Allevamento di galline ovaiole in gabbia

Woman holding raw eggs on wooden backgroundIeri (17 novembre) è stato pubblicato il nuovo report EggTrack (1) di Compassion in World Farming (Ciwf), con i progressi fatti dalle aziende per abbandonare le uova provenienti da galline allevate in gabbia. In Italia si registrano  importanti passi in avanti, anche se nell’elenco delle imprese mancano alcuni nomi di rilievo, come Despar e Unes, non incluse nel report perché non hanno preso impegni pubblici come hanno fatto altre catene di supermercati.

Nel 2021 il rapporto ha analizzato le comunicazioni inviate da 219 aziende operanti in Europa e in Nord America, rilevando che il 71% (156) si è attivato e ha avviato una fase di transizione verso uova di allevamenti “cage free”. A livello internazionale, cresce da 37 a 47 il numero di aziende che hanno preso l’impegno di abbandonare le uova ottenute da galline allevate in gabbia in tutti i Paesi in cui operano, mentre Danone e Hormel Foods hanno già raggiunto l’obiettivo prefissato di essere 100% Cage free a livello globale. Tra le 116 aziende  europee esaminate nel report, il numero di quelle che hanno comunicato a Ciwf  i progressi fatti, passa da 83 nel 2020 a 98 nel 2021. Questa tendenza trova conferma anche in Italia, dove tra le 30 imprese analizzate, 23 hanno diffuso i dati della situazione rispetto agli obiettivi  prefissati (76% rispetto al 71% nel 2020). C’è di più, nel 2021 sei nuove realtà, tra cui Aldi e Lidl hanno raggiunto l’obiettivo di essere 100% “cage free”. Sono invece sette le aziende che non hanno comunicato a che punto è la fase di transizione, tra queste Autogrill, Flunch, Marr ed Euroristiorazione.

Produrre e acquistare uova provenienti da sistemi realmente alternativi alle gabbie è un modo per garantisce il futuro delle filiere

Un altro importante dato evidenziato dal report è il numero crescente di marchi italiani (11 tra quelli presi in esame) che,  hanno dichiarato pubblicamente di voler eliminare sia il sistema delle gabbie sia quello degli allevamenti combinati. Con questo termine si intendono capannoni multipiano dove gli animali possono razzolare sul pavimento, ma anche muoversi su vari piani posti ad altezze diverse. Su questi ripiani però ci sono pareti divisorie e cancellati che possono all’occorrenza essere chiusi. Per questo motivo questi allevamenti sono ritenuti abbastanza simili a quelli in gabbia e tendono ad essere riconvertiti, come hanno deciso Fattoria Roberti, Gruppo Eurovo e Gruppo Sabbatani, che hanno preso l’impegno di eliminare gradualmente le gabbie combinate entro il 2025. Anche Aldi, Barilla, Chef Express, Lidl  hanno deciso di non usare più uova di galline allevate in gabbie combinate.

In Italia, alcuni supermercati e società di ristorazione non si sono ancora assunti un impegno pubblico a favore del benessere delle galline. Realtà come Bauli, Gruppo DAC e Unes non sono presenti nella classifica proprio perché non hanno voluto prendere  posizioni ufficiali così come Despar Italia, che ha preso l’impegno parziale di abbandonare le gabbie solo nel nordest del Paese. “È incredibilmente stimolante vedere come ogni anno i progressi fatti dalle aziende portino al miglioramento significativo nella vita di milioni di galline – dichiara Elisa Bianco di Ciwf in Italia – mai come ora i tempi sono maturi per investire in sistemi di allevamento che siano adatti alle esigenze delle galline e alle future richieste del mercato, per questo è necessario che tutte le aziende che ancora non hanno assunto una posizione pubblica comunichino al più presto qual è la direzione verso cui vogliono investire, e che quelle che stanno attuando la conversione inizino a collaborare con i propri fornitori per l’eliminazione di gabbie e sistemi combinati.” Ormai sono molti a credere che produrre e acquistare uova provenienti da sistemi realmente alternativi alle gabbie è un modo per garantisce il futuro delle filiere.

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È incredibile vedere come ogni anno i progressi fatti dalle aziende portino al miglioramento significativo nella vita di milioni di galline

P.S. L’elenco delle aziende classificate come 100% cage free si riferisce agli obiettivi prefissati. Ci sono alcune catene di supermercati come per esempio Conad e In’s, Metro, Pam, oppure aziende come Balocco, Sammontana  che si sono impegnate a non vendere sugli scaffali uova in guscio provenienti da galline allevate in gabbia, ma non a garantire la stessa cosa per i loro prodotti a marchio (assenza di queste uova come ingrediente), ciò nonostante hanno raggiunto l’obiettivo prefissato. Altre come Iper, Bennet Esselunga e Carrefour che hanno raggiunto l’obiettivo di togliere  dagli scaffali le uova di galline allevate in gabbia, ma non avendo ancora concluso il percorso prefissato di eliminare queste uova come ingredienti dei loro prodotti a marchio, non hanno ancora il badge  cage free 100%. Nella classifica troviamo aziende che da tempo sono “cage free 100%” perché non usano  le uova a galline in gabbia in tutti prodotti. L’elenco comprende nomi come il Gruppo Barilla (compresi Mulino Bianco, Pavesi e Barilla), Coop (uova in guscio e ingrediente), Ferrero, Galbusera, Lidl, Aldi, Nestlè Europa, Cirfood.

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Alessia
Alessia
25 Novembre 2021 13:33

Era ora, che le aziende si svegliassero…

luigiR
luigiR
Reply to  Alessia
13 Dicembre 2021 11:34

certo, era ora che le aziende si svegliassero, anche se gli allevamenti a terra non rappresentano ancora il massimo, ma chi dovrebbe svegliarsi di più dovrebbe essere il consumatore medio!