Uova sode tagliate a metà

Uovo sodo veganoL’Università di Udine ha annunciato di avere depositato un brevetto per produrre uova sode vegane, inventato da quattro studentesse. Si tratterebbe di un prodotto refrigerato, pronto al consumo, da mangiare in insalata o in abbinamento a diverse salse.

L’uovo vegano viene descritto come  un cibo interamente costituito da ingredienti di origine naturale e vegetale, per lo più proteici, in particolare farine di diversi legumi, oli vegetali, un gelificante e un sale speciale. Il Fatto Alimentare ha chiesto  all’Ateneo friulano se l’uovo sodo vegetale contiene farina di soia o amido di mais. “Per ora – ha spiegato Giorgio Miclet, responsabile dell’Ufficio protezione e valorizzazione della proprietà industriale dell’Università degli Studi di Udine – non è possibile avere maggiori informazioni, perché i brevetti godono di 18 mesi di riservatezza per dare un vantaggio competitivo alle aziende che li acquistano”. La specificità del modello italiano è che si tratta di un uovo “finito” mentre negli USA sono stati brevettati prodotti in grado di sostituire l’uovo quando viene usato come ingrediente in altri prodotti o nelle preparazioni culinarie.

Gli ingredienti principali del VeganEgg sono farina e proteina di alghe originarie dell’Olanda

L’azienda più nota è la  Follow Your Heart che commercializza il VeganEgg, un uovo intero a base di vegetali, che   sostituisce le uova di gallina nella preparazione di ricette e può essere usato anche per fare frittate, omelette e “uova” strapazzate. Il VeganEgg, i cui ingredienti principali sono farina e proteina di alghe originarie dell’Olanda, è venduto anche in Messico e Gran Bretagna.

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Giuseppe
Giuseppe
18 Settembre 2017 20:41

Appunto, si tratta di un prodotto finito.
Ma che uovo è?
E io farei subito una petizione via Change.org per impedirgli di chiamarlo uovo STOP EGG SOUNDING!
L’uovo è di origine animale, della gallina, della quaglia, della tacchina e di altri animali.
Chiamatelo in un altro nome che è meglio!

Michele
Michele
19 Settembre 2017 10:01

@Giuseppe… Come mai questo fatto ti sta creando un tale problema? Se non ti interessa basta non comprarlo, non assaggiarlo, non parlarne… Ma voler vietare a tutti gli altri di chiamarlo “uovo” mi sembra abbastanza prepotente…

Giampiero
Giampiero
Reply to  Michele
19 Settembre 2017 11:40

si tratta in primo luogo di coerenza mentale e in secondo luogo, cosa principale per il commercio alimentare, di frode, ci sono tante normative a riguardo su tantissime denominazione “al gusto di – con – al – con aggiunta, ecc” oltre la possibilità di avere la denominazione vera e propria di un alimento. Che senso ha chiamare un uovo artificiale vegano uovo? ormai siamo all’assurdo basta che si tratti di vegano o vegetariano e si leggono post che ignorano le leggi che tutto il resto del mondo deve rispettare….

Roberto La Pira
Reply to  Giampiero
19 Settembre 2017 12:23

Attenzione stiamo parlando di un brevetto e non di un prodotto. Nel caso del prodotto finale la denominazione commerciale con la parola uovo potrebbe creare problemi

Claudio
Claudio
Reply to  Michele
19 Settembre 2017 17:03

A me sa tanto di frustrazione il fatto che un vegano abbia bisogno di “simulacri” del cibo tradizionale. Oltretutto che riproducono non solo la forma ma il sapore di un cibo messo all’indice dalla filosofia vegana. Mi sta bene che ci sia chi vuole mangiare vegano, ci mancherebbe, ognuno è libero di farlo, ma mi fa ridere che si debba poi ricorrere a finte cotolette, a bistecche di soia ecc. Il cibo naturale va assunto così come è senza SOFISTICAZIONI MENTALI.

