birra

Non esiste una quantità di alcol sicura per la salute dell’uomo, e nessuna dose è in grado di apportare benefici. Il governo della Gran Bretagna, nella persona di Sally Davies, consigliere in materia di salute dell’esecutivo, ha messo nero su bianco le evidenze da tempo note alla comunità scientifica. L’aggiornamento delle linee guida per il consumo di bevande alcoliche avverte i consumatori sulle possibili conseguenze legate all’abuso e smonta i falsi miti legati al consumo di vino rosso. Addio a qualsiasi azzardato legame con un miglioramento della salute cardiovascolare, neurologica e, soprattutto, con il rischio oncologico.

Anche piccole quantità di alcol aumentano la probabilità di sviluppare almeno quattordici tipi diversi di tumore, tra cui quello al seno nelle donne. Un’evidenza già contenuta all’interno del precedente documento, relativo al 1995, e confermata dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (Iarc) di Lione. «Se si vuole fare prevenzione oncologica, è meglio non bere».

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Smentite le proprietà “miracolose” del resveratrolo nel vino rosso

È la prima volta che un governo nazionale dice fuori dai denti che anche una birra a settimana può aumentare la probabilità di malattia. L’esecutivo inglese, a vent’anni dalla sua ultima pronuncia in materia, ha deciso di rivedere al ribasso le indicazioni sul consumo di bevande alcoliche. Se nel 1995 si parlava di un consumo massimo di 14 (per le donne) e 21 (per gli uomini) unità alcoliche a settimana, le nuove linee guida – redatte partendo dalle evidenze emerse in letteratura dal 2012 – uniformano i consumi raccomandati per gli uomini a quelli già indicati alle donne. Un taglio drastico, se si considera che molti specialisti soprassiedono di fronte al consumo di quattro unità alcoliche al giorno (pari ad altrettanti bicchieri da 125 millilitri) da parte della popolazione maschile.

Tradotto in un’unità di misura più pratica, per tutelare il proprio stato di salute d’ora ogni consumatore non dovrebbe andare oltre il consumo di tre litri di birra e sette bicchieri di vino a settimana. Tra le nuove raccomandazioni si legge anche che «il consumo massimo di 14 unità alcoliche non dovrebbe mai essere concentrato in uno o due giorni, ma spalmato almeno su tre, se non di più». Inoltre occorrerebbe astenersi dal consumo di birra, vino e superalcolici almeno due giorni a settimana. «In modo che il fegato possa rigenerarsi».

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Le donne in gravidanza dovrebbero astenersi completamente dal consumo di bevande alcoliche

«Con la diffusione delle nuove linee guida puntiamo a dare le informazioni più recenti per fare scelte consapevoli», dichiara Sally Davies. Concorde sulle posizioni espresse nel documento pure Peter Anderson, esperto nel campo delle dipendenze e docente all’Università di Newcastle, secondo cui sarebbe però stato più efficace parlare di «consumi occasionali e quotidiani: è difficile che un consumatore monitori i consumi settimanali». Riportati su base giornaliera non si dovrebbero assumere più di due bicchieri: sia per l’uomo sia per la donna. Per il consumo sporadico, invece, meglio non andare oltre quattro “drink” a sera. La presentazione del documento è stata propizia anche per smentire le proprietà “miracolose” del resveratrolo e ribadire che le donne in gravidanza dovrebbero astenersi completamente. «L’alcol -sostiene Emanuele Scafato, gastroenterologo, epidemiologo e direttore dell’Osservatorio nazionale alcol dell’Istituto Superiore di Sanità  – attraversa la placenta a una concentrazione equivalente a quella ingerita dalla madre, che dovrebbe farne a meno già nei mesi che precedono la gravidanza, se programmata. Le conseguenze della violazione di una regola di buon senso dipendono dalla quantità, dalla frequenza e dal periodo di consumo. Si va dal rischio di aborto all’insorgenza di difetti congeniti e ritardi nello sviluppo del neonato. Come documentato da una metanalisi appena apparsa su The Lancet- prosegue Scafato-  bere alcol in gravidanza aumenta (per il bambino) anche il rischio di sviluppare oltre quattrocento malattie. A rischio è soprattutto il primo trimestre, in cui la donna può non sapere di essere incinta».

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L’alcol attraversa la placenta a una concentrazione equivalente a quella ingerita dalla madre

Il documento ha provocato la reazione da parte dell’industria, delusa per il mancato coinvolgimento nella stesura delle linee guida. Nulla da fare, invece, nonostante le operazioni di lobbying in passato avessero portato più volte il governo a rimandare il giro di vite. Secondo Brigid Simmonds, amministratore delegato della British Beer and Pub Association, «adesso la Gran Bretagna non è più in linea con i consumi raccomandati da Stati Uniti, Francia, Italia e Spagna. In quasi tutti i Paesi le linee guida riconoscono delle differenze nella fisiologia e nel metabolismo tra i due sessi. Ridurre i consumi raccomandati per gli uomini vuol dire classificarli come soggetti a rischio, anche se la quota di consumatori che bevono oltre i limiti è già passata dal 41 al 34 per cento tra gli uomini e dal 33 al 26 per cento tra le donne». Una linea così drastica rischia di «far rientrare nella fascia dei consumatori a rischio tutti quegli uomini che consumano tra 14 e 21 unità alcoliche a settimana», fa eco Mike Benner, amministratore delegato della Società dei birrai indipendenti. «Sono stati ignorati i benefici sul benessere e lo stato d’animo che derivano dal consumo responsabile di una bevanda alcolica in ambienti ad alto tasso di socializzazione come i pub».

