Fast food, cibi ultra processati e carne: il Regno Unito sta esagerando e sembra non voler cambiare. “Il sistema alimentare britannico non sta funzionando”. Inizia così, senza giri di parole, il rapporto pubblicato dalla Food Foundation sullo stato del commercio di generi alimentari sia nei supermercati che nei ristoranti inglesi, che mette in luce ancora una volta come gli sforzi per abituare i cittadini a mangiare meglio e per combattere l’obesità dilagante siano un fallimento, almeno dal lato delle aziende. Un dato su tutti rende l’idea: l’80% degli spot che vanno in onda nella TV sono delle cinque principali aziende di junk food o comunque di ultra processati, e cioè Mars, Haribo, Kellogg’s, Pepsi e Mondelez. Gli spot vanno in onda anche prima delle 21, ora prima della quale, dall’ottobre del 2025, sarà vietato ogni annuncio di questo tipo. Oggi, invece, le pubblicità sono vietate solo nelle ore dedicate ai bambini, e nei programmi pensati per loro.
Ma nel rapporto c’è molto di più. Ecco i dati per quanto riguarda:
Le regole
- In un anno (l’ultimo rapporto era di un anno fa, ndr) solo sette delle 36 principali aziende alimentari del Regno Unito hanno agito per giungere a divulgare i dati o per stabilire nuovi obiettivi per aumentare le vendite di alimenti sani e sostenibili. Le catene di ristoranti e di fast food sono le meno trasparenti, da questo punto di vista, e non hanno compiuto alcun progresso rispetto allo scorso anno;
- Solo una su quattro delle principali aziende alimentari del Regno Unito ha target di vendita incentrati su prodotti sani, e divulga i dati sulla salubrità degli stessi;
- Anche se la maggior parte delle principali aziende alimentari ha fissato obiettivi per raggiungere le emissioni zero, c’è un grande gap tra le intenzioni e le azioni. Il 42% di esse non riferisce in modo trasparente i propri progressi e quasi un quinto (17%) ha aumentato le proprie emissioni, anziché diminuirle.
- Degli otto produttori alimentari globali che operano nel Regno Unito, e che hanno aderito teoricamente all’ATNi (Access to Nutrition Initiative, un programma per rendere il cibo sano accessibile a tutti, ndr), tre (Mondelēz, Mars e Coca-Cola) non sono chiare né trasparenti sui passi fatti in quella direzione.
- Tra il 2020 e il 2023, i rappresentanti dell’industria alimentare e loro associazioni di categoria si sono incontrati con i ministri del Defra (Department for Environment, Food and Rural Affairs) per un totale di 1.377 volte: un numero di riunioni 40 volte superiore a quello degli incontri tenuti tra le ONG alimentari e gli stessi ministri.
La disponibilità di cibo sano
- Circa un terzo dei ristoranti britannici serve, come piatti principali, pietanze con quantitativi straordinariamente alti di sale;
- Più della metà (il 58%) dei piatti principali proposti dai ristoranti contiene carne, e anche se il valore è in miglioramento rispetto all’anno scorso (anno in cui la percentuale era del 62%) si tratta di una predominanza da correggere.
Fast food o cibo sano?
- Circa 1,2 milione di persone che lavorano nel settore food guadagnano meno della soglia di povertà, un tasso triplo rispetto alla media degli altri lavoratori in generale. Lo sfruttamento favorisce la diffusione di junk food.
- I progressi per far sì che le famiglie meno abbienti abbiano accesso al cibo sano non stanno avvenendo alla velocità necessaria.
- Nessuno dei 20 ristoranti sulle vie principali del paese analizzati ha tra i piatti principali pietanze a base vegetale convenienti dal punto di vista economico.
L’appeal
- Come visto, l’80% degli spot televisivi è pagato da cinque tra le principali aziende di dolciumi, junk food e ultra processati. Inoltre, quasi un’offerta su cinque, tra quelle più convenienti, riguarda carne o salumi o latticini. Solo il 5% riguarda frutta e verdura.
Ma c’è anche qualche barlume di speranza. Il rapporto analizza infatti la realizzazione degli obbiettivi (o almeno l’avvicinamento a essi) inseriti in un programma chiamato Plating Up Progress, che controlla 36 tra le aziende principali per spingerle a diventare più trasparenti e consentire così ai clienti di sapere che cosa stanno comprando, e scegliere più responsabilmente. In questo caso, sette marchi si sono distinti positivamente, e cioè:
La aziende virtuose
- Lidl GB, che ha recentemente fissato un obiettivo per aumentare le vendite di proteine vegetali. È la prima azienda che, contemporaneamente, fissa un target e lo svela.
- Bidfood, che ora riporta i dati basati sulle vendite di tutti e tre i parametri dietetici principali (e cioè percentuale di grassi, zuccheri, sale e poi frutta e verdura), anche se non dichiara quella delle proteine animali.
- Aldi, che ha fissato e dichiarato un obiettivo sulle vendite di vegetali.
- Marks & Spencer (M&S) e Compass Group Regno Unito e Irlanda, che riportano i dati delle vendite per i prodotti ortofrutticoli.
- Ocado, che ora riporta i dati basati delle vendite per alcuni dei parametri indicati nel programma.
- Waitrose, che ora riferisce i dati delle vendite di proteine animali e vegetali.
Nessun progresso è invece stato fatto nei ristoranti e nei fast food, che continuano a essere molto indietro rispetto al settore della vendita al dettaglio.
I commenti
Il quotidiano The Independent ha chiesto un commento ad alcune personalità e organismi del settore. Tra questi, spicca quello del Food, Diet and Obesity Committee della Camera dei Lord, che ha depositato una proposta di legge per rendere obbligatoria la dichiarazione dei target da parte delle aziende, che prevede anche multe per quelle che non rispettino gli obbiettivi.
La Food Foundation, che ha stilato il rapporto, sottolinea come sia giunto il tempo di obbligare i produttori a fare di più, e meglio, perché è con ciò che vendono loro che si plasma la dieta degli inglesi e, soprattutto, perché tutte le dichiarazioni di buone intenzioni degli ultimi anni si sono rivelate un colossale fallimento. Di più: le aziende fanno di tutto per rallentare la trasformazione.
L’associazione di categoria Food and Drink Federation ha fatto notare che, rispetto al 2015, ci sono stati grandi progressi. Per esempio, oltre il 99% degli spot rispetta le norme attuali. Ma l’argomento non sembra aver convinto molto, visti i dati inoppugnabili sia sul comportamento delle aziende, sia sull’obesità. Cresce, nel paese, la richiesta di regole molto più stringenti, da rendere operative in fretta, e di sanzioni: gli unici strumenti che possono modificare la situazione, secondo numerosi esperti, e la cui validità è ormai comprovata da centinaia di studi.
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Giornalista scientifica