Francesco
Francesco
19 Settembre 2017 14:19

Secondo me stiamo superando ogni limite!
Mi chiedo per quale motivo si deve costruire un “mondo parallelo ” fatto di …cose “simili ad altre”?
Se non si vuole mangiare qualcosa libero di farlo , non c’è bisogno di costruirne una copia! !!

giorgia
giorgia
Reply to  Francesco
29 Settembre 2017 08:38

Vorrei far notare che ci sono persone CHE NON POSSONO mangiare le uova…. ora io capisco che per molti i vegani siano da eliminare come categoria, ma vi assicuro che da mamma di una persona allergica alle proteine dell’uovo dalla nascita “la moda” (perché ormai per molti di moda si tratta) dell’esser vegano mi ha semplificato parecchio la vita. Negli anni passati per esempio mia figlia non poteva neanche pensare di far colazione al bar, di farsi fare una torta o dei pasticcini in pasticceria, di trovare nei normali supermercati prodotti dolci adatti a lei. Trovavamo solo prodotti in negozi bio che oltre al latte non avevano zuccheri e spesso farine tradizionali. Per voi l’uovo vegano è una cosa assurda, per lei poter mangiare una frittata sarebbe una cosa straordinaria…. poter mangiare un uovo strapazzato la farebbe sentire come gli altri. Ci avete mai pensato a queste persone? non tutti non mangiano qualcosa per scelta! La stessa cosa vale per il latte, chiamare latte una bevanda vegetale infastidisce tanto ma per un bambino è più tollerabile dire che beve latte di riso o una bevanda di riso? A volte le parole contano per non far sentire diverse le persone. E la cosa che più mi ferisce è che per i celiaci questa cosa non esiste, la loro è una patologia accettata. nessuno dice che la pasta non si può chiamare pasta se ha la farina di riso…. per i vegani c’è un vero e proprio odio e tutto quello che è vegano andrebbe distrutto! Non potete immaginare quando chiedo una brioche vegana come vengo guardata male…
In un mondo perfetto la ricerca dovrebbe aiutare le persone allergiche, l’industria dovrebbe sperimentare ricette senza allergeni… in un mondo imperfetto come il nostro sono le mode a dettar legge, l’industria sperimenta solo ed esclusivamente se ci può guadagnare quindi il mercato per gli allergici non è allettante, quello per i vegani lo è….

Ale
Ale
21 Settembre 2017 12:13

Se la cucina vegana inventasse piatti originali con nomi originali sarebbe più interessante. Invece sta sempre a rincorrere l’originale facendo copie che per forza di cose non avranno lo stesso gusto. E ci perde.

Sara
Sara
Reply to  Ale
21 Settembre 2017 12:22

Per adesso si tratta soltanto di un brevetto. In futuro potrebbe essere un prodotto utile alle persone che stanno facendo il passaggio da una dieta onnivora a una vegana o comunque priva di uova. L’uovo è un alimento molto utilizzato, anche come ingrediente.
Riguardo poi l’impegno di nomi comunemente associati alla carne, si tratta di abitudine e tradizione, ma per esempio le polpette sono sempre esistite anche nelle versione vegetariana o vegana.

Dennis
Dennis
23 Settembre 2017 23:26

Sono assolutamente d’accordo con il commento di Claudio, e lo dico da ex vegetariano prima, e vegano poi, ora nuovamente onnivoro. Trovo anch’io assurdo dichiararsi vegani e poi creare nuovi cibi per imitare quelli naturali che non si vuole consumare per principio. Oltretutto costano tanto e hanno scarse qualità nutrizionali.