Considerazioni che, secondo Scafato, prescindono dall’evidenza scientifica: «Bere con moderazione, per il piacere che comporta, è fine a se stesso. Ritenere o, peggio, far ritenere che ciò giovi alla salute, senza fornire elementi di giudizio sulla prevalenza dei problemi causati dall’alcol alla salute, non favorisce le scelte informate che la scienza ha il dovere di supportare per evitare il rischio legato all’inconsapevolezza dei danni che l’alcol determina anche a quantità che le linee guida identificano in meno di un bicchiere al giorno, in media».

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alessandro sbarbada
alessandro sbarbada
12 Gennaio 2016 15:37

ottimo articoli, bravi. Appare evidente che gli inglesi hanno potuto per la prima volta la verità sui rischi del bere perché è la prima volta che non si lasciano condizionare dall’industria.

barbara
barbara
Reply to  alessandro sbarbada
29 Gennaio 2016 09:50

MA soprattutto… nessuno come un inglese conosce bene le conseguenze dell’assunzione costante di alcool.

Robo
Robo
15 Gennaio 2016 09:41

Direi che questo link spiega bene il fatto che alcuni vantaggi legati ad un moderato consumo di alcool, siano per un consumo NON superiore alle 14 unità alcoliche settimanali (meglio se inferiore) e sia stato valutato spt per individui di sesso maschile di età superiore ai 65 e per talune patologie (diabete tipo II, cardiovascolari). Il fatto é che i benefici sono legati ad una sottopopolazione con caratteristiche ben definite mentre il consumo é da evitare per gravide, ragazzi al di sotto dei 18 anni e con attenzione (non oltre le 7 unità alcooliche /settimana) per le donne dato che non é stato possibile evidenziare un cut-off sotto al quale non vi sia un aumento del rischio relativo di neoplasie (ad es. mammarie). Viste le problematiche di abuso e di difficile gestione di un consumo in termini moderati va da sé che la soluzione migliore é per il messaggio “meno é meglio”. Questo pur essendo le evidenze un poco più articolate. Saluti.
http://www.epicentro.iss.it/alcol/apd2014/OK%20SCAFATO%20FACTSHEET%20LINEE%20GUIDA%20APD%202014.pdf

Emanuele
Emanuele
Reply to  Robo
15 Gennaio 2016 15:17

Gentile Robo, interessante il contenuto da te linkato. Infatti si specifica bene come:
E’ peraltro stato evidenziato che la persona con un basso consumo di alcol corre un minore rischio di mortalità, non tanto in funzione del tipo di bevanda e delle quantità assunte, quanto per una serie di fattori correlati di cui quel consumo rappresenta un semplice marker.
Il più elevato status socio-economico, uno stile di vita più sano, il consumo prevalente
in occasione dei pasti e, ovviamente, un migliore stato di salute sarebbero fattori
che svolgono un ruolo di protezione che, ad esempio, nei consumatori di vino, è
spesso erroneamente attribuito ai polifenoli la cui concentrazione è talmente bassa da rendere implausibile biologicamente l’ipotesi di qualunque effetto legato al
principio attivo.
Insomma appare chiaro che i fattori di rischio non sono sempre dovuti all’alcol in se ma a quello che ci ruota intorno anche se si beve moderatamente.

paolo
paolo
15 Gennaio 2016 11:24

Ma avete presente che paese è la Gran Bretagna, come e perché la gente beve? La prima volta che sono andato dal medico di famiglia in Gran Bretagna, la dottoressa mi ha chiesto quanto bevo, gli ho detto “20 cl di vino al giorno” e quella è andata nel pallone perché non sapeva convertire questa misura in “UK units”, ha farfugliato che “comunque è troppo, sopra i limiti consigliati”, sbagliando alla grande in quanto equivalgono a 2/3 delle famose 21 unità, limite consigliato, e poi mi ha detto “ma perché non bevi la birra che è meno alcoolica?” … eh sì la birra è FAMOSISSIMA per il resveratrolo e il moderato effetto benefico sulle malattie cardiovascolari, vero?
n UK bere 3 pinte a stomaco vuoto è normale per TUTTI, mica una cosa da adolescenti scapestrati. Ci credo che le linee guida devono insistere sugli effetti negativi dell’alcool…

Pasquale
Pasquale
15 Gennaio 2016 18:59

Mi sembra un articolo “scientifico” del piffero che contraddice anni e centinaia di migliaia di soggetti (osservazionali) che dicono chiaramente come 1 o 2 unita’/die di alcool siano globalmente protettive. Se uno e’ astemio che lo resti, ma fare terrorismo non ha senso alla luce delle numerose pubblicazioni scientifiche. Combattiamo gli eccessi, ma i bevitori entro il range 1-2 sono statisticamente protetti da mortalita’ globale (perche’ aumenta un po’ il rischioo di tumori ma diminuisce molto quello cardiovascolare. Bilancio totale a favore dei bevitori nel range 1 o 2 unita/die). Non c’e’ ormai discussione.

