Due banane mature con macchie marroni sul tavolo giallo brillante, vista dall'alto, spazio vuoto.

Il settore delle banane deve diventare più sostenibile, la distribuzione dei profitti lungo la filiera e di trovare una soluzione alle principali malattie che interessano le piantagioni. Sono alcuni dei temi al centro della conferenza del World Banana Forum, organizzata dalla FAO il 12 e il 13 marzo a Roma, che ha riunito i principali attori del mercato e che si è focalizzata sulle problematiche che interessano la produzione e il commercio di banane a livello globale. L’evento ha dedicato particolare attenzione al Fusarium Wilt Tropical Race 4 (abbreviato in TR4), un fungo parassita particolarmente resistente.

“Il TR4 è una malattia che si è diffusa nelle piantagioni di banane negli ultimi decenni, originariamente in Asia e nell’area del Pacifico, poi arrivata nell’est dell’Africa, e che pochi anni fa ha raggiunto l’America latina, dove hanno origine più dei tre quarti delle esportazioni globali”, spiega Pascal Liu, Senior Economist della FAO.

La minaccia dal cambiamento climatico

Ad aggiungersi alle difficoltà del settore ci sono anche i danni provocati dal cambiamento climatico, che “sta rendendo la produzione più difficile e più costosa, e in alcuni Paesi quasi impossibile per via del continuo innalzamento delle temperature. Gli eventi meteorologici estremi come piogge torrenziali, tempeste, uragani e siccità aumentano sia in numero che in intensità, e inoltre contribuiscono alla diffusione del TR4, ma anche di altre malattie che interessano i banani, come la Black sigatoka e la Yellow sigatoka. Il TR4 è un fungo, e i venti forti e le inondazioni contribuiscono alla sua diffusione trasportando le spore verso altre piantagioni. Anche per questa ragione trovare una soluzione è diventata una questione ancora più urgente, nonostante si tratti di un problema conosciuto da almeno una quarantina di anni”.

“Non è semplice fermare la diffusione di questo fungo: quando il TR4 raggiunge una piantagione è quasi impossibile liberarsene, anche usando sostanze agrochimiche e fungicidi, poiché le spore sono molto resistenti, si diffondono nel terreno e sopravvivono a lungo. Spesso l’unica soluzione è spostare la produzione su un terreno non contaminato, ma il terreno agricolo è limitato, e sarà sempre meno disponibile in futuro”.

Banane piantagione
Il TR4 è un fungo che si è diffuso nelle piantagioni di banane negli ultimi decenni

Le banane Cavendish

Le difficoltà provocate dal TR4 e dal cambiamento climatico sono acuite anche dal fatto che una grossa percentuale di piantagioni è destinata unicamente alla Cavendish, che risulta particolarmente sensibile al TR4 ed è la principale varietà in termini di esportazioni. “È in atto da tempo a livello globale la ricerca di varietà di banana (e in particolare di Cavendish) che possano mostrare una maggiore tolleranza della malattia. Il forum, che è una piattaforma di incontro per tutti gli attori del settore, ha un global network dedicato proprio al TR4, che offre in più lingue informazioni e materiali sull’argomento, e che serve anche a far conoscere il lavoro degli scienziati che si dedicano a questa problematica”.

Tra i gruppi di ricerca c’è anche chi ha considerato l’opzione della modifica genetica. In Australia per esempio un gruppo di ricerca di recente ha sviluppato una pianta di Cavendish, chiamata QCAV-4, geneticamente modificata per essere resistente proprio al TR4. “Ma la ricerca di soluzioni è più ampia della sola modifica genetica. – Continua Liu. – “Per quanto questa possa essere considerata un’opzione anche in merito ai progressi recenti, rimane comunque una pratica controversa in alcuni Paesi. È importante considerare una ampia gamma di possibilità, di cui fa parte anche la tradizionale ibridazione. Le modifiche genetiche hanno il pregio di essere una modalità più veloce, ma prima che venga rilasciata una nuova varietà è importante che vengano portati avanti tutti i test di sicurezza per assicurarsi che non provochino danni ambientali”.

Verso una maggiore diversità genetica?