Luca CODELUPPI
28 Settembre 2017 12:10

Posso solo dire che apprezzo il gioco di travestire qualcosa che sembri proprio un uovo, è un bel gioco che quando si è giovani si fa! è un frizzo della mente di un cervello raffinato apprezzabilissimo! Ma dovrebbe fermarsi lì, invece – ed è comprensibile – il desiderio di mettere in produzione il frutto di un tale frizzo è subuto dietro l’angolo. La nostra società è fatta così, chi inizia, cerca di trovare un micro bioma in cui sopravvivere e questo genre di psicosi collettiva è un bioma che consente larghi spazi! Il problema è che c’è in giro una massa di sprovveduti (anche un po’ psicotici – dissociati dalla realtà – ) che crederanno che mangiare tutti questi cibi alternativi – come già detto più volte su queste pagine – sia più salutare che mangiare i prodotti originali.
Prepariamoci ad un futuro in cui i fertilizzanti saranno tutti chimici (basta animali, basta fertilizzanti a base naturale) in cui i cibi saranno tutti manipolabili (sostituire l’olio vegetale sano di oggi con uno tipo il caro e vecchio olio di palma, sarà semplicissimo) e la qualità degli ingredienti sarà assolutamente non verificabile!
Basti pensare ai caos delle farine che ancora oggi in Italia a parte la differenza tra grano duro, grano tenero e manitoba (e oggi anche il mammut! – versione scherzosa di kamut -) tutte le altre farine – siano francesi, padane, etc. – non vengono denominate: noi compriamo farine solo perché ci fidiamo che il mulino ci offra la qualità che ci aspettiamo (etichetta gialla, scritta “per pizze” o “per pasta a mano” etc.)! Se pensate che le farine sono state spersonalizzate e affidate ad un alchimista (che speriamo non sia pazzo!) ebbene questa sarà la direzione dei futuri cibi per vegani! … e ci starà bene!

Max
Max
Reply to  Luca CODELUPPI
29 Settembre 2017 09:24

Io, visto il discorso sulle farine ( non c’è nessun caos) , non ho idea di che studi abbia fatto, ma il discorso mi sembra un po’ eccessivo.
Il meccanismo farine è lo stesso che si usa per il vino o per gli alcolici, si mescolano prodotti buoni se non ottimi per ottenere prodotti finali con determinate caratteristiche.
Per il vino si possono usare tagli od uvaggi, per gli alcolici il blending, ma il meccanismo principe è il medesimo la mescolanza. ( escluso Kamut che è un marchio commerciale per adescare i compratori).
Le cose o si sanno o no, sull’alimentare e sulla sicurezza sanitaria non si possono fare illazioni.

Lei con queste affermazioni negative sulla filiera alimentare lancia un messaggio pessimistico , che non lascia nessuna speranza ai posteri. Lascia solo sospetti.

P.S. lei ha una strana idea dell’industria laimentare, parla di alchimisti, non di tecnologi, come se questi stessero a studiare tutto il tempo come fregare il consumatore.

Luca CODELUPPI
Reply to  Luca CODELUPPI
29 Settembre 2017 14:49

Caro Max, la ringrazio innanzitutto per avermi dato dell’ignorante, ma almeno rispetto ad altri consessi lo ha fatto in modo gentile ed educato! (ma sempre dell’ignorante mi ha dato) 🙂
A parte che in ciò che ho scritto c’era anche un po’ di ironia, più verso uno stato che ha annichilito l’identità dei grani [questo non me lo può negare] mentre nel vino – il suo controesempio – i capitolati dei consorzi definiscono le uve e sono pubblici; ma forse dovrebbe sorgerle il dubbio visto il fatto e forse anche di timore sulle possibili liberalizzazioni selvagge future; se entra il TTIP o il CETA? noi stiamo facendo barriera, ma non durerà per molto per cui quello che ho detto che non è valido per l’attuale situazione lo diventerà per quella futura. Le faccio il verso e le chiedo: quant’è la sua esperienza negli USA di alimenti e ingredienti di base? Io mi sono girato i supermercati di alcuni stati per ore visto che ho passato 3 anni della mia vita colà e che per 4/5 del tempo ho preparato – con non poca fatica per trovare gli ingredienti che fossero almeno innocui – i miei pasti. Tutto è trasformato e sembra ciò che non è a partire dal “I could not believe it was not butter!”
Se non ho competenze specifiche da alimentarista laureato, ho abbastanza competenze di cucina e di varie altre cose da saper scegliere – tra le varie cose – una farina in base al contenuto proteico, alla zona di origine del mulino etc.; ma anche questo, con la grande distribuzione e le necessità di mercato (condizionato da quelle pessime trasmissioni di cucina!) può cambiare ed in effetti sta già cambiando (o non lo ha notato? le farine auto lievitanti, i cosiddetti acceleratori di cottura, etc.). Per rassicurarla: ho lavorato molti anni fa come venditore tecnico per un’azienda che faceva impiantistica per il settore lattiero caseario, uova, bevande e altri alimenti e le giuro che non ci mandavano in giro impreparati; inoltre ho lavorato anche in altri comparti che mi hanno portato a stretto contatto con molte industrie alimentari tra cui i molini caseifici etc.; inoltre sono curioso per natura e tecnicamente ben preparato anche sul piano della biologia oltre che di alcuni aspetti della chimica degli alimenti. I miei sono timori, proiettati verso il futuro. La questione dell’alchimista? è la sensazione che ho di non controllare il processo, di subire la scelta di un mercato che probabilmente e mediamente ha necessità minori delle mie (io tiro la pasta a mano e altre attività tra cui pizze sia napoletana che alla toscana, panificazione etc.). Insomma le mani in pasta le ho messe da almeno 40 anni e ho fatto molta sperimentazione nel mio piccolo! (d’altra parte anche se in un settore tecnico diverso – una volta abbandonata la carriera di venditore e passato al tecnico – sono stato per 10 anni un R&D, perché lo sono di natura)
Può visitare il mio blog e leggere l’articolo più antico che ho scritto per avere un’idea.

