La scritta “uova fresche italiane” presente su molti prodotti come biscotti, torte, impanati, gelati, salse… dà un’indicazione molto generica e imprecisa. Si tratta sicuramente di uova “fresche” e anche “italiane”, ma con molta probabilità provenienti da allevamenti di galline che vivono in gabbie arricchite. La nuova denominazione di gabbia arricchita è ambigua, perché lo spazio vitale rispetto a quelle precedenti è stato ampliato del 20% circa, ma si tratta sempre di luoghi angusti.
Per ogni animale è prevista una superficie pari a 750 cm2 (poco più di un foglio di carta del formato A4), insufficiente per condurre una vita decente. Inoltre nei capannoni le gabbie sono disposte su 4-6 piani. La scelta etica di molti consumatori di non comprare uova di galline allevate in gabbia, viene di fatto vanificata dall’acquisto di altri prodotti che le contengono come ingredienti.
Uova fresche italiane di galline allevate in gabbia
Le uova esposte sugli scaffali dei supermercati in confezioni da 2, 4, 6 e anche 10 pezzi provengono quasi sempre da galline allevate a terra e, in minor misura allevate all’aperto o biologiche. La tipologia dell’allevamento è riportata in etichetta con numeri che vanno da 0 (biologico), 1 (all’aperto), 2 (a terra) a 3 (in gabbia). Solo in alcuni discount si trovano ancora uova fresche di animali cresciuti in gabbia.
Buona parte delle uova di questa categoria è destinata all’industria alimentare che le usa come ingredienti nei vari prodotti trasformati. Praticamente poco meno della la metà delle uova prodotte in Italia è utilizzata dalle aziende. Visto che il consumo annuo procapite è di circa 215 unità, vuol dire che 115 sono quelle che acquistiamo al supermercato e sono quasi tutte di galline da allevamento bio o comunque a terra (codici: 0, 1, 2 e 3) , le altre 100 sono inglobate nei prodotti trasformati e si tratta nella maggior parte dei casi di uova di galline in gabbia.
Le galline allevate a terra non sono in un albergo di lusso ma almeno possono muoversi più liberamente e provare ad esprimersi razzolando e becchettando. Da prediligere la soluzione dell’allevamento all’aperto o ancor meglio quello biologico in cui l’affollamento degli animali è decisamente inferiore, la razione alimentare è solo di origine biologica e non si usano farmaci allopatici. Le industrie utilizzano le uova di animali in gabbia per un motivo molto semplice costano meno. Secondo i dati della Camera di Commercio di Verona il risparmio fra uova in gabbia e allevate a terra è di circa 2 centesimi ad unità (mentre per quelle allevate all’aperto sale di 5 centesimi).
Attenzione all’etichetta
La legge non obbliga i produttori di alimenti trasformati a indicare in etichetta il tipo di allevamento delle uova utilizzate. Per questo motivo quando sulle confezioni si trova la rassicurante frase “uova fresche da allevamenti italiani” nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di uova di galline vissute in gabbia. Anche quando compare solo la parola “uova”, si tratta di una categoria che non può essere venduta direttamente al dettaglio, tendenzialmente proveniente da allevamenti in gabbia e sottoposta a pastorizzazione.
Che fare? La soluzione è semplice bisogna leggere bene le etichette e cercare nell’elenco degli ingredienti la scritta “uova fresche di galline italiane allevate a terra”. Si tratta di un particolare importante perché buona parte delle etichette di biscotti, merendine, dolci, maionese, pasta all’uovo, salse varie o gelati che finiscono nel carrello non indicano il tipo di allevamento proprio perché provengono da galline allevate in gabbia. Persino per produrre dolci di lusso come panettoni e pandori che devono rispettare disciplinari con un elenco meticoloso di ingredienti è permesso usare uova di animali cresciuti in gabbia. Infatti solo alcune marche precisano di non usarle.
