Zuccheri sì, ma con molta cautela? La pediatra Margherita Caroli risponde alle aziende che lo propongono come comfort food, dimenticando le indicazioni dell’OMS
Zuccheri sì, ma con molta cautela? La pediatra Margherita Caroli risponde alle aziende che lo propongono come comfort food, dimenticando le indicazioni dell’OMS
Paola Emilia Cicerone 25 Novembre 2015Quanto zucchero deve esserci nell’alimentazione dei bambini? La decisione dell’OMS nella recente revisione delle linee guida sugli zuccheri che raccomanda di limitarne il consumo a meno del 10% delle calorie totali giornaliere e auspicando un’ulteriore riduzione al 5%, non è piaciuta alle aziende produttrici di dolci e bevande gassate.
Si spiegano così iniziative come quella promossa nei giorni scorsi dalla Nutrition Foundation of Italy, che ha invitato i consumatori a “dare il giusto peso al gusto dolce”, e a non demonizzare lo zucchero, minimizzando le preoccupazioni della comunità scientifica per gli eccessivi consumi e l’obesità crescente, ventilando il rischio di possibili carenze nutrizionali per chi ne limita il consumo. Difficile non definire “di parte” la NFI, associazione no profit che “promuove la ricerca nel campo dell’alimentazione”, rappresentando la voce delle aziende essendo all’interno dell’European Nutrition Foundations’ network in cui sono presenti le maggiori multinazionali dell’alimentazione.
Il documento emerso dall’incontro promosso da NFI cerca di confutare le tesi dell’OMS, mescolando considerazioni di taglio antropologico evolutivo con suggerimenti dietetici. Abbiamo analizzato il dossier insieme a Margherita Caroli, pediatra nutrizionista responsabile dell’unità operativa dipartimentale di Igiene della nutrizione dell’Azienda sanitaria locale di Brindisi. L’analisi parte dalla considerazione che il gusto dolce è sicuramente privilegiato in termini evolutivi perché ci orienta verso alimenti molto energetici, e che i bambini anche piccolissimi tendono a preferirlo. I primi studi al riguardo risalgono agli anni ’70, ma si tratta di ricerche sulla formazione del gusto, non di indicazioni nutrizionali.
«Oggi che non si corre certo il rischio di morire di fame – spiega Caroli – avallare l’uso continuo di alimenti dal gusto dolce non aiuta certo la salute, né serve a mantenerla. La ricerca mostra che tra i bambini italiani obesità e sovrappeso sono diffusi in modo preoccupante. Ed è abbastanza ovvio, che quando si parla dell’attrazione per il gusto dolce non ci si riferisce a zuccheri raffinati, ma ad alimenti naturalmente dolci come la frutta. Le stesse precauzioni valgono per i comfort food che invece gli esperti di NFI propongono come possibile risposta a situazioni di stress, pur specificando che «è importante favorire le capacità di gestire al meglio gli eventi stressanti senza ricorrere necessariamente o esclusivamente al cibo». Per Margherita Caroli la questione deve essere ribaltata: «Usare “il comfort food” per combattere lo stress e risolvere problemi psicologici è sbagliato perché non è un aiuto, anzi alla fine peggiora la situazione aggiungendo disturbi legati a un’alimentazione scorretta, come squilibri metabolici».
D’altro canto si sa che gli italiani consumano troppo zucchero. I dati menzionati dal presidente NFI Andrea Poli, che parlano di «livelli di assunzione di zuccheri totali (cioè da cibi e bevande dolci, frutta e latte) (…) piuttosto contenuti», risalgono a dieci anni fa. «Ma soprattutto – osserva Caroli – fanno riferimento agli zuccheri totali, e non agli zuccheri aggiunti di cui l’OMS consiglia di ridurre i consumi». Una decisione su cui le “perplessità della comunità scientifica” di cui parla Poli non esistono. «Si tratta di valutare la qualità degli studi – osserva Caroli – È facile verificare per gli studi sull’alimentazione, che le ricerche sponsorizzate dall’industria tendono a dare risultati vantaggiosi per l’ente finanziatore, più di quanto avvenga per quelle realizzate da enti pubblici. Tanto è vero cio che il documento dell’OMS sullo zucchero giustifica l’assenza dal panel dei rappresentanti dell’industria, proprio in riferimento a potenziali conflitti di interesse».