Roberta
28 Settembre 2017 18:14

Guardate che chi ha ideato questo ‘uovo’ non è mica vegano e francamente , da conoscitrice della cultura vegana da venti anni, non penso proprio che possa attecchire granché. L’alimentazione vegana ben pianificata, non quella che si segue per moda o che si prova una volta al ristorante, è fatta di cereali, legumi, frutta secca, frutta e verdura. Non c’è bisogno di andare a copiare nulla. Biologa nutrizionista , vegana.

Roberto Contestabile
28 Settembre 2017 21:32

L’uovo (vegano) altro non è che un altra opportunità per fare profitto, ma l’aspetto peggiore che a farlo siano studentesse brillanti ed ammirate perchè volenterose verso uno sviluppo sostenibile, ovvero quello stesso sviluppo che della liberazione animale non sa proprio cosa farsene…e lo dimostra il fatto che questo brevetto non ha nulla da spartire con il veganismo, ed ogni circostanza consequenziale.

Max
Max
29 Settembre 2017 09:10

Domanda : si può chiamare uovo ?
non credo, visto che anche latte di soia non è più ammesso.

scusate la battuta.
il vegano brama l’uovo , ma non può, eppure gli piace.

ezio
ezio
29 Settembre 2017 13:15

La famosa acquolina in bocca è uno stimolo sensoriale che coinvolge tutti i sensi ed anche intelletto e memoria.
Memoria appunto, quindi tradizioni e ricordi affettivi, in questo caso specifico non con le galline, ma con la famiglia e le persone care che ci hanno cresciuto (tutti, vegani compresi).
Rispetto dovuto da tutti per queste “dipendenze affettive” inconsce, nei confronti di chi non può alimentarsi o non vuole sfruttare l’opera prima delle galline, chiamando e scegliendo cibo che richiama ricordi e tradizioni famigliari.
L’uovo ha una forma ovoidale ed ha la funzione di cibo indipendentemente da dove esce.
Forma-funzione e non ricetta ne origine; questo dovrebbe essere a mio parere il principio dirimente.
Poi seguiamo i normatori per i divieti riduzionisti e le loro contraddizioni semantiche (latte di soia no/latte di mandorla e di cocco si…??).

Roberto Contestabile
29 Settembre 2017 21:24

Cara Giorgia (niente di personale) ma per quanto riguarda le varie allergie alimentari per fortuna esistono delle alternative valide e buone. Per quanto riguarda l’aspetto etico forse sarebbe il caso che un bambino o un adolescente capisca seriamente e con responsabilità che l’uovo o il latte vaccino (per non parlare della carne) provengono da un Animale. Si può farne a meno…

Lorenzo
Lorenzo
Reply to  Roberto Contestabile
1 Ottobre 2017 12:40

Il vostro “aspetto etico” sarebbe far crescere dei bambini plagiati con la menzogna che chi mangia cibi animali è un assassino? Perché gli dite che la mucca e la gallina soffrono come se fossero essere umani, facendogli credere che la natura è quella dei cartoni animati della Disney?
I bambini del passato crescevano nelle fattorie a contatto diretto con gli animali e sapevano benissimo che latte, uova e carne provenivano dagli animali. Così come gli ortaggi, che venivano concimati col letame.
Sono l’urbanizzazione e la rivoluzione industriale di agricoltura e allevamento i responsabile di questa follia collettiva, che ha due estremi entrambi contro-natura ed equamente pericolosi: da una parte l’industria alimentare che distrugge il pianeta e produce alimenti sempre meno nutrienti, dall’altra i vegani che rifiutano la nostra natura di animali onnivori.
Una soluzione potrebbe essere portare regolarmente i bambini nelle fattorie didattiche, fargli vedere da dove arriva il latte e come si macella una gallina.

