Una frode alimentare di portata mondiale, con un giro d’affari di 200 milioni di euro, e 2.000 venditori online che spacciano Chianti contraffatto per autentico. È questo il risultato del monitoraggio commissionato dal Consorzio Vino Chianti all’azienda Griffeshield, specializzata in tecnologie informatiche. In sei mesi sono state rilevate 56.075 utilizzi impropri del marchio Chianti, di cui il 78% è stato rimosso. Il problema è complesso perché spesso lo stesso venditore riapre il sito con un altro nome sino a quando non viene nuovamente individuato.
Le violazioni riscontrate riguardano la vendita di vini ed etichette Chianti contraffatti e l’utilizzo del nome e del logo Chianti in associazione con altri marchi. Sono state anche individuate 39 etichette di WineKit, cioè di preparati chimici in polvere per fare il vino in casa, un fenomeno di cui Il Fatto Alimentare si era già occupato cinque anni fa. Le etichette sono invitanti, spiega il Consorzio, riportano la scritta Made in Italy e Chianti, “ma non c’è nulla di più lontano dal prodotto originale protetto dalla legislazione comunitaria”.
Il principale mercato europeo dei kit di vino è sempre il Regno Unito, dove nel 2013 c’era stata un’operazione di polizia internazionale, sollecitata dai Carabinieri del Nucleo Anti-Contraffazione. La frode tuttavia è proseguita attraverso negozi online come Creative Wine Making Brew e portali come Ebay e Amazon. Nel mondo, il primato spetta agli Stati Uniti, con enoteche che in rete offrono una vasta selezione di vini come Italian Chianti style, Original Chianti, Vintners Reserve Chianti e World Vineyard Italian Chianti. Anche i portali di e-commerce Usa e la grande distribuzione organizzata vendono una vasta selezione di kit per preparare il vino. Seguono Russia, Cina, Canada e Australia.
“Il monitoraggio – spiega il presidente del Consorzio Vino Chianti, Giovanni Busi – è stato uno sforzo enorme, che ci ha permesso di eliminare la stragrande maggioranza di violazioni e di frodi che danneggiano il marchio nel mondo. Un danno ingente a cui stiamo ponendo rimedio e infatti le violazioni già risultano in netto calo. Queste azioni hanno lo scopo di aumentare la pressione e quindi il rischio di incorrere in cause legali. Per prevenire questo tipo di frodi abbiamo deciso di modificare il disciplinare e permettere l’imbottigliamento del vino solo in Toscana. Si tratta di un primo passo per garantire maggiori controlli e salvaguardare la nostra denominazione”.
“L’attività di vigilanza sulle vendite online diventerà costante, affiancandosi a quelle tradizionali” spiega al Fatto Alimentare il direttore del Consorzio Vino Chianti, Marco Alessandro Bani. Dal 2006 è in vigore un accordo tra Stati Uniti e Unione europea, che ha modificato lo status di 17 denominazioni vinicole comunitarie quali Chianti, Marsala, Champagne, Chablis, Madera, Malaga, Porto, Sherry e Tokaj (ungherese). Questi marchi negli Usa erano considerati menzioni semigeneriche, cioè indicative di una tipologia di vino e non una garanzia di origine. L’accordo del 2006 ha risolto solo in parte il problema perché consente di continuare ad utilizzare negli Usa le 17 denominazioni europee per i vini non prodotti in Europa, se questo termine era utilizzato prima del 13 dicembre 2005.
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per fortuna che i consorzi di tutela Vigilano…recentemente anche il consorzio del parmigiano reggiano ha scoperto qualche furbetto…tra le altre cose furbetti ben introdotti nel tessuto politico delle associazioni agricole. w i consorzi di tutela; w i nas!!