Emanuele
Emanuele
Reply to  Pasquale
17 Gennaio 2016 14:01

Gentile Pasquale, non è vero che smentisce le ricerche sugli effetti benefici del vino. Il punto è quantitativo. Quanto fanno bene le proprietà dell’uva contenute in un bicchiere di vino e quanto fa male l’altol in esso contenuto? Nel 2014 l’osservatorio Nazionale Alcol-CNESPS ha pubblicato un articolo (il cui link è stato postato poco più su) in cui si dice che gli effetti positivi del vino sono annullati dagli effetti negativi dell’alcol. Va considerato che in soggetti affetti da cardiopatia coronarica, il diabete di tipo II e dalla calcolosi della colecisti; gli effetti positivi del vino hanno più evidenza ma in generale solo se si rimane in un bicchiere al giorno (senza ovviamente consumare altro tipo di alcol)
Sinceramente penso che nei soggetti “normali”, un’alimentazione sana offre più vantaggi di quelli offerti da un bicchiere di vino rosso che va considerato come una bevanda di appagamento più che come un tonico. Alla luce anche delle recenti evidenze sul consumo di carne rossa, forse è il caso di cominciare a pensare di evitare di sommare le 2 cose insieme troppo spesso.
Saluti

Emanuela
Emanuela
16 Gennaio 2016 12:40

Da quel poco che ho potuto constatare, in Inghilterra hanno seri problemi con l’alcolismo, ma quello pesante. L’ubriacatura là pare essere una prassi settimanale. Per non parlare poi di quando vanno in vacanza, sono rimasta sconvolta dalle quantità d’alcool che gli inglesi sono in grado di ingerire. È come se ci fossero popoli -per lo più nordici – ossessionati dall’alcool, che non aspettano altro che le occasioni per affogarcisi.. Per questo non so bene se queste indicazioni verranno prese in considerazione..

Francesco
Francesco
20 Gennaio 2016 10:29

Non ci siamo, Redazione ed Autore dell’articolo!!! Avete pubblicato questo “strano” articolo che parla di scelte politiche BRITANNICHE in una nazione che appunto non è la nostra Italia. Primo errore: gli studi inglesi sono oro colato? Mah… Secondo errore: in questo modo state iniziando a boicottare una delle poche fonti di reddito dell’industria italiana in questo periodo socio-economico schifoso, e cioè la produzione vitivinicola fatta di lavoro,sudore,impegno,commercio mirato,ESPORTAZIONI ALL’ESTERO,ecc. Per non parlare dell’emergente industria italiana della produzione birra artigianale, altro settore che crea posti di lavoro e guadagni per i coraggiosi titolari spesso giovani intraprendenti. CONCLUDO. Se proprio volete fare un’opera utile, non dovreste demonizzare le bevande alcoliche in se stesse, ma dovreste approfondire perchè i supermercati sono pieni di vini di mexxa, birre pessime e liquori pieni di zucchero bianco raffinato… Scelta che richiede coraggio? Già…una cosa che in Italia ormai inizia a mancare. Sempre lieto di leggervi, Francesco. Saluti

Valeria Nardi
Reply to  Francesco
20 Gennaio 2016 10:50

Portare all’attenzione dei nostri lettori anche notizie che vengono dall’estero è il nostro lavoro. La nostra “opera utile” è selezionare e divulgare le informazioni, e non sceglierle in base a all’utilità per il mercato del lavoro italiano. Per la promozione del lavoro ci sono altri enti dedicati. Il fatto che uno cosa (oggetto o alimento) non sia necessaria, non le toglie valore di mercato, basta guardare il settore dei beni di lusso che a differenza degli altri non conosce crisi.

barbara
barbara
Reply to  Francesco
29 Gennaio 2016 09:57

Francesco,
l’alcool è una tossina. E su questo non ci piove.
Se tu non lo sai, in Italia il problema dell’abuso di alcool (e di droghe) è in costante e pericoloso aumento, specialmente tra i giovani.
Io personalmente ho avuto in famiglia due casi di morti per cirrosi epatica causate dal costante consumo di alcool.
Sinceramente, barattare la bilancia dei pagamenti con la salute delle persone, credo non sia più una scelta vincente. Mors tua vita mea, non serve più a nessuno.