Trattore si prepara a spruzzare pesticidi su un campo; concept: agricoltura, glifosato

C’è un rapporto rimasto segreto, chiuso nei cassetti dell’agenzia per la sicurezza alimentare francese ANSES per otto anni, e ora finalmente reso noto, che potrebbe cambiare il destino (europeo) dell’erbicida più utilizzato e controverso al mondo: il glifosato.

Le autorità nello scorso mese di novembre hanno prolungato per dieci anni l’impiego in Europa, ma l’approvazione, più che contestata, non ha tenuto conto dell’assenza, nei dossier presentati, del test più importante di tutti: quello che valuta la genotossicità di una sostanza, cioè la sua capacità di danneggiare il DNA degli organismi con i quali entra in contatto e, quindi, di favorire lo sviluppo dei tumori.

Nel rapporto mai pubblicato, si parlava proprio della necessità del test di genotossicità, considerato indispensabile prima di qualunque decisione, insieme a due test in vitro.

Per tale motivo la scelta di non renderlo pubblico, secondo alcune associazioni ambientaliste, è sospetta. Sarebbe stato oscurato per evitare qualunque ostacolo al rinnovo dell’erbicida.

Tra gli accusatori c’è il quotidiano Le Monde, già in prima linea nella pubblicazione dei cosiddetti Monsanto Papers, e arrivato a misure estreme. Il giornale ha fatto causa all’ANSES, ricorrendo alle norme sulla trasparenza degli atti pubblici, e ha ottenuto così la sua pubblicazione in extremis, un giorno prima dell’udienza in tribunale, insieme a una nota di accompagnamento che, però, ancora una volta, non ha convinto del tutto.

Primo piano di un erogatore di pesticidi o fertilizzanti di un trattore

Le dichiarazioni di ANSES

Secondo l’ANSES il rapporto non è mai stato completato né reso pubblico perché superato dai fatti e dalle valutazioni degli organismi europei. Nel documento si legge che la Commissione Europea ha istituito un gruppo di lavoro di esperti degli Stati membri con il compito di avanzare proposte riguardanti i coformulanti che non possono essere utilizzati nella composizione dei prodotti fitosanitari. Il lavoro del gruppo ha portato a fornire le basi per il Regolamento (UE) 2021/383 attualmente in vigore. E questo sarebbe stato sufficiente a evitare il proseguimento dei lavori del comitato francese, in precedenza incaricato dalla stessa Commissione di elaborare un parere.

L’opinione di Générations Futures

Ma non tutti la pensano così. Secondo l’associazione ambientalista Générations Futures, membro della federazione Pan Europe, quanto affermato non corrisponde del tutto al vero.

Nel rapporto del 2016, nello specifico, si richiedevano due tipologie di test per escludere la genotossicità: due in vitro, più il cosiddetto Comet test, in vivo, su modelli animali, considerato il più affidabile per capire se una sostanza sia o meno genotossica. La combinazione dei due tipi di esperimenti fornirebbe dati sufficienti a comprendere l’eventuale azione di una sostanza sul DNA. Ma il Comet non è stato eseguito o, quantomeno, non sono stati riportati eventuali risultati.

Pertanto, le autorizzazioni del 2017 e del 2023 sarebbero state accordate senza le prove che la stessa ANSES, nel 2016, aveva indicato come indispensabili.
Ora, proprio a causa dell’assenza di quel test mancante, nello scorso mese di gennaio Pan Europe ha chiesto ufficialmente alla Commissione Europea di tornare sulla decisione, e di vietare tutti i prodotti che contengono glifosato, in attesa che siamo effettuati i test Comet.

Trattore spruzza pesticidi o fertilizzanti su un campo; concept: glifosato, agricoltura

Tra l’altro, come riferisce sempre Pan Europe, nel rapporto si legge che tra gli esperti già allora circolavano grossi dubbi sulla sicurezza della sostanza, e che uno di essi si è espresso apertamente (nell’appendice 7) affermando che esistevano già “un insieme di risultati convincenti che costituivano un reale motivo di allarme su un effetto genotossico indotto da diverse formulazioni”.