Inoltre, poiché la Cavendish non si moltiplica da seme ma tramite i polloni, c’è poca diversità genetica, ed è necessario cercare le soluzioni anche al di fuori di questa varietà. “La diversificazione delle piantagioni è molto importante: ci sono più di mille varietà di banane prodotte e consumate a livello globale, ma se guardiamo al commercio più del 90% delle banane esportate sono di varietà Cavendish, che rappresenta più della metà della produzione globale. Questa concentrazione rende la produzione di banane molto vulnerabile, influenzandone di conseguenza anche il commercio”.

Per quanto una maggiore varietà delle banane in commercio sia auspicabile, implementarla nel breve periodo non è semplice: “Uno dei problemi principali è l’accettazione commerciale da parte delle catene di supermercati, dei commercianti, e dei consumatori. Nei Paesi importatori la Cavendish è diventata la varietà standard a cui i consumatori sono abituati, e anche le catene di supermercati e i loro sistemi di logistica sono fatti su misura sulle Cavendish. Serve una fase di sensibilizzazione, per far accettare e rendere possibile il commercio di varietà con forme e dimensioni diverse, e con un aspetto diverso della buccia”.

Casco di banane sull'albero in una piantagione
Il 90% delle banane esportate appartengono alla varietà Cavendish

Le banane come fonte di sostentamento

Le problematiche che interessano la produzione di banane non rappresentano un problema solamente a livello commerciale; le banane infatti sono fondamentali per il sostentamento sia alimentare sia economico di molte comunità.

“In alcuni Paesi dell’Africa vengono consumati fino a 200 kg a persona di banane all’anno, e il consumo riguarda un ampio spettro di varietà di banane, comprese quelle utilizzate per cucinare, come il platano. Questo dimostra come la banana abbia anche un ruolo importante in termini di sicurezza alimentare: in alcuni luoghi le banane possono arrivare a sopperire fino al 25% delle calorie giornaliere per un individuo. Inoltre ci sono Paesi in cui la vendita delle banane può rappresentare anche tre quarti del reddito familiare per chi le produce, e Paesi per cui i profitti generati dall’esportazione di banane sono molto importanti; in Ecuador, che è il primo Paese per esportazione di banane (con un volume che si aggira tra i 6 e i 7 milioni di tonnellate di banane ogni anno) le banane rappresentano più di metà dei profitti provenienti dalle esportazioni agricole del Paese.”

Prezzi troppo bassi

Alla risoluzione di queste problematiche non contribuisce il fatto che i prezzi delle banane siano stati storicamente spesso molto bassi: “ciò fa sì che i margini per i produttori non permettano di ottenere profitti dignitosi, di pagare salari sufficienti ai loro lavoratori, e nemmeno di investire per rendere le produzioni più sostenibili da un punto di vista economico, ambientale e sociale. Negli ultimi anni il problema è ulteriormente peggiorato, a causa dei recenti incrementi nei costi di produzione, che sono dovuti a loro volta all’incremento dei costi dei fertilizzanti, del combustibile e della manodopera, diminuita a causa della pandemia. Il prezzo delle banane di recente è aumentato, ma non abbastanza da compensare gli aumenti nei costi di produzione. Molti piccoli e medi produttori sono stati così costretti a lasciare il settore.”

Ovviamente poi non basta solamente aumentare il prezzo di vendita al dettaglio: “prezzi più alti potrebbero aiutare a patto che l’aumento venga distribuito su tutta la filiera, arrivando ai produttori e ai lavoratori. Per questo è importante la collaborazione tra tutti gli attori del settore: produttori, commercianti, rivenditori, sindacati dei lavoratori, consumatori (che possono avere un ruolo fondamentale scegliendo di acquistare banane sostenibili e con un prezzo proporzionato ai costi), ma anche dei governi esportatori e importatori, delle istituzioni che si occupano di ricerca, e delle organizzazioni intergovernative e della società civile”. 

© Riproduzione riservata Foto: AdobeStock, Fotolia

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Sandro Di Domenicantonio
Sandro Di Domenicantonio
7 Maggio 2024 08:26

Articolo molto interessante che però non approfondisce gli aspetti sanitari

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