Del tutto infondati anche i timori, espressi da NFI, sul fatto che rispettare le indicazioni dell’OMS possa provocare squilibri nutrizionali: «Bisogna ricordare – spiega la nutrizionista – che la limitazione al 5% è riferita agli zuccheri aggiunti, e non a quelli naturalmente presenti ad esempio nella frutta». In sintesi l’OMS chiede di limitare il consumo di bevande zuccherate e bibite gassate, ma anche the e succhi o concentrati di frutta. Nel gruppo ci sono anche prodotti da forno, specie se industriali perché spesso hanno un contenuto di zucchero alto e tale da poter arrecare danno alla salute, stimolando eccessivamente e improvvisamente la produzione d’insulina.
Molto discutibile anche il suggerimento di risolvere il problema ricorrendo a dolcificanti, che gli esperti di NFI definiscono “utili se usati nel contesto di uno stile di vita attivo e sano”. «Il punto è che assumendo costantemente bevande o alimenti dolci si accentua, soprattutto in età pediatrica, l’abitudine al dolce, e si alza la soglia della percezione del dolce – ricorda Caroli -. A trarne vantaggio è l’industria alimentare, non certo i cittadini». Anzi, le pubblicità di alimenti proposti come in grado di “dare la felicità” dovrebbero essere proibite, conclude la nutrizionista, «perché in soggetti meno ricchi culturalmente possono portare a convinzioni sbagliate, e quindi a comportamenti non corretti e poco salutari».
giornalista scientifica
Giusto non esagerare. Nei due sensi. Lo zucchero (saccarosio, quello bianco …) può essere utilizzato come “anestetico” anche nei neonati. E’ stato dimostrato che somministrare una soluzione zuccherata durante i prelievi diminuisce lo stress e il dolore avvertito dal piccolo paziente (anche farlo succhiare al seno, ma diventa meno pratico fare contemporaneamente il prelievo). In caso di vomito e diarrea i bambini sono facilmente vittima di ipoglicemia (pallore, stanchezza, sonnolenza, sudorazione fredda) facilmente correggibili con acqua e zucchero somministrati a piccoli sorsi.
In tutte le cose ci vuole misura e non dimentichiamo che le alternative “dolcificanti” al saccarosio NON sono sempre consigliabili nel bambino. Senza contare che stimolare il gusto solo verso il “salato” può dare ben altri problemi
I casi indicati da Maurizio sono però eventi particolari , nell’articolo si parla di prassi quotidiana
brava la Margherita Caroli, assolutamente d’accordo.
Brava Margherita Caroli!
E’ ora che la salute prevalga sugli interessi economici.
Il nostro ministero della salute dovrebbe rendersene conto
dott.Giulio Calderoli
medico dentista
…brava Margherita ( ma io preferisco chiamarti Ritalba): equilibrata ma ferma. La difesa d’ufficio degli zuccheri ( e dell’industria che li utilizza ( Aidepi in testa) di NFI invece somiglia più ad un’ arrampicata sugli specchi… Nessuno vuole demonizzare il gusto dolce ne l’uso dello zucchero se è misurato. Ma quante sono le persone in grado di rendersi conto di quanto zucchero c’è in tutti gli alimenti che consuma nella giornata? E’ ovunque. E se dovessimo seguire i consigli per gli acquisti delle aziende dolciarie, Ferrero in testa, mangeremmo dolci dalla mattina la sera, cominciando dalla Nutella a colazione, proseguendo con la Fiesta come snack, tirandosi su con i poket coffee e gratificandosi con moncheri e rocher. Vogliamo fare i conti dello zucchero alla fine della giornata?