Se andate all’estero potreste gustare un bel calice di Chianti in polvere o al mirtillo rosso, pagandolo però come se arrivasse dalle vigne destinate a produrre il rinomato vino DOCG. Si tratta solo di alcune delle numerose frodi ai danni del vino toscano denunciate dal Consorzio Vino Chianti. A scovare online i prodotti e le etichette contraffatte, gli abusi e le violazioni al marchio DOCG, ci pensa un’agenzia specializzata, la Griffeshield, che da due anni sta portando avanti, per conto del Consorzio, un’accurata attività di monitoraggio della rete e dei siti web dedicati.
Le “minacce” rintracciate dall’inizio del 2019 sono state oltre 15.600, di cui 10.700 rimosse. In particolate, la frode più diffusa con 6mila casi individuati, è rappresentata dai “wine kit”, preparati a base di polverine che permettono di fare il vino in casa, al costo di un euro a bottiglia. Seguono oltre 3mila casi di concorrenza sleale, ovvero falso Chianti spacciato per vero, e poco meno di 2mila violazioni del marchio commesse attraverso la commercializzazione di etichette contraffatte.
Nonostante questi numeri da capogiro, la situazione rispetto al 2018 è migliorata, e le minacce sono in diminuzione. “Nel 2019 le violazioni individuate sono state un terzo rispetto all’anno precedente – commenta il presidente del consorzio Giovanni Busi -. Un netto calo, segno che il lavoro funziona. Ma è un dato che non ci permette di rilassarci: il lavoro di tutela del nostro brand e delle nostre aziende deve continuare in modo serrato e determinato perché i danni che queste truffe provocano sono milionari”.
Le piazze peggiori su cui intervenire, spiegano gli esperti, sono gli Stati Uniti e il Regno Unito, perché i truffatori sono numerosi e abili a scaricare la responsabilità a terzi. In questi due paesi il tasso di successo delle richieste di rimozione è pari soltanto al 91% in UK e al 78% negli USA. In Cina invece il tasso di successo è pieno (100%), visto che tutte le operazioni di invito all’interruzione dei comportamenti scorretti vanno a buon fine.
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Giornalista, redattrice de Il Fatto Alimentare, con un master in Storia e Cultura dell’Alimentazione