Tra i proprietari di un cane o di un gatto, circa uno su due accetterebbe volentieri almeno di provare qualche tipo di cibo che non sia a base di carne proveniente da allevamenti intensivi. Sta aumentando la consapevolezza degli impatti – assai rilevanti – della produzione di carne da animali da allevamento da destinare a questi scopi, e con essa cresce l’esigenza di avere a disposizione delle alternative. Lo dimostrano due studi speculari, pubblicati entrambi su Animals da ricercatori britannici e australiani, che grazie a un questionario in 37 domande postato su una piattaforma online hanno sondato le opinioni di migliaia di proprietari residenti per la maggior parte in Regno Unito, ma anche in altri Paesi.
Lo studio sui cani
Per la platea dei proprietari dei circa 528 milioni di cani domestici esistenti, i ricercatori hanno analizzato le risposte di oltre 2.600 persone, l’84% delle quali alimentava abitualmente l’animale con cibo per gatti (pet food ) a base di carne e carne cruda. Tra costoro, il 43% ha valutato come accettabile una tra le alternative suggerite. Il maggior numero di preferenze (il 24%) è andato alla carne coltivata, seguita dagli alimenti vegetariani (17%), da quelli con farina di insetti (16%) e da quelli vegani (13%), mentre funghi e alghe come base per il cibo sono rimasti attorno al 6-7%. Chi ha un cane, poi, cerca informazioni sul contenuto del cibo sulle etichette o sulle confezioni (nel 42% dei casi), in articoli o libri scientifici (nel 38% dei casi) o nelle pagine web nelle aziende produttrici (nel 35% dei casi).

Interessante anche ciò cui i proprietari attribuiscono più importanza come motivo per accettare un’alternativa: in primo luogo vi è la qualità nutrizionale (85% delle preferenze) e la salute del cane (83%), e solo dopo arrivano altre cause come quelle ambientali. Infine, i più sensibili sono risultati essere i proprietari più istruiti e coloro che cercano di diminuire il proprio consumo di carne da allevamento, mentre quelli meno aperti a nuove possibilità sono risultati essere in generale i più anziani. Per quanto riguarda il Paese di provenienza, non si possono trarre conclusioni, perché la maggior parte delle risposte sono arrivate dal Regno Unito. Comunque, i cittadini britannici sembrano essere i meno propensi a modificare la dieta del proprio cane, rispetto per esempio a quelli dei Paesi scandinavi.
Lo studio sui gatti
Per quanto riguarda i 476 milioni di gatti da compagnia, gli autori hanno verificato le risposte di poco meno di 1.400 proprietari, trovando una situazione simile a quella emersa con i proprietari di cani, pur con alcune differenze. L’89% di costoro alimenta abitualmente il micio con alimenti a base di carne (pet food) provenienti dal circuito degli allevamenti, ma il 51% sarebbe disposto a provare un’alternativa: una percentuale, quindi, un po’ più alta rispetto a quella ottenuta per i cani. Anche in questo caso, un po’ a sorpresa, la carne coltivata – non ancora presente nei mercati europei e neppure in quello britannico – si piazza al primo posto, tra le preferenze, con il 33%, mentre al secondo ci sono gli alimenti vegani bilanciati dal punto di vista nutrizionale, con il 18%, seguiti da quelli con farine di insetti (14,8%), quelli vegetariani (13,8%), quelli con funghi (10,4%) e quelli con alghe (9,7%).

I cinque parametri considerati più importanti ai fini della decisione sono la salute del gatto, la qualità nutrizionale del prodotto, la palatabilità, la qualità generale e la sostenibilità ambientale. Inoltre, i proprietari dei gatti, come quelli dei cani, cercano informazioni soprattutto sulle etichette e sulle confezioni (44%), ma chiedono anche ai veterinari (40%), mentre solo in un caso su cinque leggono testi scientifici. Anche loro, comunque, adeguano la dieta del proprio animale alla loro: se diventano vegetariani o comunque riducono il consumo di carne, cercano (o vorrebbero) fare lo stesso per il gatto di casa.
L’impatto ambientale del pet food
Considerando che cani e gatti consumano circa il 25% delle calorie derivanti da carne di allevamento e che il loro numero è in continuo aumento, da più parti si sta cercando di richiamare l’attenzione sull’insostenibilità dell’alimentazione classica, basata quasi esclusivamente sulla carne ottenuta da allevamenti intensivi. Stando ai risultati dei due sondaggi, anche i proprietari stanno iniziando a capirlo, e a essere disposti a prendere in considerazione soluzioni diverse.
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Giornalista scientifica


