatto vietato dal 2014 in quanto le tecniche meccaniche alternative sono più che sufficienti a controllare le erbacce sotto i frutteti o interrarle prima delle semine e tali tecniche sono obbligatorie in quanto prioritarie…
L’uso dei pesticidi sintetici invece viene spesso indicato come intervento preventivo (esempio vedasi i bollettini fitosanitari delle regioni di questi giorni sulla peronospora della vite o altre malattie dei cereali, quando l’uso preventivo e prioritario si impone con mezzi biologici quali rame e zolfo…appunto preventivi e biologici…
Prof. Giuseppe Altieri – Ist. Sup Istruzione Agraria di Todi, per anni collaboratore del Prof. Giorgio Celli Cattedra di Lotta Biologica all’Università di Bologna
e vicepresidente del COLIBRI OILB – coordinamento operatori di lotta biologica integrata delle regioni italiane- Agroecologo

giova
giova
Reply to  giuseppe altieri
26 Aprile 2024 22:01

Grazie per questi approfondimenti.

giuseppe altieri
24 Aprile 2024 01:01

inoltre, sulla base del principio di precauzione, “in primis non nuocere”, le norme europee pagano tutti i mancati ricavi e maggiori costi per chi coltiva in modo biologico, più il trenta per cento per le azioni collettive…
e con le misure agroclimatico ambientali si dovrebbe pagare il maggior costo della lotta biologica nella produzione integrata…
e non la produzione integrata, a base di pesticidi (integrated Pesticide Management, mi si consenta la battuta…) in quanto obbligo per tutti e non impegno volontario degli agricoltori. Ciò rappresenta una distrazione di risorse europee molto grave e illegale, in quanto la cosiddetta adesione al sistema volontario di certificazione della produzione integrata rappresenta solo un metodo di controllo (oltretutto inefficace in assenza di prescrizione da parte dei consulenti fitosanitari per l’impiego dei pesticidi sintetici, spesso venduti a scontrino… e senza le priorità d’uso delle tecniche biologiche alternative )…e pertanto la Produzione integrata potrebbe godere solo di un rimborso per le spese di “certificazione “… non certo lo sperpero di miliardi di euro a ettaro, in quanto come detto Obbligatoria, per cui non più inseribile tra i pagamenti agro-climatico-ambientali. che infatti dal 2014 hanno per questo cambiato definizione.
Uno scandalo tutto Italiano…
mentre il bioaccumulo di pesticidi ha ormai superato da decenni il livello di sopportazione biologica della specie umana e per molte altre specie…
Cosa aspettano i sindaci, tutori della salute dei propri esindeti, a vietare i pesticidi sintetici, vistro che gli agricoltori si dovrebbero veder pagati tutti i mancati ricavi e maggiori costi per diritto prevalente comunitario? Ovvero, in applicazione dell’art 41 della costituzione che prevede il divieto di attività economica a danno della salute ambientale… Oltetutto, attivando in tal modo un territorio biologico, ed ottenendo anche un guadagno del 30 per cento potenziale per le azioni collettive bioterritoriali… Imponendo quindi alle regioni e al ministero, il rispetto della legge… attraverso le ordinanze comunali… a tutela dei diritti costituzionali a loro delegati.
Siamo ormai ben sterilizzati dai pesticidi , cosi come i terreni perdiamo fertilità in modo drammatico (www.ecofoodfertility.it)…
Ai posteri l’ardua sentenza… se vi saranno.

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