I supermercati
Ci sono alcune catene di supermercati che per i prodotti con il loro marchio non usano uova di galline allevate in gabbia, altre che adottano questa politica solo per i prodotti di alta gamma. La stessa cosa fanno alcune aziende che solo per una parte dell’assortimento scelgono quelle allevate a terra e lo precisano nell’etichetta. L’unica certezza di non trovare uova di galline in gabbia si ha acquistando prodotti biologici che impiegano solo uova bio.
Che fare? Chi compra prodotti biologici non ha problemi. Negli altri casi conviene controllare sempre se sull’elenco degli ingredienti compare la scritta “allevate a terra”. Se non c’è è lecito ipotizzare che le uova provengano da allevamenti di galline cresciute in gabbia e questo potrebbe fare la differenza fra una marca e l’altra.
(*) In Italia le galline in gabbia sono 16-18 milioni e vengono allevate in poco più di 800 aziende. Questi animali producono 5 miliardi di uova l’anno, destinate prevalentemente al settore alimentare. Il 47% delle galline è allevato a terra, il 45% in allevamenti con “gabbie arricchite”, il 3% in allevamenti all’aperto e il 5% in allevamenti biologici (tutti all’aperto). Fonte Ismea 2020.
(**) Austria, Lussemburgo, Svizzera, Islanda e Liechtenstein non producono uova da allevamenti in gabbia. La Svezia e la Germania si avvicinano all’obiettivo con il 97% e il 96% allevamenti a terra. In Danimarca, Slovenia e Olanda la percentuale varia dall’80% al 90%.
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Giornalista professionista, direttore de Il Fatto Alimentare. Laureato in Scienze delle preparazioni alimentari ha diretto il mensile Altroconsumo e maturato una lunga esperienza in test comparativi. Come free lance si è sempre occupato di tematiche alimentari.
Buongiorno. Al solito il problema sta a monte. Se il governo fosse un pizzico più sensibile basterebbe una normativa che proibisca allevamenti di animali in gabbia, ciò di fatto obbligherebbe ad allevamenti come minimo a terra. Saluti
Come sempre, il governo sarà sensibile agli interessi dei produttori (vogliamo chiamarli “lobby”?) quindi se per loro non c’è vantaggio, a meno di leggi europee non procrastinabili che obblighino tutti ad adeguarsi, non si muoverà una foglia.
Business, as usual…
D’accordo con le regole per la tutela del benesere delle galline allevate, ma non dobbiamo dimenticare l’aspetto sanitario. Negli ultimi anni sono aumentati gli episodi di tossinfezioni alimentari da salmonelle avicole, sia per consumo di carni ma soprattutto per l’impiego delle uova crude in alimenti non sottoposti a trattamento termico come alcuni dolci. E’ brutto dirlo ma le uova delle galline allevate in gabbia offrono, secondo me, una garanzia maggiore per alcuni consumatori sensibili!
buona giornata
Massimo
Non mi risulta ci siano problemi del tipo da lei menzionato
che dire per una differenza di costo cosi contenuta le aziende che sono solo attente al profitto utilizzano uova da gabbia ,sta a noi notare la differenza,se non comprassimo piu’prodotti contenenti uova in gabbia anche le aziende prenderebbero misure adeguate.Altri paesi europei hanno eliminato o notevolmente ridotto il loro utilizzo, solo in italia non si puo’ fare? l’informazione è basilare in tutto questo in quanto gli acquirenti in molti casi non notano la differenza ma solo il prezzo. P.S: Coldiretti come al solito rincorre i fantasmi (pomodori cinesi, latte estero, grano estero )
Purtroppo siamo alle solite, il profitto è sempre in cima ad ogni cosa.
Finché non capiamo che ogni essere vivente merita assoluto rispetto, le cose non cambieranno mai.
Anche se tutto è destinato alla nostra alimentazione, chi è preposto non deve permettere che gli animali soffrano e vengano disprezzati.
Prendiamo sempre esempio dai paesi più civili di noi, come è riportato nel prezioso vostro articolo, ed impariamo qualcosa con estrema umiltà ed umanità.