Una vicenda tormentata

L’aspetto paradossale di tutta la vicenda è che dal 2020 il glifosato è vietato in Francia per gli usi amatoriali, ed è stato oggetto di una modifica delle condizioni di impiego, come ricorda la stessa agenzia sul suo sito, proprio per i dubbi sulla genotossicità. Inoltre, le regole attuali prevedono il divieto di utilizzo quando vi siano alternative non chimiche soddisfacenti.

Ma lo stesso paese che ha introdotto limitazioni e regole per i suoi concittadini, nel nome del principio di precauzione, avrebbe di fatto impedito una valutazione completa a tutela degli altri cittadini europei.

Le polemiche che hanno accompagnato il rinnovo per dieci anni sembrano quindi destinate a riaccendersi, e a rendere sempre più urgente una valutazione oggettiva, completa e affidabile del glifosato e dei suoi possibili sostituti.

© Riproduzione riservata. Foto: Depositphotos

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Sandra Stone
Sandra Stone
26 Aprile 2024 20:28

Viene spontaneo pensare che è stato “unto” qualche ingranaggio politico….

Diego Leva
Diego Leva
27 Aprile 2024 09:17

Nel giugno 2020 si è stato costituito il dossier di omologazione riguarfante il gliphosate, questo è composto da un malloppone di 181.911 pagine derivate da:

1507 studi scientifici ossia studi regolamentari che una ditta fitofarmaceutica interessata alla riomologazione del gliphosate deve presentare per una valutazione degli effetti sulla salute animale e sull’ambiente. Il protocollo sperimentale di ogni esperimento deve essere prioritariamente, cioè prima di cominciare la sperimentazione, sottoposto all’autorità sanitaria del paese dove si svolge l’esperimento, inoltre questo protocollo è pubblico e quindi la validità e l’adeguatezza può essere giudicata non solo dall’autorità sanitaria, ma anche da altri studiosi. Solo dopo l’accettazione del protocollo sperimentale la ditta fitofarmaceutica può iniziare lo studio scientifico, avvalendosi però per le analisi di laboratori accreditati e comunque i risultati dello studio preautorizzato devono essere presentati, negativi o positivi che siano;
12.000 articoli, questi invece sono studi sperimentali indipendenti pubblicati su riviste scientifiche giudicate da esperti e riguardanti sempre il gliphosate. Questi studi non sono regolamentati come quelli sopra, ma comunque sono condotti da gruppi scientifici secondo protocolli che verranno valutati a posteriori da esperti per un giudizio critico del modo di operare e dei dati ottenuti.
Questo corposissimo dossier, frutto della ricerca privata è stato affidato per la valutazione preliminare alle 4 autorità pubbliche sanitarie nazionali di Francia, Svezia, Ungheria e Olanda. Dopo un’analisi critica di ogni studio o articolo scientifico ne è stato stilato un rapporto preliminare di valutazione (RAR) di 11.000 pagine. Il rapporto RAR è stato sottoposto nel giugno 2021 alle due autorità indipendenti europee, cioè all’EFSA (incaricata di valutare i rischi sanitari e ambientali) e all’ECHA (incaricata di valutare i pericolo sulla cancerogenicità , mutagenesi e reprotossicità). Quest’ultima decide anche dei pittogrammi da apporre sulle confezioni e le sue considerazioni finali sono state rese pubbliche nel giugno 2022. Mentre l’EFSA si è presa ancora un anno di tempo perché si sono aggiunti altre ricerche e il parere lo ha dato nel giugno 2023. Poi ci sarebbe da parlare diffusamente delle modalità che hanno portato lo IARC a catalogare il gliphosate come “probabilmente cancerogeno”. Quindi far passare il rinnovo dell’autorizzazione come “preso alla leggera” mi sembra una “piccola forzatura.

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