Il tonno è un alimento sempre più diffuso: si trova in tutte le case, in scatola, per risolvere rapidamente un pasto, ma è sempre più facile trovarlo anche ‘fresco’, sia sul banco del pesce che nei ristoranti. Grazie al boom di sushi e poké sono numerosi i menu che lo prevedono crudo, inoltre tutti i ristoranti, dagli stabilimenti balneari ai locali gourmet, propongono piatti come la tartare o il tonno alla piastra. ‘Fresco’ fra virgolette, perché è poco probabile che il tonno trovato sul banco del pesce sia pescato da poco.
“Nella maggior parte dei casi, sia sul banco del pesce sia al ristorante, si tratta di tonno pinne gialle (Thunnus albacares) decongelato, che non vive nel nostro Mar Mediterraneo e che viene importato dall’Oceano Atlantico, dall’Indiano o dal Pacifico. – Dice Valentina Tepedino, veterinaria e direttrice di Eurofishmarket – Il più rinomato tonno rosso (Thunnus thynnus), pescato nei nostri mari, è soggetto a una rigida normativa internazionale che mira a proteggere questa specie e definisce le quote autorizzate per la pesca. Ogni pesce è tracciato e, fatta eccezione per una piccolissima parte venduta fresca, destinata a pescherie e ristoranti di alto livello, è venduto vivo ad altri Paesi, principalmente alla Spagna, per essere fatto ingrassare all’interno di enormi gabbie galleggianti, e poi essere rivenduto in tutto il mondo (anche in Italia). Il tonno pinne gialle invece giunge in Italia, sia fresco che – prevalentemente – congelato, destinato alla produzione di conserve oppure al consumo domestico, o alla ristorazione.”
Il mercato del tonno muove interessi da capogiro e le quantità in ballo sono enormi, sia per quanto riguarda le conserve che il prodotto congelato. Nel 2020, anno in cui gli scambi commerciali hanno risentito della pandemia e l’import di pesce è calato, nel complesso, di 8 punti percentuali, le importazioni di tonno sono invece aumentate, arrivando a quasi 100 mila tonnellate di prodotto in scatola e oltre 80 mila come congelato, destinato in parte alla produzione di conserve, in parte al consumo diretto, sul banco del pesce o per la ristorazione.
Il più pregiato è il tonno rosso, mentre il pinna gialla può avere diverso valore commerciale, a seconda che sia destinato all’industria oppure al consumo diretto. Gli interessi in ballo sono enormi e non mancano le truffe, soprattutto tentativi di commercializzare come tonno rosso specie meno pregiate, oppure di vendere come fresco prodotto decongelato o un trancio che resta sempre di colore rosso vivo in modo innaturale. Per questo scopo, infatti, si impiegano additivi come i nitriti, utilizzati nei salumi ma non ammessi nel pesce, oppure il monossido di carbonio. Quest’ultimo impedisce il naturale imbrunimento e garantisce il colore rosso vivo che siamo abituati a cercare nel tonno fresco. In realtà è normale che un trancio di tonno acquisti un colore tendente al rosso-mattone poco dopo la sua esposizione all’aria, ma per renderlo più allettante si ‘trucca’ con questi additivi.
“Questo trattamento, se fatto con i nitriti, può anche essere pericoloso per la salute – fa notare Tepedino – sia per la natura potenzialmente tossica di questi ultimi, sia perché il colore sempre rosso vivo può nascondere un prodotto non più fresco e magari, se non conservato in modo corretto, in cui si sia formata istamina, sostanza che può provocare la sindrome sgombroide, causa anche di gravi reazioni nelle persone più sensibili. Inoltre i prodotti trattati sono sempre congelati e decongelati più volte e venduti per freschi e questo oltre a rappresentare una frode commerciale causa anche una perdità di qualità sensoriale e nutrizionale. Ritengo che il mercato dovrebbe unirsi e condividere un capitolato di accettazione unico sul tonno a pinne gialle, utile a non commercializzare il tonno irregolare, che è riconoscibile per prezzo e tracciabilità”
Il Rasff (Sistema di allerta rapido per alimenti e mangimi, che possiamo consultare qui) registra ogni anno decine di segnalazioni relative al tonno: a parte quelle riguardanti l’eccesso di mercurio o di altri metalli pesanti, la maggior parte delle non conformità (circa un’ottantina dal 1° gennaio 2020 al 19 settembre 2021) è dovuta a eccesso di istamina e alla rottura della catena del freddo, ma anche a un uso eccessivo di additivi autorizzati (come l’acido ascorbico), all’utilizzo di conservanti non ammessi, come il monossido di carbonio o alla mancanza di tracciabilità. Come si spiega l’elevata frequenza di queste non conformità?