Roberto Contestabile
Reply to  Roberto Contestabile
2 Ottobre 2017 20:55

Caro Lorenzo, gli esseri Umani non sono onnivori (innanzitutto) e poi sarebbe il caso che l’approccio verso uno stile di vita che rispetta ogni forma di vita fosse realmente preso in considerazione. Se non ci fossero state le indagini segrete di volontari animalisti caparbi e coraggiosi nessuno avrebbe mai saputo cosa realmente accade negli allevamenti (intensivi e non): atrocità inimmaginabili. Ora sembra che tutti si interessino di cibo vegano/vegetariano e benessere animale…ma guarda caso!
Il veganismo non riguarda solo cotolette veggie e tofu, ma ben altro: ogni tipo di sfruttamento, dai circhi agli acquari e zoo, dal pellame alla vivisezione, dalle cavie della Nasa al palio di Siena. Non vedere ciò che facciamo agli Animali è pura ignoranza e della peggior specie. I bambini andrebbero informati e portati negli allevamenti industriali per far capire da dove proviene il loro cibo. Ciò non avviene perchè è sconveniente per l’industria che non riesce a reggere i ritmi di una produzione non intensiva considerata la richiesta esorbitante di un mercato globalizzato. Si nascondono dietro squallide proposte bio-sostenibili che dovrebbero placare gli animi, quando tutti sanno che un allevamento parsimonioso non può garantire rifornimenti adeguati alla grande distribuzione.

ezio
ezio
2 Ottobre 2017 11:58

Le nostre convinzioni non sono solo razionali, ma anche e soprattutto emozionali e nel caso del veganesimo le loro convinzioni rappresentano un alto grado di sensibilità verso la sofferenza animale.
Ora il dilemma è se un genitore abbia il diritto d’imporre le proprie convinzioni ai figli che sono dotati di una loro sensibilità individuale, prima della libera e matura manifestazione.
Il mio personale parere, è come indica Lorenzo, che un genitore abbia il dovere d’informare, mostrare e far prendere contatto diretto i bambini con gli animali, poi in base alle loro reazioni ed inclinazioni, che si manifesteranno sicuramente in modo esplicito, guidarli nelle loro scelte e preferenze senza imporre principi ne dogmi, che sono di libera scelta quando maturi, informati e consapevoli non solo dei propri desideri, ma anche delle conseguenze sociali che provocheranno le loro scelte.

Stefania F.
Stefania F.
4 Ottobre 2017 12:10

Ma forse non si è capito che non è un uovo crudo… è un “uovo sodo”… quindi chi parla di intolleranze ecc può mettersi il cuore in pace perché non è stato creato il sostituto dell’uovo vero… se lo volete mangiare è così e basta non si può usare per nulla… Come non si ha il sostituto del latte vero ma solo dei simil papponi che ne riproducono il colore con un miscuglio di ingredienti e aromi…
Uovo è uovo, latte è latte, cotoletta è cotoletta, ogni cosa ha la sua origine ed il suo nome…e così deve continuare ad essere…
La cosa che mi fa specie è che per creare questi simil cloni vengono utilizzati tutti gli additivi più immaginabili sulla terra ma a chi si professa tanto “amo il naturale…proteggo il pianeta…non mangio carne… ecc..” questa cosa va bene… Sono d’accordo con chi dice che una persona che sceglie un certo indirizzo nella propria vita debba seguirlo nei pro e nei conto… se sei contro le uova perché vuoi mangiare il tarocco? Quando ho voglia di mangiare lo spezzatino non compro la ratatouille eppure è sempre cibo tagliato a pezzi….