Sono tante le aziende del mondo della ristorazione, dell’industria alimentare e della distribuzione che hanno annunciato l’intenzione di eliminare le uova deposte da galline allevate in gabbia dalla loro catena di approvvigionamento. Ma quanti di questi impegni si concretizzano? A tenere traccia dei progressi delle aziende ci pensa ogni anno Compassion in world farming (Ciwf) Italia, che ha da poco pubblicato il rapporto EggTrack 2019.
I dati raccolti dall’associazione mostrano diversi progressi. A partire dal numero di aziende analizzate, 106 rispetto alle 83 dello scorso anno. Esaminando gli obiettivi fissati si registrano progressi medi del 64%, in miglioramento rispetto al 54% del 2018. Tuttavia va detto che tra le 106 aziende, il 72% ha comunicato solo parzialmente i progressi compiuti, mentre il 42% lo ha fatto in maniera completa, includendo tutte le categorie di uova e ovoprodotti utilizzati.
Il Ciwf rileva che spesso c’è ancora poca chiarezza nella filiera e a volte non si capisce se gli impegni sono validi per tutti i paesi in cui una certa azienda è presente e per tutti i suoi marchi. In alcuni casi non è chiaro se gli obiettivi presi riguardano solo le uova in guscio o anche le uova e gli ovoprodotti usati come ingredienti per produrre altri alimenti.
Nel mondo della ristorazione sono diverse le imprese che hanno annunciato pubblicamente l’impegno per eliminare le uova di categoria 3. Tra di esse Euroristorazione ha già raggiunto i suoi obiettivi nel 2017, così come Restaurant Brands International, proprietaria di Burger King. McDonald’s ha già eliminato le uova fresche di categoria 3 dalla filiera, e intende fare lo stesso per quelle usate come ingredienti entro il 2025. CIRFOOD ha rispettato solo in parte gli obiettivi: l’azienda aveva puntato a rifornirsi esclusivamente di uova e ovoprodotti da allevamento a terra già nel 2018, ma è arrivata ‘solo’ 95%, a un passo dal traguardo. Questo perché nella prima parte dell’anno si sono verificate delle difficoltà di approvvigionamento sul mercato a causa di epidemie di aviaria. Dalla seconda parte del 2018, il 100% delle uova e ovoprodotti sono cage free.
Per quanto riguarda le aziende alimentari, sono numerose quelle che hanno già completato la conversione delle filiere delle uova e degli ovoprodotti usati come ingredienti: nella lista troviamo Barilla, che ha raggiunto i suoi obiettivi con un anno di anticipo per tutti i suoi marchi, seguita da Ferrero, Galbusera, Giovanni Rana e Mars.
Sono un po’ più complesse le cose per i supermercati. Aldi in Italia non vende uova da galline in gabbia ed entro il 2020 le eliminerà dai prodotti (attualmente è al 67%). Lo stesso vale per Coop e Carrefour, che hanno già tolto le uova di categoria 3 dagli scaffali, ma non è chiaro a che punto siano con quelle usate come ingredienti, non avendo dato aggiornamenti. Anche Esselunga vende solo uova da allevamento a terra, all’aperto o biologiche, e lo stesso dichiara di fare per i prodotti da forno e pasticceria fabbricati nei suoi stabilimenti. Mentre non è chiaro se facciano lo stesso anche i produttori terzi che realizzano alimenti a marchio Esselunga.
Sono però ancora tante le imprese che non hanno comunicato aggiornamenti. Non è chiaro a che punto sia Starbucks con l’eliminazione globale di uova e ovoprodotti da allevamento in gabbia, che dovrebbe completare nel 2020. Lo stesso vale per Autogrill, che però ha come obiettivo il 2025. Anche Paluani e Sammontana, che avevano preso impegni per la fine del 2019, non hanno dato aggiornamenti: riusciranno a rispettare i loro obiettivi?
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Giornalista professionista, redattrice de Il Fatto Alimentare. Biologa, con un master in Alimentazione e dietetica applicata. Scrive principalmente di alimentazione, etichette, sostenibilità e sicurezza alimentare. Gestisce i richiami alimentari e il ‘servizio alert’.
è un bel passo avanti ..ma il problema ora sono i pulcini maschi tritati vivi.. è insopportabile! Conosco solo l’azienda Tedaldi che non li uccide ma li fa crescere anche se poi vengono venduti come galletti..
Ci sono nuove tecniche in sperimentazione. Qui trova un nostro approfondimento: https://ilfattoalimentare.it/uova-cruelity-free-respeggt.html
A me, risulta che le uova in gabbia, le utilizzano le aziende, per i loro prodotti con le uova
Vengono disidratate