“La presenza, sul mercato, di tranci di tonno a rischio di sicurezza alimentare è la conseguenza di una frode diffusa, che coinvolge flotte di pescherecci non autorizzati e procedure irregolari. – Spiega Dario Dongo, avvocato esperto in diritto alimentare che da anni si occupa di questo problema – Il tonno destinato al consumo diretto, per la ristorazione o nelle pescherie, deve venire congelato o surgelato a –18°C immediatamente dopo la pesca. Le poche navi attrezzate con impianti frigoriferi a ciò idonei sono le uniche autorizzate a vendere il tonno per il consumo diretto. La stragrande maggioranza dei pescherecci è solo in grado di conservare il pescato in salamoia a –9°C e perciò deve consegnare il tonno all’industria conserviera perché solo essa è in grado di garantirne la sicurezza attraverso appositi trattamenti termici. Capita però che tonni in salamoia, destinati a finire in vasetto, vengano trasbordati illegalmente dai pescherecci ‘di seconda classe’ – che oltretutto usano reti a circuizione, prima causa di spopolamento dei mari – a quelli ‘di prima classe’, senza tuttavia risolvere il problema della sicurezza alimentare, poiché frattanto può essersi prodotta istamina e possono essere cresciuti batteri patogeni. La frode si completa dopo lo sbarco – continua Dongo – nei centri di lavorazione, ove i pesci mal conservati vengono ‘gasati’ con monossido di carbonio o ‘caricati’ di additivi come ascorbati, citrati e nitrati per favorirne la conservazione. Una volta raggiunte le pescherie, i supermercati o i ristoranti, vengono decongelati per il consumo.”
Cosa si potrebbe fare? “La prima cosa è la tracciabilità: per ogni pesce deve essere possibile individuare la nave che l’ha catturato, il luogo e il momento. – Dice Dongo – Poi naturalmente sono necessari controlli sulle navi autorizzate, per escludere eventuali trasbordi fraudolenti. I sistemi che permettono la tracciabilità sono sempre più efficaci ma pare che manchi la volontà di metterli in atto. Per impedire queste truffe è necessario un intervento chiaro da parte dell’autorità europea, oltre ad accordi internazionali mirati ad arginare la pesca illegale.”
Le frodi diffuse rischiano di gettare discredito sull’intero comparto del tonno ed è un peccato perché è un ottimo prodotto e può essere pescato in modo sostenibile. Non manca chi lavora bene. L’azienda As do mar, per esempio, non utilizza i cosiddetti ‘loins’, filoni di tonno già pulito, come spesso accade per le conserve, ma parte dai pesci interi, per verificarne le condizioni di freschezza. Ma ci sono anche piccole aziende che controllano l’intera filiera produttiva, come la catanese Testa Conserve.
“Noi siamo pescatori da due secoli – racconta il titolare, Tuccio Testa – e dal 2007 ci vengono assegnate quote di pesca del tonno rosso. Abbiamo due navi (che è possibile ‘tracciare’ online): una per la pesca del tonno rosso e l’altra per il pesce azzurro, come sgombri, alici e palamite. Il tonno rosso si pesca dal 25 maggio fino a esaurimento quote, e comunque al massimo fino al 1° luglio. La zona di cattura è fra Malta e la Tunisia e abbiamo sempre a bordo un ispettore. Vendiamo i tonni ad acquirenti giapponesi, i maggiori estimatori di questo pesce, ma prima di lavorarli, sono trasferiti nelle gabbie di ingrasso, dove sono nutriti con sgombri e altri pesci locali, per raggiungere il livello di grasso che tradizionalmente è ricercato dai giapponesi. Una parte di questo pesce è destinata alla produzione di conserve nella nostra azienda, un’attività che abbiamo intrapreso da circa cinque anni, in collaborazione con Ciccio Sultano, noto chef stellato di Ragusa.”
Chi sono i destinatari di questo prodotto ‘eccellente’? “Buona parte è riservata alla ristorazione di alto livello, sia in Italia che all’estero. – Racconta Testa – Poi enoteche e gastronomie gourmet, a Milano per esempio abbiamo una trentina di clienti. Pensiamo che sia fondamentale puntare su trasparenza e qualità, anche per questo i barattoli del nostro tonno hanno un QR code che permette di ricostruire la storia completa del pesce.”
In attesa che siano messi in atto controlli stringenti sulle truffe, quando facciamo la spesa è consigliabile chiedere spiegazioni chiare ai rivenditori – spesso evasivi – relativamente alle specie vendute e al luogo di pesca. Ricordiamo anche quando un prodotto è decongelato deve essere sempre presente l’indicazione. Infine, dato che il boom del tonno è alimentato da una domanda in continua crescita, sta a noi smettere di chiedere tonno, sempre e comunque, al ristorante e piuttosto imparare a conoscere e apprezzare tante specie di pesce azzurro ottime e sostenibili.
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Giornalista pubblicista, laureata in Scienze biologiche e in Scienze naturali. Dopo la laurea, ha collaborato per alcuni anni con l’Università di Bologna e con il CNR, per ricerche nell’ambito dell’ecologia marina. Dal 1990 al 2017 si è occupata della stesura di testi parascolastici di argomento chimico-biologico per Alpha Test. Ha collaborato per diversi anni con il Corriere della Sera. Dal 2016 collabora con Il Fatto Alimentare. Da sempre interessata ai temi legati ad ambiente e sostenibilità, da alcuni anni si occupa in particolare di alimentazione: dalle etichette alle filiere produttive, agli aspetti nutrizionali.
Non mangio tonno di alcun tipo , neppure in scatola , da anni . Il consumo di tonno non e’ sostenibile !!!! Stiamo sterminandolo e tutte le specie , in tutti i mari , sono in declino pauroso . Il nostro senso di responsabilita’ ci impone di non acquistarlo !!!